Filippo Facci ha dedicato un editoriale alla giornata di silenzio dei blog organizzata per protestare contro i contenuti del ddl intercettazioni che coinvolgono i “siti informatici” (sigh) e promuovere la libertà di espressione e informazione, che va salvaguardata anche – ma non solo – su Internet.
Il tenore dell’editoriale di Facci è intuibile dal titolo “Decreto Alfano: chissenefrega dello sciopero dei blogger”. La visione proposta su questo tema, francamente, sembra piuttosto semplicistica, ad esempio laddove considera che i blogger o sono ragazzini o sono ragazzini dentro, spesso scelgono di non filtrare nulla e di non moderare il proprio blog e di fottersene insomma del codice civile e penale che riguarda quella retroguardia che è il resto del mondo, generalizzando in modo non pienamente realistico, a mio parere.
Mi spiego: è oggettivamente doveroso che, nel pubblicare un testo su Internet, l’autore si debba assumere la piena responsabilità di ciò che ha scritto e sia obbligato a rimuovere o correggere ciò che non risponde a verità. Ma il problema di fondo, almeno dal mio punto di vista (e credo anche di chi ha organizzato la protesta), non è il mantenimento della Rete in una condizione di zona franca e di sicura impunità: il ddl Alfano contiene una norma che, per come è stata scritta dal legislatore, pone tutti i siti web allo stesso livello di oneri e responsabilità a cui sono soggette le testate giornalistiche regolarmente registrate.
L’obbligo di rettifica di un testo non veritiero è indubbiamente da mantenere, ma le regole fissate nel decreto rendono possibile l’eventualità – ad esempio – che un cittadino, nella limitata visibilità del proprio sito amatoriale, sia colpito da una sanzione di oltre 12mila euro per aver scritto nel proprio blog un testo contenente un’inesattezza o una critica mossa nei confronti di un’altra persona, al pari di una testata di rilevanza (e mole di lettori) nazionale.
Inoltre, non riesco a cogliere la pertinenza di un’altra questione evidenziata nell’editoriale di Filippo Facci: l’anonimato dietro il quale milioni di cuor di leoni abitualmente lanciano sassate e nascondono la tastiera. In teoria non dovrebbe essere così già ora: le leggi sulla diffamazione infatti già riguarderebbero anche loro, dovrebbero rispondere cioè di insulti e falsità come chiunque altro. Esatto. Ma in questa considerazione si dimentica che la giornata di silenzio dei blog è stata organizzata e sposata da persone che si sono presentate con tanto di url, nome e cognome. E quindi, come il ddl Alfano mette sullo stesso piano entità diverse, così anche l’articolo scritto da Facci contiene un’equiparazione non congrua: quella fra chi espone il proprio pensiero presentandosi con la propria identità, e chi lo fa in modo anonimo.
In effetti, una considerazione poteva essere legittimamente formulata, in merito alla giornata del silenzio: essendo partita dai blogger, come ha osservato Dario Salvelli, corre effettivamente il rischio di essere percepita – in modo fuorviante – come un’iniziativa tesa alla salvaguardia dei diritti di un determinato gruppo di persone (i blogger, appunto), e non finalizzata a porre l’attenzione sui contenuti (anche sanzionatori) di un provvedimento nato per regolamentare le intercettazioni. Anzi, viste le reazioni direi che ormai il rischio si è concretizzato.
Per questo motivo credo che tutte le iniziative (più o meno efficaci) promosse finora possono contribuire al raggiungimento di un buon risultato: dall’ordine del giorno parlamentare proposto dall’onorevole Palmieri e dal senatore Malan, alla strada dell’emendamento, fino alla giornata di silenzio dei blogger. Se poi quest’ultima iniziativa dovesse essere revocata per il conseguimento del risultato auspicato da tutti, tanto meglio.
Ferd
7 luglio 2009 at 15:26
Beh… pero’ invece di quel titolo, potevi anche usarne uno piu’ ironico. Io avrei scritto “Ma ci Facci il piacere…”