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TikTok vietato ai dipendenti pubblici. Solo da ora?

Solo io trovo assolutamente normale che TikTok – così come il profilo personale personale esistente su ogni altro social network – non debba trovare posto sui dispositivi dei dipendenti pubblici che hanno accesso ai sistemi dell’ente per cui lavorano? Ovviamente stiamo parlando di dispositivi “aziendali” e non di quelli privati, che non accedono ai servizi di telefonia mobile degli enti pubblici. Se lo smartphone o il tablet sono personali e sono attivi con account privati, che nulla hanno a che vedere con l’attività lavorativa svolta, naturalmente l’utente ha la massima libertà di usare qualunque app lecita gli interessi, chiaramente mantenendo un comportamento consapevole e sui rischi che si possono correre utilizzandola.

Il fatto che solo adesso le pubbliche amministrazioni si pongano il problema di un divieto fa pensare che finora non sia mai esistita un’indicazione in questo senso a livello di regolamento per i dipendenti, una regola banalmente basilare che deve essere sicuramente definita a scopo di sicurezza, ma in primo luogo per correttezza verso il “datore di lavoro”. Per cui – leggendo titoli e articoli sul “bando” di TikTok dagli smartphone aziendali dei dipendenti pubblici – si potrebbe pensare che al personale retribuito con il denaro dei contribuenti fosse consentito il trastullo attraverso un dispositivo pagato con il denaro dei contribuenti. Ovviamente non è così, tuttavia sembra sempre sia necessario perdere del tempo per vietare ciò che già non è consentito, solamente per il fatto di non essere specificamente ed espressamente vietato. Certo, sarebbe sufficiente adottare una soluzione di gestione centralizzata dei dispositivi mobili (MDM) per impedire a monte (e per tutti) ogni installazione di app non conforme all’attività lavorativa. Nelle organizzazioni in cui questo è stato già fatto, non esiste la necessità di ulteriori provvedimenti di divieto.

Il “bando” deriva dal fatto che i tecnici TikTok che lavorano in Cina – come riportato dal Guardian – hanno accesso ai dati personali degli utenti. Quali informazioni si possono ottenere? Sicuramente la posizione dello smartphone, le app installate, quanto tempo sono state utilizzate, i contenuti della rubrica dei contatti e del calendario. Quando gli utenti vengono invitati a condividere audio e immagini mentre utilizzano l’app, di fatto condividono quei contenuti multimediali con TikTok. Ora forse non tutti sanno che nel partito comunista cinese esiste una commissione di cui fanno parte alcuni dipendenti della ByteDance, l’azienda che è alle spalle di TikTok. I legami con il governo di Pechino sono dunque piuttosto stretti e questo induce molti addetti ai lavori a pensare che i dati personali degli utenti possano essere trasmessi a enti delle istituzioni cinesi, sebbene l’azienda l’abbia sempre smentito.

Questi presupposti a me basterebbero per spegnere ogni smania di utilizzo di TikTok, soprattutto se fossi nei panni di uno qualunque fra i politici italiani che da poco tempo hanno aperto un profilo su questo social, nella speranza di conquistare i voti dei suoi giovani frequentatori.

 
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Pubblicato da su 1 marzo 2023 in news

 

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Brexit, l’accordo cita tecnologie del secolo scorso

Possiamo ben dire che l’accordo sulla Brexit siglato tra Unione Europea e Regno Unito è un documento tecnologicamente vintage: tra le righe delle sue 1246 pagine, c’è posto per alcune raccomandazioni sull’utilizzo di tecnologie di cifratura ormai superate e a software ormai morti e sepolti:

s/MIME functionality is built into the vast majority of modern e-mail software packages including Outlook, Mozilla Mail as well as Netscape Communicator 4.x and inter-operates among all major e-mail software packages.

Traduzione: La funzionalità s/MIME è integrata nella maggior parte dei moderni pacchetti software di posta elettronica, tra cui Outlook, Mozilla Mail e Netscape Communicator 4.x, e interagisce con tutti i principali pacchetti software di posta elettronica.

Netscape Communicator, con questo nome che si legge nell’accordo, è stato rilasciato nell’ottobre del 1998. E’ una versione del pacchetto di navigazione Netscape che ha debuttato sul mercato nel 1994 ed è scomparso nel 2008. Ampiamente superato, così come la crittografia RSA a 1024 bit e l’algoritmo SHA-1. Secondo quanto si legge su  Hackaday , quella parte di testo che richiama a tecnologie del secolo scorso potrebbe essere dovuta ad un frettoloso copia+incolla di un documento sulla sicurezza risalente a fine anni ’90.

Un accordo che, dal punto di vista tecnologico, è proprio una botte di ferro. Arrugginito.

 
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Pubblicato da su 30 dicembre 2020 in news

 

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WIFI4EU, l’euroflop che non si dovrà ripetere

Niente bando europeo per il WiFi gratuito per i comuni europei, almeno per il momento: WIFI4EU, iniziativa lanciata per offrire un voucher di 15mila euro da destinare alla copertura WiFi dei luoghi pubblici, è stata sospesa per “problemi tecnici” che hanno spinto la Commissione ad annullare la prima gara, rinviandola al prossimo autunno. Un bando europeo con obiettivi tecnologici sospeso per problemi tecnologici, ovvero una pessima figura per la Commissione Europea.

WIFI4EU è un programma comunitario da 120 milioni di euro, messi sul piatto per la creazione di connessioni Internet WIFI gratuite e senza condizioni discriminatorie, al fine di incrementare in tutta Europa la diffusione della connettività Wifi veloce e gratuita negli spazi pubblici. Un’opportunità che molti Comuni, anche in Italia, hanno legittimamente pensato di cogliere, partecipando alla prima fase di “registrazione” – aperta il 20 marzo scorso – per poi procedere all’inserimento vero e proprio della domanda di “iscrizione”, attuabile dal 15 maggio con una sorta di “click day”: il criterio di erogazione previsto per questi fondi è a sportello, secondo il principio “first come, first served”. In altre parole, chi primo arriva meglio alloggia, perché chi si iscrive prima ha la priorità sugli altri.

Cosa è andato storto? Secondo quanto riportato da New Europe a inizio giugno, la procedura di iscrizione aperta alle 13 del 15 maggio aveva registrato 3.500 domande di iscrizione nei primi cinque minuti, 11mila in tre ore. Ma proprio durante questa fase – rivelatasi caotica fin da subito – la Commissione sarebbe stata informata di due vulnerabilità critiche del sistema di registrazione: la prima avrebbe potuto aprire le porte ad un accesso non autorizzato ai dati personali inseriti (pessima prospettiva, trovandosi a soli 10 giorni dalla piena operatività del nuovo Regolamento Europeo della protezione dei dati personali); la seconda avrebbe permesso un’alterazione dell’orario di inserimento della domanda di iscrizione (nefasta prospettiva, per un bando ad “accettazione in ordine cronologico”). Il portale WIFI4Eu sarebbe quindi stato chiuso in tutta fretta, circa quattro ore dopo.

La commissaria UE al digitale Mariya Gabriel ha spiegato che, per i principi di equità, trasparenza e affidabilità della Commissione, “dal momento che i problemi tecnici hanno impedito alle municipalità di iscriversi a parità di condizioni, ho chiesto ai miei servizi di cancellare questo primo bando”, assicurando che i voucher saranno aggiunti al budget della prossima gara. Decisione notificata ai Comuni partecipanti solo il 14 giugno, praticamente un mese dopo l’avvio catastrofico della fase di iscrizione, un flop nel flop.

Non sarebbe male che coloro che ci rappresentano presso il Parlamento Europeo verificassero le responsabilità di quanto accaduto. Io non conosco il nome dell’azienda che si è aggiudicata l’appalto per fornire la piattaforma di registrazione delle iscrizioni, ma aveva un requisito fondamentale da soddisfare – garantire la corretta registrazione cronologica delle istanze presentate da ogni Comune – e non l’ha saputo rispettare (come si suol dire: “una cosa dovevi fare…”). Anche i cittadini possono chiedere conto di questa figura vergognosa, con un agevole form pubblicato a questa pagina: https://europa.eu/european-union/contact/write-to-us_en.

Si noti il paradosso sullo sfondo: quando siamo chiamati a fare qualcosa perché “l’Europa ce lo chiede”, dobbiamo eseguire il compito assegnato con cieca e solerte obbedienza, indipendentemente dal fatto che l’adempimento sia a portata di mano, oppure comporti sforzi e sacrifici. Quando invece siamo noi a chiedere qualcosa all’Europa, nel rispetto delle regole da essa stessa indicate, non esistono garanzie di risposta altrettanto immediata.

 
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Pubblicato da su 18 giugno 2018 in news

 

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Sentenza Facebook, niente di clamoroso

Leggete_meglio

Mi sono letto la sentenza della Corte Europea su Facebook e, a mio avviso, di clamoroso non ha proprio niente. In pratica decade quell’accordo denominato Safe Harbour e quindi ora un Garante della Privacy di uno stato UE può disporre la sospensione di un trattamento di dati personali effettuato negli Stati Uniti quando quel trattamento non è conforme alle norme europee. In realtà non so se questa sentenza abbia il potere di annullare quell’accordo, ma in ogni caso – finché non viene emesso un provvedimento di sospensione – un trattamento viene considerato conforme fino a prova contraria. Niente di spaziale, dunque, anche se probabilmente crea un precedente utile per future azioni legali che potrebbero essere aperte per casi specifici.

Per l’Italia non ci sarebbe nulla di nuovo, dato che in merito all’autorizzazione del 2001 derivante dal Safe Harbour, già all’epoca il Garante diceva appunto:

Sulla base dei principi fissati dalla Commissione europea, il Garante, preso atto della dichiarazione comunitaria di adeguatezza del livello di protezione garantito dalle organizzazioni aventi sede negli Stati Uniti d’America ed aderenti al c.d. accordo del “Safe Harbor”, ha autorizzato il trasferimento dei dati personali dall’Italia verso gli U.S.A.; il Garante si è riservato di svolgere i necessari controlli su trasferimenti di dati e su connesse operazioni di trattamento, nonché di adottare eventuali provvedimenti di blocco o di divieto di trasferimento.

Al netto di violazioni delle condizioni di utilizzo di un servizio, che ogni utente sottoscrive al momento dell’adesione, resta ferma la cacofonia concettuale di rivendicare il rigoroso rispetto della privacy verso chi gestisce una piattaforma di social network a scopo di lucro, il cui obiettivo di business si basa sul ricevimento e la condivisione di informazioni con privati e aziende.

 

 
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Pubblicato da su 8 ottobre 2015 in news

 

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E-book: il buon anno (non) si vede dal listino

Contrariamente a quanto avvenuto in precedenza, in merito all’IVA sui libri elettronici  l’Italia ha proseguito la propria strada a testa bassa e, dall’inizio del 2015, ha stabilito per gli e-book il passaggio dall’aliquota del 22% al 4%, la medesima applicata ai libri stampati su carta.

tweet ebook franceschini“Bene, ottima notizia”, verrebbe da pensare. La notizia è ottima davvero, ma lo è solo – letteralmente – sulla carta. In virtù della variazione nel regime fiscale applicato, dal 2014 al 2015 sarebbe stato lecito attendersi una diminuzione dei prezzi degli e-book. Tuttavia, come evidenzia un’inchiesta pubblicata su DDay.it, le cose sono andate diversamente:

Banalmente, ci siamo premurati di “catturare” i prezzi degli ebook in un giorno di fine novembre dai principali store online e li abbiamo confrontati con quelli praticati nel 2015: tutto clamorosamente immutato, i prezzi finali sono quasi sempre gli stessi, con qualche aumento e poche limitate riduzioni.

La spiegazione è semplice: fino al 31/12/2014, un e-book che veniva venduto al prezzo finale di 10 euro, aveva evidentemente un prezzo al pubblico formato da circa 8,20 euro + IVA pari ad 1,80 euro (il 22% di 8,20). Il prezzo dello stesso e-book nel 2015 sarebbe dovuto diventare pari a 8,52 euro, non certo rimanere di 10 euro. L’indagine citata evidenzia invece, nella maggioranza delle rilevazioni, prezzi invariati o addirittura aumentati e in questo caso il surplus ingiustificato va ovviamente nelle tasche di chi vende.

Credo che il ministero dei beni culturali, promotore formale della riduzione, abbia modo di favorire un’operazione di sorveglianza sul rispetto della norma.

 
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Pubblicato da su 5 gennaio 2015 in e-book & e-reader

 

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E-book, IVA al 4% e Italia in infrazione

La nuova puntata sul tema IVA applicata agli e-book vede l’Italia decisa ad applicare l’aliquota del 4% (come per i libri cartacei), e il conseguente rischio di apertura di una procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea che – come spiegato nelle puntate precedenti – concepisce (ostinatamente) l’e-book non come un bene, ma come un servizio, e pertanto dal punto di vista formale e fiscale va trattato come un software. Qui la posizione espressa in merito dal ministro Dario Franceschini:

Si tratta sostanzialmente di una obiezione di coscienza, in cui il nostro Paese si presenta allineato a Francia e Lussemburgo (mentre almeno una decina di Stati UE ritengono che la tassazione degli e-book debba essere differente da quella dei libri) e ha scelto di farlo in un momento alquanto significativo: dal gennaio 2015, al fine di arginare la concorrenza fiscale tra i mercati nazionali, per tutti i Paesi UE si completerà l’entrata in vigore il Sistema comune di imposta sul valore aggiunto.

 

 
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Pubblicato da su 11 dicembre 2014 in news

 

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Roaming europeo, nuovi tagli alle tariffe telefoniche

Il percorso per il taglio dei costi di roaming non si ferma: ancora una volta ce lo conferma Neelie Kroes, vicepresidente della Commissione Europea nonché Commissario con delega all’Agenda Digitale. L’obiettivo non cambia: permettere agli utenti di utilizzare serenamente i servizi di telefonia mobile – voce e dati –  senza preoccuparsi di costi esorbitanti quando viaggiano nell’Unione Europea. E’ previsto che ogni anno le tariffe subiscano una sforbiciata, fino al 2015. Dal 2016, infatti, il roaming in ambito europeo dovrebbe essere a costo zero.

Come spiega il comunicato pubblicato in data odierna della Commissione, anche dal giorno 1 luglio 2014 assisteremo ad un nuovo ritocco tariffario:

Attività 

Tariffa massima 2013

(IVA esclusa)

Tariffa massima 2014

(IVA esclusa)

Differenza

Telefonata effettuata

24 cent/min

19 cent/min

– 21%

Telefonata ricevuta

7 cent/min

5 cent/min

– 28.5 %

SMS

8 cent

6 cent

– 25 %

Dati (Internet)

45 cent/MB

20 cent/MB

– 55.5 %

Chiaramente ogni compagnia telefonica potrà offrire pacchetti che includono minuti, SMS e dati. Ma – anche quest’anno – non stupiamoci se sentiremo parlare di nuove vantaggiose offerte per chi viaggia nell’Unione Europea. Non è un’offerta speciale in vista delle vacanze, ma l’obbligo di rispettare nuovi limiti tariffari imposti dalla Commissione Europea…

 
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Pubblicato da su 24 giugno 2014 in Buono a sapersi, cellulari & smartphone

 

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Webtax cancellata, problema rimasto

hp-a-internet-taxes[1]

Al termine di un iter alquanto tortuoso,  la cosiddetta webtax è stata accantonata, ma solo per quanto riguarda l’obbligo, per le aziende che fanno business via Internet, di avere una partita IVA italiana: resta in vigore, per le imprese, la regolamentazione dei pagamenti – che potranno essere effettuati solo con bonifico bancario o postale, o con altri strumenti da cui si possa identificare la corrispondente partita IVA del beneficiario – così come rimangono in piedi anche il requisito della stabile organizzazione e la tracciabilità dei profitti.

Per quanto possa sembrare – ed essere – una soluzione impercorribile così com’è stata concepita, la proposta della webtax testimonia un problema molto serio legato alle opportunità di elusione fiscale da parte di molte grandi aziende. E’ un problema di dimensioni rilevanti e, dato che riguarda realtà che operano su mercati di livello internazionale grazie al regime di libera concorrenza, non può essere affrontato solamente a livello locale e non va pensato unicamente con orientamento ai business legati ad Internet (l’elusione fiscale, i paradisi fiscali esistono da quando esiste il fisco, non da quando esiste la rete), anche se sono quelli che generano i numeri meno visibili: tanto per rendere l’idea del fatto che la questione è più ampia del Vecchio Continente, è sufficiente notare che Google ha la sua base negli USA, ma ha sedi anche in Irlanda, Olanda e Bermuda, e si stima che – in virtù dei differenti regimi fiscali in vigore in questi stati – nel 2012 il risparmio fiscale negli Stati Uniti sia stato pari a 2 miliardi di dollari.

A soluzioni mirate ad evitare il profit shifting (l’opportunità di veicolare profitti nei paradisi fiscali e non avere utili imponibili negli stati in cui si opera) stanno lavorando, in ottica internazionale, la Commissione Europea e l’OCSE, lavorando su due fronti: uno è ovviamente quello fiscale, perché la disinvoltura delle multinazionali che operano su Internet è foriera di danni dal punto di vista delle entrate pubbliche, ma c’è anche da osservare la concorrenzialità dell’ampio mercato in cui queste aziende si muovono, dal momento che sfruttano agevolazioni che danno loro un enorme vantaggio nei confronti di altre aziende, incluse quelle della GDO (Grande Distribuzione Organizzata).

Esiste già una direttiva europea – la n.112 del 2006 – in cui, anche in seguito a modifiche successive, è stato previsto che gli Stati UE possano pretendere il pagamento delle tasse dove vengono erogati i servizi. L’entrata in vigore di questa norma è fissata per il gennaio 2015, ma non si escludono slittamenti. Sarebbe opportuno che non si verificassero: le distorsioni fiscali e di mercato sono già andate oltre ogni limite tollerabile e la proposta della webtax, seppur con le sue criticità, ha avuto un effetto positivo nell’evidenziare la questione e portarla ad alti livelli di discussione, che dovranno tradursi in fatti.

 
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Pubblicato da su 10 marzo 2014 in business, Internet, Mondo

 

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Una Internet “europea”?

EuropaInternet

Lo scandalo esploso l’anno scorso con il nome di Datagate continua a partorire conseguenze più o meno prevedibili. L’ultima – ma solo per ora, in ordine di tempo – è l’idea espressa da Angela Merkel di realizzare una rete di comunicazioni europea, separata dagli USA e non controllabile dai servizi di intelligence d’oltreoceano. La cancelliera intende approfondire questo progetto con il presidente francese Francois Hollande in occasione del loro incontro a Parigi, prefigurando la costituzione di una sorta di asse franco-tedesco che guidi l’Europa verso una Internet indipendente.

Al pari di quelle di molti altri rappresentanti di Stato, anche le conversazioni telefoniche di Angela Merkel sono state intercettate nell’ambito del programma PRISM lanciato dalla NSA, ma anche dal programma TEMPORA avviato dal GCHQ britannico. Una vicenda che ha fatto scroprire alla Merkel che una fetta enorme del traffico di telecomunicazioni generato dall’Europa passa dagli USA, per questioni fondamentalmente economiche, dato che in America esistono infrastrutture di telecomunicazioni che permettono di veicolare le informazioni a condizioni molto convenienti. E come riporta il settimanale tedesco Der Spiegel, la Germania – legittimamente – non può tollerare di essere in grado di assicurare alla giustizia un borseggiatore e di non riuscire neppure ad aprire un’indagine sulle intercettazioni al cellulare della cancelliera.

Da queste vicende (ma non solo) parte l’idea di realizzare una rete di telecomunicazioni europea, un progetto che però dovrà considerare di dover prendere una posizione nei confronti della Gran Bretagna, che non si trova oltreoceano e che è parte dell’Europa. Dovrà considerare anche gli accordi dell’intesa chiamata Safe Harbor, siglata tra Stati Uniti ed Europa, che alle aziende americane che operano su Internet con clienti europei offre una certa flessibilità sul rispetto delle normative privacy in vigore nel Vecchio Continente.

Inoltre non potrà trascurare che l’avvento delle moderne tecnologie di comunicazione, e quindi della Internet che conosciamo, quella per cui risulta più conveniente far passare dagli Stati Uniti persino un messaggio di posta elettronica spedito da Milano a Roma, ha abbattuto i confini geografici e cambiato il concetto di sicurezza nazionale. Soprattutto ha reso più complesso quello della sicurezza dei dati e delle informazioni: le operazioni di spionaggio da parte dei servizi di intelligence americani non costituiscono un problema esclusivamente europeo. Anche alcuni servizi europei vi hanno preso parte e gli spiati non sono solo europei. E ciò è stato reso possibile con la collaborazione più o meno volontaria delle aziende di cui tutti sfruttano i servizi di comunicazione, nonché grazie alla conoscenza di tecnologie per eludere o escludere i sistemi di sicurezza adottati sulle reti. Questi fattori si ripresenterebbero con la stessa criticità anche se venisse realizzata una rete di telecomunicazioni esclusivamente europea, pertanto il problema della sicurezza verrebbe trasferito, anzi “localizzato”, ma non eliminato.

Merkel e Hollande forse non conoscono personalmente questi aspetti, ma nel loro entourage annoverano sicuramente consiglieri ed esperti che li conoscono a fondo e che sono perfettamente consapevoli delle difficoltà tecniche, politiche ed economiche che questa idea incontrerà. Ma in questo momento, probabilmente, è più importante annunciare il progetto per dare alla cittadinanza europea l’impressione di un interessamento concreto. Sull’opportunità e sulla fattibilità dell’idea si ragionerà più avanti. Forse.

 
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Pubblicato da su 17 febbraio 2014 in Internet, istituzioni, news, security

 

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Eurotariffa, nuovo taglio estivo

roaming Oggi l’ANSA ci ricorda:

Nuovo taglio dei costi del roaming nell’UE. Grazie alle nuove regole europee che entrano in vigore oggi c’e un ulteriore riduzione della bolletta per chi viaggia, che scende sino al -36% per il traffico dati. Nel dettaglio, le nuove tariffe prevedono un massimo di 24 centesimi al minuto piu’ Iva (-17%) per le chiamate, 7 centesimi al minuto piu’ Iva (-12,5%) per chi riceve, e gli sms 8 centesimi piu’ Iva (-11%).

Quindi, se da qualche parte vi capitasse di leggere che da oggi il vostro operatore telefonico abbatte i costi del roaming europeo, ricordatevi che è stato costretto a farlo dal nuovo regolamento UE sull’Eurotariffa, che prosegue un percorso iniziato nel 2007. Da lunedì 1 luglio 2013, infatti, entrano in vigore i nuovi limiti tariffari, validi anche per la Croazia (che diventa oggi il 28° Stato dell’Unione Europea):

  • chiamate effettuate: 24 centesimi/minuto + IVA (-17% rispetto al 2012);
  • chiamate ricevute: 7 centesimi/minuto + IVA (-12,5% rispetto al 2012);invio di SMS: 8 centesimi/minuto + IVA (-11% rispetto al 2012);
  • download di dati o navigazione internet: 45 centesimi/Megabyte (MB) (addebitati per Kilobyte utilizzato) + IVA (-36% rispetto al 2012);

Forse non tutti sanno che:

  1. Gli operatori hanno la facoltà di applicare tariffe inferiori (ma non tutti ci penseranno),
  2. Se nessuno stravolgerà la roadmap prevista dalla Commissione, nel luglio del 2014 verrà abolito il Roaming Internazionale tra i 28 Paesi UE, quindi in tutti gli Stati dell’unione verranno applicati i medesimi limiti tariffari.
 
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Pubblicato da su 1 luglio 2013 in news

 

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Datagate, le sorprese non finiscono

Prism

Il Datagate nato dalla fuga di notizie legata a PRISM è rappresentato dalle ormai celebri slide pubblicate dal Guardian e dal Washington Post, ritenute credibili anche perché poco curate nella forma grafica (tant’è che alcuni grafici, forse per sfruttare il momento propizio, si sono impegnati a ridisegnarle). Ieri sera il Guardian ha diffuso altro materiale sull’argomento, tra cui un elenco – datato settembre 2010 – che annovera 38 luoghi definiti “obiettivi” della vasta attività di “sorveglianza”, che potremmo anche chiamare spionaggio. Si tratta di sedi diplomatiche presenti a Washington di Paesi alleati degli USA, tra cui anche l’Italia (notizia che ha portato il presidente Giorgio Napolitano alla viva e vibrante reazione: “E’ una questione spinosa, e dovrà trovare delle risposte soddisfacenti”; dalle altre istituzioni non è dato capire se la questione non sia compresa, ne’ se sia ben nota, ma ritenuta da minimizzare).

Le ultime rivelazioni sembrano costituire un approfondimento di quel Cablegate che nel 2010 era esploso proprio in seguito alla divulgazione di documenti diplomatici ad opera di WikiLeaks che, contrariamente a quanto avvenuto in passato, in questa vicenda non ha rivestito dall’inizio il consueto ruolo di collettore di informazioni. Il suo coinvolgimento è emerso quando Edward Snowden è partito da Hong Kong alla volta di Mosca, con un biglietto aereo pagato appunto dall’organizzazione di Julian Assange.

Certo, molte cose suscitano meraviglia e danno da pensare: non passa settimana – in alcuni casi potremmo dire “non passa giorno” – senza che emerga una novità riguardo al Datagate. Notizie dichiarate come top secret vengono pubblicate e commentate in continuazione dalla stampa estera (anche il tedesco Der Spiegel ha pubblicato notizie in proposito), al punto che – agli occhi dell’opinione pubblica – il mondo dell’informazione sembra pronto a riprendersi un ruolo da protagonista.

Personalmente, sono meravigliato dal fatto che tra gli obiettivi ci sia ancora l’Italia (e forse è un dato che dovrebbe addirittura inorgoglire gli italiani, ritenuti ancora importanti dall’intelligence d’oltreoceano), ma in generale sono sorpreso da molte cose, in primis dal modo in cui stanno emergendo queste informazioni. E tra le molte cose ancora da capire, ci sarebbe il destinatario reale di quelle slide, talmente brutte da sembrare false (nel senso di “create appositamente con poca cura per farle sembrare documenti interni e riservati”) e da indurre a chiedersi quanto sia davvero incontrollata la fuga di quei dati.

Nel frattempo non perdetevi Verax, il primo cortometraggio sul Datagate, già online:

 
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Pubblicato da su 1 luglio 2013 in news

 

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UE, roaming a costo zero entro due anni?

Neelie Kroes, commissario europeo per l’Agenda Digitale, si è posta un obiettivo: favorire l’approvazione, entro la prossima primavera, di un provvedimento per azzerare le tariffe di roaming all’interno dell’Unione Europea entro due anni. L’orizzonte per l’approvazione dovrebbe essere Pasqua 2014.

La data non è scelta a caso: il prossimo maggio si terranno le elezioni europee e la Kroes ha detto chiaramente “Voglio che vi possiate rivolgere ai vostri elettori dicendo loro che siete riusciti a mettere fine ai costi del roaming”.

Oltre alla prospettiva dell’abbattimento dei costi di roaming, la proposta normativa che la Kroes intende presentare per la prossima estate includerà il libero accesso a Internet per i cittadini UE, la neutralita’ della rete e misure per contrastare la cybercriminalità.

 
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Pubblicato da su 31 Maggio 2013 in news

 

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Apre EC3, il Centro Europeo per la lotta alla criminalità informatica

Sarà operativo da domani, 11 gennaio, il nuovo EC3 – Centro europeo per la lotta alla criminalità informatica, con l’obiettivo di una rete Internet libera, aperta e sicura.

Dal comunicato stampa:

L’EC3 si concentrerà sulle attività illegali online compiute dalla criminalità organizzata, in particolare gli attacchi diretti contro l’e-banking e altre attività finanziarie online, lo sfruttamento sessuale dei minori online e i reati che colpiscono i sistemi di informazione e delle infrastrutture critiche dell’UE.

Il Centro, inoltre, contribuirà a promuovere la ricerca e lo sviluppo, ad assicurare lo sviluppo di capacità da parte delle autorità incaricate dell’applicazione della legge, dei giudici e dei pubblici ministeri e a effettuare valutazioni delle minacce, compresi analisi delle tendenze, previsioni e allarmi rapidi. Per smantellare un numero maggiore di reti criminali informatiche e perseguire più indiziati, l’EC3 dovrà raccogliere e trattare dati relativi alla criminalità informatica e fungere da help desk per le unità di contrasto dei paesi dell’UE. Il Centro offrirà sostegno operativo ai paesi dell’UE (ad esempio contro le intrusioni, la frode, l’abuso sessuale di minori online, ecc.) e fornirà competenze tecniche, analitiche e forensi di alto livello nelle indagini congiunte dell’UE.

 
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Pubblicato da su 10 gennaio 2013 in Internet, news

 

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Un’unica rete europea di telecomunicazioni?

Le telco europee puntano a rete unica per competere sul mercato globale – Key4biz

[…] Tra le ipotesi al vaglio delle telco, la creazione di una newco in cui far confluire le infrastrutture e i debiti associati a questi asset. Il nuovo veicolo, secondo il Financial Times, potrebbe essere usato come base wholesale per tutti gli operatori, con benefici legati alle economie derivanti dagli acquisti in comuni di attrezzature. Sarebbe inoltre facilitato l’accesso ai finanziamenti, pubblici e privati, per la realizzazione delle reti di nuova generazione.

 
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Pubblicato da su 9 gennaio 2013 in business, Internet, telefonia

 

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Il parlamento europeo boccia ACTA

Il Parlamento Europeo ha bocciato l’ACTA, che ha incassato 478 voti contrari, 39 favorevoli e 165 astenuti. Si tratta del discusso Anti Counterfeiting Trade Agreement, ossia il trattato sull’anticontraffazione negoziato tra USA, Canada, Australia, Giappone, Messico, Marocco, Nuova Zelanda, Singapore, Corea del Sud, Svizzera e Unione Europea sull’applicazione dei diritti di proprietà intellettuale.

L’ACTA, tra i suoi principi fondamentali, prevede che i provider siano tenuti a trasmettere ai titolari di diritti di proprietà individuale i nominativi degli utenti ritenuti colpevoli di aver violato tali diritti, senza l’intervento dell’Autorità giudiziaria. Per l’ambiguità e l’incertezza generata dai termini utilizzati nel provvedimento, anche il Garante europeo per la privacy si era espresso negativamente: a suo dire, il documento violerebbe in più parti alcuni diritti fondamentali degli utenti.

La bocciatura rappresenta una vittoria per chi – come La Quadrature Du Net – ha sempre visto in questo trattato un pericolo per la democrazia e un vincolo al libero accesso alla Rete. Fra chi invece vede negativamente la decisione del Parlamento Europeo, Enzo Mazza, presidente di FIMI, che ha dichiarato: “Il paradosso del voto su ACTA è che tutte le previsioni normative incluse nell’accordo bocciato oggi, sono già state recepite dall’ordinamento italiano nel 2006, con il decreto di attuazione della direttiva 2004/48/CE in materia di tutela dei diritti di proprietà intellettuale. È la dimostrazione dell’isteria collettiva di una politica che corre dietro alle istanze populistiche del web, senza ricordarsi nemmeno di ciò che ha votato qualche anno fa e che i giudici applicano quotidianamente”.

 
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Pubblicato da su 4 luglio 2012 in Internet

 

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