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Scorporo, funzionale o societario?

13 Apr

La divisione funzionale è una struttura intrinsecamente bacata. 

E’ l’opinione espressa da Stefano Quintarelli sull’argomento “scorporo della rete”. Tema che  ultimamente si trova al centro dell’attenzione di molti, addetti ai lavori e non.

L’ultimo, in ordine di tempo, di cui ho sentito il parere favorevole in relazione alla separazione funzionale della rete è il ministro Antonio Di Pietro, che al riguardo ha dichiarato: “occorre assicurare a tutti i fornitori di servizi la possibilità di accedere alla rete in condizioni di trasparente e reale parità, e in questo senso resto convinto che lo scorporo funzionale della rete fissa sia la soluzione più idonea, nel rispetto delle prerogative dell’Authority e come indicato anche dalla Commissione europea”.

Non si tratta di una soluzione sbagliata, ma semplicemente non sufficiente. Come segnala Stefano, sul tema è intervenuto, a mio avviso in termini chiarificatori ma soprattutto con cognizione di causa, il professor Francesco Sacco, docente di strategia e politica aziendale all’Università Bocconi, secondo il quale esiste una soluzione più completa, in grado di “dare alla telecomunicazioni un assetto più stabile ed evitare un altro giro di giostra”. L’intervento è stato pubblicato da Europa e, fuori da ogni pregiudizio, merita di essere preso in seria considerazione.

“La soluzione che questa volta sta maturando – spiega il prof. Sacco – prevede due pilastri: una separazione della rete dal servizio sulla base del modello inglese e un rafforzamento dei poteri dell’Autorità Garante per le Telecomunicazioni. A parte alcuni distinguo tattici, questa è la soluzione che sembra prevalere. E da più parti si spinge per una soluzione rapida in questa direzione”.

“Ma – si chiede – è davvero la soluzione migliore? Il modello inglese prevede una separazione soltanto amministrativa dell’ultimo miglio della rete dal servizio al dettaglio con la proprietà che però rimane sempre in capo all’incumbent. Gli incentivi e la governance delle due entità sono separate come sono anche distinti il marchio, le strutture fisiche e il flusso delle informazioni. La separazione funzionale non è poi così male. Openreach, la divisione di BT a capo della rete, fornisce al gruppo il 26% dei ricavi, il 28% dell’EBIDTA e il 45% dell’EBIT. È di gran lunga la migliore divisione di BT”.

“Le ragioni che avevano spinto l’OFCOM, l’authority inglese, che pure aveva valutato la separazione societaria, a propendere per la separazione amministrativa – prosegue Sacco – erano legate soprattutto alle difficoltà riscontrate nella privatizzazione delle ferrovie inglesi. Ciò rendeva preferibile un atteggiamento prudente con una formula più leggera e facilmente reversibile”.

“La separazione funzionale – considera – ha un elevato costo di controllo, ed anche per questo l’organico e il budget di Ofcom sono circa il triplo di quelli della nostra Agcom. In UK ci sono 247 impegni, molto dettagliati e legalmente vincolanti, che BT deve rispettare per garantire una ‘equivalence of input’ ai suoi concorrenti e sono stati necessari più di 17 mesi di lavoro per individuarli”.

Ma per farli rispettare, un’Authority deve disporre di una notevole autonomia. Infatti Ofcom, afferma il professore, “ha poteri molto estesi di regolazione e intervento. Contro le sue decisioni può essere fatto appello presso una corte specializzata (la Competition Appeals Tribunal o la Competition Commission) ma ad oggi solo 5 ricorsi sono stati presentati e 2 accolti”.

“In Italia una regolazione così dettagliata fa nascere spontanea una domanda: potrà funzionare? In UK, Cable & Wireless non è molto convinta che il sistema sia perfetto. In Italia i dubbi non sono legittimati dai poteri dell’Agcom, che tutti vorrebbero giustamente ampliare, ma dal sistema che incapsula la sua attività e che potrebbero essere modificati solo con una robusta revisione della Costituzione. Come si può fare impresa a colpi di ricorsi al TAR?”.

Per questo la via più praticabile potrebbe essere una soluzione più formalmente netta: “Una separazione societaria sarebbe ben più facile da gestire efficacemente e più veloce da implementare. Per farlo non è necessario l’intervento pubblico. Se TI volesse vendere la sua rete ‘societarizzata’, troverebbe molti investitori che apprezzerebbero il suo profilo rischio-rendimento simile a quello di una utility anche se soggetta ad obsolescenza tecnologica”.

Cosa separare? “L’opinione prevalente è che separare l’ultimo miglio è più che sufficiente, come nel caso inglese. In UK lo hanno fatto per le ragioni di cui sopra e perchè quando l’hanno fatto non si pensava ancora a reti di nuova generazione (NGN) in fibra ottica. Separando solo l’ultimo miglio – si chiede il professor Sacco, ponendo un quesito-chiave – chi investirà nelle nuove reti? Non sarà possibile evitare duplicazioni e quindi inefficienze. La competizione infrastrutturale è ormai datata. Il futuro è la competizione sui servizi. Controllare il rame darebbe un vantaggio solo di breve periodo esponendo all’irresistibile tentazione di finanziare i servizi con gli extraprofitti della rete in monopolio. E allora, questi come potranno diventare più competitivi? Chi vrà mai incentivi a innovare?”

 
3 commenti

Pubblicato da su 13 aprile 2007 in Senza categoria

 

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3 risposte a “Scorporo, funzionale o societario?

  1. Avatar di Ferd

    Ferd

    13 aprile 2007 at 11:49

    Quindi la forma di scorporo piu’ corretta sarebbe: rete privata, ma non (solo) di Telecom…

     
  2. Avatar di ex

    ex

    14 aprile 2007 at 18:21

    come fai a fidarti di questa gente ?

     
  3. Avatar di illo

    illo

    14 aprile 2007 at 20:08

    Infatti, è per questo che è necessario che la rete non resti a Telecom. Quale garanzia di concorrenzialita’ del mercato puo’ dare? Nessuna. 😦