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Twitter, Musk entra e parte con la pulizia

Cosa portate con voi quando prendete possesso di un nuovo ufficio? Una foto da mettere sulla scrivania, un quadro da appendere alla parete, un fermacarte, un antistress oppure una lampada? Banali! Per segnare il territorio prendete esempio da Elon Musk che, facendo il suo ingresso nella sede di Twitter, è entrato portandosi un lavabo. Ma non ci sarà da attendere molto per capire il significato di questo gesto.

Ovviamente la notizia è che Musk ha messo le mani su Twitter, realizzando un obiettivo annunciato ad aprile, solo apparentemente accantonato poco tempo dopo e tornato alla ribalta ad inizio ottobre, confermato nelle scorse ore da rumors decisamente consistenti che hanno rivelato un piano di acquisizione da concretizzare entro oggi, venerdì 28 ottobre. Ma anche dallo status Chief Twit ostentato sul suo profilo e dal tweet in cui ha scritto “Let’s that sink in” pubblicando il video del suo ingresso nella sede dell’azienda.

Le novità di sostanza su come sarà Twitter e – forse – sul futuro dei social network non si vedranno oggi, giorno in sarà essere formalizzato l’accordo per l’acquisizione, ma da qui al 2023. Certamente i primi stravolgimenti saranno interni.

Il primo passo verso X, la everything app di cui Musk ha già parlato, è stato in ogni caso decisamente originale.

Il secondo passo è una lettera aperta pubblicata sui social per rassicurare gli inserzionisti, a cui promette che con lui Twitter sarà un luogo sicuro, ma anche la piattaforma pubblicitaria più rispettata al mondo. Dichiarazioni indispensabili per mantenere alto l’interesse degli investitori verso una realtà per cui si intravedono grossi cambiamenti all’orizzonte.

Il terzo passo sono i primi licenziamenti, a quanto pare già avvenuti, stando ai media d’oltreoceano. I silurati sono quattro top manager: il CEO Parag Agrawal, il CFO Ned Segal, il responsabile degli affari legali Vijaya Gadde e il general counsel Sean Edgett. La pulizia di Musk parte dai vertici e il suo tweet immediatamente successivo recita “L’uccellino è liberato”.

 
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Pubblicato da su 28 ottobre 2022 in news, social network

 

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Cerchi su Google? No, su TikTok

Quale motore di ricerca utilizzate quando vi servono informazioni? Google? Bing? Acqua passata, visto che ora potete usare TikTok!

E’ una provocazione, ma solo fino a un certo punto, sia chiaro. Che Google oggi sia leader del settore è un dato di fatto, ma questo mondo si è evoluto nel corso del tempo. Dalla comparsa di Aliweb nel 1990, prima di arrivare ai giorni nostri abbiamo conosciuto AltaVista, Excite, Lycos, Yahoo!, e gli utenti italiani ricorderanno anche Arianna e Virgilio. Oggi Google ha il 92% del mercato, mentre Bing (il motore di ricerca Microsoft) resta intorno al 4%, e infatti non se lo fila nessuno o quasi, sebbene sia una valida alternativa. Ma il cambiamento non si arresta: circa il 40 per cento dei giovani, quando cerca un negozio, un locale per pranzare o qualche consiglio, non usa Maps o le ricerche su Google. Sempre piu persone vanno su TikTok o Instagram, e questo è quanto evidenziato da una ricerca di mercato condotta proprio da Google.

Avete pensato al motivo per cui TikTok ha incrementato da 300 a 2200 il numero massimo di caratteri per le descrizioni dei video? Questo aumento dello spazio permette agli utenti di includere più dettagli sul proprio contenuto pubblicato e renderlo così più visibile e più semplice da trovare. Queste caratteristiche, unite alla semplicità d’uso dell’app, la rendono il riferimento ideale per un pubblico che, è noto, non ha un’alta soglia dell’attenzione. Come abbiamo visto durante la recente campagna elettorale, anche i nostri politici si sono accorti di queste potenzialità (ma non discutiamo di efficacia e risultati ottenuti, please).

Personalmente credo che Google non debba preoccuparsi di TikTok come competitor nel settore dei motori di ricerca, penso piuttosto che il fiato sul collo dovrebbe sentirselo YouTube, insieme a tutti quei siti web che si occupano di informazione in modo tradizionale: io per esempio, quando cerco un’informazione, mi sono stancato di trovarla in una pagina in cui prima devo sorbirmi una serie di paragrafi assolutamente inutili, o in un video che per i primi minuti racconta cose non interessanti.

Ovviamente anche TikTok non sfugge al rischio di una diffusione incontrollata di informazioni e quindi di diventare un nuovo canale di disinformazione e fake news, e per questo è sempre necessario approfondire una notizia… qualunque sia la fonte di provenienza.

 
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Pubblicato da su 28 settembre 2022 in news

 

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Catastrofismo? No, grazie!

I titoli allarmistici di alcuni articoli diffusi via web, il cui volume viene poi abbassato o azzerato dal contenuto – che spesso non viene letto – ci fanno capire meglio di qualunque altra cosa quanto sia necessario approfondire una notizia e mai fermarsi ad una lettura superficiale o parziale.

Mai fermarsi al titolo dunque, ma andiamo oltre, anche sulle considerazioni in merito: molto spesso questo genere di articoli devono essere attraenti e calamitare il maggior volume possibile di lettori perché, intorno al contenuto o al suo interno, sono posizionati banner pubblicitari che, se visualizzati da un considerevole numero di utenti, portano denaro a chi li ha pubblicati.

Fattore che al lettore può far piacere quando l’informazione è di qualità e non deve pagarla direttamente con abbonamenti o altre soluzioni, ma quando l’informazione è scadente o superficiale, potrebbe farne serenamente a meno.

Non si tratta comunque del primo titolo dedicato a minacce che incombono sul nostro pianeta, gli esempi su questo argomento sono molto facili da trovare ed è abbastanza curioso che a parlarne siano spesso testate che si occupano di altre tematiche. Ma chi è davvero interessato a questo argomento è opportuno si informi presso fonti specializzate più informate.

Ma poi, di cosa stiamo parlando? In caso di asteroide in arrivo, sappiamo tutti come potrebbe andare a finire

 
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Pubblicato da su 1 marzo 2022 in news

 

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Trump riparte dal blog (aspettando il social)

Con colpevole ritardo mi accorgo solo ora che Donald Trump ha mantenuto la sua promessa di tornare online con una propria “piattaforma di comunicazione”. Per carità, non chiamiamolo social media perché il sito From the desk of Donald J Trump ha tutte le caratteristiche di un blog, quindi non si tratta affatto – come si legge in rete – di una sfida lanciata a Facebook, Instagram e Twitter, ma di un “piano B” per ovviare al piccolo inconveniente della cacciata di Trump dalle popolari piattaforme. Dell’annunciato “nuovo social” si riparlerà quando se ne avranno notizie.

Anche se il sito si presenta già popolato da post pubblicati in precedenza, la sua presenza online è stata resa nota solo ieri, proprio un giorno prima dell’annuncio, da parte dell’Oversight Board di Facebook (il Consiglio di Vigilanza), della decisione (rivedibile in futuro) di mantenere Donald Trump fuori da Facebook e Instagram, dopo il blocco previsto in seguito all’attacco al Campidoglio del 6 gennaio.

Sospensione che è invece già permanente per Twitter e che costituisce comunque una distorsione, dal momento che si tratta di provvedimenti inibitori stabiliti non da un’istituzione, bensì da entità private. Certo, si tratta dei proprietari di spazi aperti al pubblico. Ma proprio in quanto disponibili a chiunque altro, vietarne l’accesso in assenza di un’ordinanza o di un provvedimento istituzionale di altro tipo, rappresenta un’iniziativa discriminatoria, indipendentemente dalle legittime motivazioni che sarebbero invece l’ideale presupposto di una vera e propria ordinanza restrittiva, che potrebbe avere anche maggiore efficacia e riguardare ogni piattaforma di comunicazione online.

Tornando al nuovo progetto web di Trump, osserviamo un dettaglio non trascurabile: nel blog che si presenta come “a place to speak freely and safely” (un posto per parlare liberamente e in sicurezza), i commenti ai post sono disattivati. Ergo, può parlare liberamente e in sicurezza solo l’autore, che – essendo il padrone di casa – ovviamente può fare come meglio crede, ci mancherebbe altro. Ma non si osi pensare che gli “obiettivi social” siano stati accantonati: ai follower è permesso interagire, perché possono cliccare sui pulsantini presenti ad ogni post, per condividerlo (dove? Su Facebook e Twitter, ovviamente) o esprimere il proprio “like” cliccando sul cuoricino (che tenerezza).

 
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Pubblicato da su 5 Maggio 2021 in news

 

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Il Portale dell’Automobilista, occhio a quello falso

E’ un perfetto esempio di sito truffaldino realizzato (quasi) a regola d’arte, questa versione fasulla del Portale dell’Automobilista. Quello vero è il sito web del Dipartimento per i Trasporti, la Navigazione, gli Affari Generali ed il Personale, che cittadini e imprese possono utilizzare per consultazione e accesso  varii servizi online disponibili per autoveicoli, patenti e modulistica della circolazione. Quello falso – la cui homepage lo fa apparire pressoché identico al primo, ad eccezione di alcuni dettagli – è stato realizzato allo scopo di rubare all’utente le credenziali SPID, il Sistema Pubblico d’Identità Digitale utile per accedere ai servizi online della pubblica amministrazione (ma anche dei privati che vi aderiscono).

La differenza nell’indirizzo è sostanziale per distinguerli: quello vero ha estensione .it, quello falso è stato registrato pochi giorni fa – in data 8 gennaio 2021 – con dominio di primo livello .net.

 
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Pubblicato da su 27 gennaio 2021 in truffe&bufale

 

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Anche le polizze online richiedono attenzione

Non basta fare attenzione all’e-commerce (soprattutto di prodotti elettronici): sono infatti in aumento i siti web che offrono false polizze assicurative. A darne segnalazione è L’IVASSIstituto per la vigilanza sulle assicurazioni. Dieci i siti individuati come irregolari dall’Istituto:

  • aLaf-inSurance.com
  • assicurarinnovo.com
  • assicurazioni-beneduce.it
  • assigroup-ravenna.com
  • cscinsurance.eu
  • mondo-polizza.net
  • rcainsurances.com
  • sicurezzabroker.cloud
  • talamobrokers.com
  • veroneseassicurazioni.com.

Nella nota dell’Ivass si leggono alcune raccomandazioni:

  • adottare le opportune cautele nella valutazione di offerte assicurative via internet o telefono (anche via WhatsApp), soprattutto se di durata temporanea
  • considerare che i pagamenti dei premi effettuati a favore di carte di credito ricaricabili o prepagate sono irregolari e che sono irregolari anche i pagamenti effettuati a favore di persone o società, non iscritte negli elenchi di imprese e intermediari autorizzati.

E’ necessario quindi controllare che i preventivi e i contratti siano riferibili a imprese e intermediari regolarmente autorizzati e di consultare sul sito www.ivass.it:

Va detto che, per alcuni dei dieci siti web elencati sopra, valgono le considerazioni già fatte per i siti di e-commerce di cui ho parlato in precedenza: si tratta di aziende non identificabili, che non hanno pubblicato i propri dati anagrafici e fiscali. Attenzione!

 
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Pubblicato da su 25 novembre 2020 in news

 

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L’asteroide attira sempre

Scorrendo la sezione Scienza e Tecnologia di Google News mi sono imbattuto nella notizia che parla dell’asteroide 2018VP1 diretto verso la Terra. Nel box dedicato alla copertura di questo argomento svettano il Corriere dello Sport e MeteoWeb, due testate di (altro) settore, e il loro posizionamento suggerisce che si tratta delle notizie più cliccate. Se leggiamo i due titoli “Un asteroide colpirà la Terra” o “Asteroide si dirige verso la Terra” non possiamo fare a meno di definirli allarmanti, e poco importa se altre testate si affrettino a specificare che l’asteroide “non è abbastanza grande da fare danni”: il titolo attrae, la gente fa click su quelle news e chi le ha pubblicate guadagna sulle visualizzazioni ottenute dall’articolo e dalle inserzioni pubblicitarie che lo adornano.

Per carità, non si tratta di vere e proprie Fake news, ma sarebbe ora di svegliarsi anche su questo genere di “informazione”. Francamente, poi, se volessi informarmi sulla possibilità che un asteroide stia per colpire la terra, il Corriere dello Sport e MeteoWeb non sono esattamente le prime fonti a cui ricorrerei: sicuramente l’argomento può essere trattato da qualunque testata giornalistica e, come già visto in passato, attira sempre attenzione. Se esistesse, quindi, credo che andrei a consultare il Corriere degli Asteroidi.

 
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Pubblicato da su 20 ottobre 2020 in news

 

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Minori, Internet e privacy cum grano salis

Nell’era delle illusorie e superficiali convinzioni che su Internet “tutto è accessibile, libero e gratuito” e chi non ha nulla da nascondere “può pubblicare ciò che gli pare”, in vista della prossima entrata in vigore del GDPR – il nuovo Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali –  è opportuno fare chiarezza su alcuni aspetti, in primo luogo per comprendere che in questo ambito esistono diritti e doveri per tutti: pensare infatti che la questione “privacy” riguardi solamente i doveri delle aziende che trattano dati e i diritti degli utenti, senza pensare che anche per questi ultimi esistano dei doveri, significa avere una visione limitata dell’argomento, soprattutto in un contesto di utilizzo di servizi Internet da parte degli utenti di minore età, con particolare riguardo a social network, servizi di messaggistica e di condivisione di contenuti.

Le condizioni di servizio di molte piattaforme (cito ad esempio non esaustivo Facebook, Snapchat, Instagram, WhatsApp, Youtube, Ask.fm, Musical.ly) attualmente permettono l’iscrizione a minori con età di almeno 13 anni, che nel caso di Musical.ly devono comunque essere autorizzati da un genitore o tutore. Fa eccezione al momento ThisCrush, che prevede un’età minima di 18 anni (in caso di età inferiore, l’account deve essere creato e supervisionato dal genitore/tutore). Il limite dei 13 anni deriva dall’origine di questi servizi, nati prevalentemente negli USA, in cui vige il “COPPA” (Children’s Online Privacy Protection Act), una legge federale che vieta alle aziende private la raccolta di dati e informazioni personali a persone di età inferiore ai 13 anni e impone il consenso all’utilizzo di un servizio da parte di chi esercita la patria potestà.

Perché inizialmente ho citato il nuovo Regolamento Europeo? Perché in questo contesto la nuova norma – che entrerà in vigore il 25 maggio 2018, quindi tra quattro mesi – prevede un principio molto chiaro che consiste nell’età di 16 anni come limite minimo per l’iscrizione a servizi offerti dalla società dell’informazione, vale a dire social network e servizi di messaggistica, a meno che genitori o tutori non manifestino il consenso all’iscrizione di soggetti di età minore (ma comunque non inferiore ai 13 anni). Quindi, laddove non arrivasse il buon senso – quel buon senso che dovrebbe spingere ogni genitore alla consapevolezza di ciò che fanno i figli di cui sono responsabili – arriva una legge per ricordare ai genitori di interessarsi e occuparsi responsabilmente anche dell’attività svolta online dai propri figli (dal momento che ciò che fanno offline, cioè nel cosiddetto “mondo reale”, è oggettivamente e indiscutibilmente di loro interesse e responsabilità).

Il nuovo Regolamento lascia facoltà agli Stati UE di abbassare il vincolo di età (anche in questo caso comunque non sotto i 13 anni). In assenza di provvedimenti specifici da parte dei singoli Stati, per gli utenti tra i 13 e i 16 anni di età l’iscrizione a social network e servizi di messaggistica dovrà dunque essere subordinata al consenso di genitori o tutori, che saranno quindi chiamati non solo ad esercitare una ragionevole supervisione, ma anche a rispondere di eventuali condotte non adeguate, un’attenzione quantomai opportuna in un’epoca caratterizzata da fenomeni come il cyberbullismo (variante online del bullismo, ma da deprecare senza attenuanti, avendo anzi l’aggravante della possibilità, per il bullo, di agire dietro uno schermo e non de visu), che saranno gestiti dal Garante della Privacy a cui potranno pervenire segnalazioni dirette, come stabilito dalla legge 71/2017, in cui sono inoltre previste misure di prevenzione ed educazione nelle scuole.

Non va inoltre dimenticato che i minori, talvolta, devono essere tutelati anche dalle azioni compiute dagli stessi genitori, quando ad esempio pubblicano sui social network certe loro immagini (magari in situazioni o pose imbarazzanti) o scrivono in modo esageratamente dettagliato racconti di episodi o avvenimenti famigliari, generando delle vere e proprie interferenze nella loro vita privata. Da alcune foto si possono ottenere dati personali e sensibili: nomi, indirizzi, abitudini, hobby e altre informazioni che possono rendere rintracciabili i soggetti ritratti. Spesso si tratta di superficialità e sottovalutazione di un problema che può avere risvolti ampiamente inaspettati. Sto parlando naturalmente di chi pubblica contenuti senza alcun tipo di precauzione nella scelta di cosa condividere o nei confronti del pubblico che potrebbe vederle, abitudine che può derivare da moti di vanità e orgoglio che in molti casi sarebbe opportuno reprimere: i rischi vanno dall’utilizzo indebito delle immagini altrui (con derive sgradevoli) fino al grooming (l’adescamento effettuato su Internet). E non si tratta certo di un’esagerazione, ne’ di una questione di lana caprina, se un giudice è arrivato al punto di stabilire la necessità del consenso di entrambi i genitori in casi come questo, in cui sono state rilevate violazioni a numerose leggi (art. 10 del Codice Civile, artt 4,7,8 e 145 del Codice della Privacy, gli artt. 1 e 16, I comma, della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, che l’Italia ha ratificato con la Legge 176/1991).

La consapevolezza delle possibili conseguenze e implicazioni delle azioni compiute da genitori e figli (in rete e fuori) non deve mai mancare.

 

 
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Pubblicato da su 25 gennaio 2018 in news, privacy

 

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Bufalari che soffrono di satiriasi

La “satira” deve pungere e far riflettere sull’argomento che colpisce (Lercio e Spinoza sono due ottimi esempi). Quando qualcuno, però, definisce “satira” una presunta notizia che si rivela poi falsa, diffamatoria o denigratoria, vi sta mentendo spudoratamente perché in realtà utilizza uno strumento ingannevole (la “bufala”) a proprio esclusivo vantaggio, ossia per guadagnare visibilità oppure denaro, grazie alle inserzionisti delle pubblicità online che pagano per ogni click ottenuto. Obiettivo facilmente raggiungibile quando la “notizia” cavalca argomenti come il gossip, la cronaca giudiziaria, la politica, l’odio razziale.

Quelli che vedete sopra sono quattro disclaimer che potete trovare in calce ad altrettanti siti web che pubblicano notizie fasulle e che nascondono la propria inattendibilità con uno scopo presuntamente satirico. Potreste trovarli quando vi imbattete in “notizie” dal contenuto di dubbia fondatezza. L’unico reale obiettivo del loro autore è quello di ottenere il maggior numero di click, e poco importa se una parte (cospicua) del pubblico condivide dopo aver letto solamente il titolo o osservato un’immagine, anzi: ogni approfondimento in merito potrebbe portare ad essere smascherati come spacciatori di bufale e diffamatori, quindi l’obiettivo ideale è intercettare i lettori superficiali, perché più sono superficiali e ignoranti e meglio è.

Questi siti di satirico non hanno nulla, ma non si può escludere che gli autori soffrano di una forma particolarmente acuta (e insoddisfatta) di satiriasi, termine di cui vi invito – se non lo conoscete – a cercare il significato, dal momento che il mio intento è intercettare lettori non superficiali 😉

Ecco qualche esempio fresco-fresco di bufale agevolate da siti-civetta e propaganda social:

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Pubblicato da su 13 settembre 2017 in news

 

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Fiat, una vetrina su Amazon più trasparente di quella dell’autosalone

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Non so quanto sia rivoluzionario scegliere un’auto tramite Amazon per poi ultimarne l’acquisto e ritirarla presso l’autosalone del concessionario scelto dall’acquirente (ovviamente non era pensabile che le auto partissero da quel magazzino da alta pressione che inibisce i lavoratori di Amazon all’uso della toilette). Sicuramente si tratta di una novità – anche se poi, si tratta di acquistare un’auto a prezzo scontato grazie ad un coupon – ma rimango leggermente perplesso da questa dichiarazione:

“Assieme ad Amazon innoviamo perché crediamo necessario un nuovo modo di vendita più trasparente e chiaro per i clienti”
(Gianluca Italia, responsabile FCA per il mercato italiano)

Quindi FCA ritiene sia meglio acquistare via web perché il tradizionale rapporto tra cliente e concessionario in autosalone non è abbastanza trasparente e chiaro? Questa è (s)fiducia 🙂

 
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Pubblicato da su 22 novembre 2016 in news

 

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WhatsApp ora ha la sua applicazione desktop per computer (purché con Windows e Mac OS X)

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Avviso a tutti gli aficionados di WhatsApp: ora c’è anche l’applicazione desktop disponibile per computer. WhatsApp la presenta come un nuovo modo per rimanere in contatto sempre e ovunque:

La nuova applicazione per computer è disponibile per Windows 8+ e Mac OS 10.9+ e viene sincronizzata con WhatsApp presente sul dispositivo mobile. Dato che l’applicazione funziona in modo nativo sul computer, è possibile ricevere le notifiche native del computer, usare gli shortcut della tastiera, e altro ancora.

L’unica novità apprezzabile è probabilmente il vantaggio della visualizzazione delle notifiche. Per il resto è pressoché identica alla web app lanciata l’anno scorso

 
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Pubblicato da su 11 Maggio 2016 in news

 

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Il paradosso dei Radiohead

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Che i Radiohead siano spariti dal web (piallando ogni traccia social alla faccia dei followers) per raggiungere la più ampia visibilità possibile in vista del lancio del prossimo album? 😉

 
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Pubblicato da su 2 Maggio 2016 in business, comunicazione, Internet, media

 

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Facebook attiva il suo money-transfer

Facebook Messenger è pronto ad offrire ai propri utenti un vero e proprio servizio di money transfer e fare concorrenza a sistemi di pagamento online come PayPal: con la nuova opzione sarà possibile effettuare transazioni tra utenti dell’app che siano anche titolari di una carta di debito, i cui dati devono ovviamente essere memorizzati.

Il servizio è al momento disponibile solo per utenti di carte di debito MasterCard o Visa emesse negli Stati Uniti e si basa sulla stessa piattaforma di pagamento che Facebook utilizza per gestire le transazioni con gli inserzionisti pubblicitari. Non è un caso che il responsabile di Messenger sia oggi David Marcus, già presidente proprio di PayPal.

Concettualmente non è molto diverso da quanto è possibile fare già oggi con servizi come ClickandBuy (attraverso l’applicazione Buxter) o alcune banche (ad esempio Banca Sella, che anziché prevedere la carta di debito lavora direttamente con l’IBAN del conto corrente), sembra anzi che Facebook abbia pensato di entrare in prima persona in un settore di mercato già aperto da terze parti.

Assenza di commissioni, connessioni sicure, dati crittografati sono i vantaggi dichiarati del servizio attivato dal social network. Che, visto che per gli utenti sarà a costo zero, la domanda è: chi glielo fa fare, a Facebook, di attivare questo servizio?

In altri termini: dov’è la convenienza nel fare da intermediario in questo sistema di pagamento peer-to-peer? Se il servizio rimanesse a questo livello, la convenienza non si intravedrebbe… Ma questo potrebbe essere solo il primo step di un progetto più ampio, in cui Facebook preveda – più avanti – altre opportunità. Ad esempio potrebbe consentire agli utenti di effettuare acquisti online direttamente da un negozio virtuale aperto dagli inserzionisti del social network, che potrebbero quindi essere incentivati ad estendere la propria presenza pagata su Facebook.

Un business vero. Un altro mondo, rispetto ai Facebook Credits!

 
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Pubblicato da su 18 marzo 2015 in news

 

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VeryBello, very beta

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VeryBello è il nome scelto per l’agenda web che propone 1.300 eventi culturali che avranno luogo in Italia nel periodo dell’Expo.

L’obiettivo dichiarato, secondo il ministro Dario Franceschini, è “utilizzare l’Expo per valorizzare tutto il Paese e fare in modo che milioni di visitatori allunghino il più possibile il loro viaggio nel nostro Paese”. Un obiettivo rivolto ai visitatori esteri, evidenziato (forse) da quel very, che ammicca a simpatiche espressioni anglomaccheroniche (capito, bro?).

Peccato che oggi, sul sito web verybello.it, non sia nemmeno presente un’agenda in inglese (la lingua da cui deriva quel very, che significa molto). Certo, è stato detto che il sito verrà tradotto anche in altre otto lingue (inclusi gli slang di paninari e yuppies che abbiamo riscontrato già nel titolo), e sarà presentato ai presidenti dei padiglioni stranieri il 7 febbraio a Milano.

Però è online oggi ed è stato presentato alla stampa oggi. In beta version, cioè in una versione non ancora definitiva e suscettibile di migliorie (ne servirebbero). Che è un po’ come rendere accessibile al pubblico un cantiere in dirittura d’arrivo, con i lavori ancora in corso e… tante cose da sistemare. Che forse era meglio mostrare sistemate, per dare al pubblico un’impressione di completezza, di solidità. E di investimenti andati a buon fine.

Taaac!

P.S.: sì, titolo molto fantasioso…
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P.P.S.: Se stavate pensando di portarvi avanti per iniziative simili, segnalo che il nome a dominio tantaroba.it è già registrato, ma potrebbe essere disponibile ad un trasferimento

 
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Pubblicato da su 24 gennaio 2015 in Internet, news

 

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Bancomat, ok ai pagamenti online da marzo 2015

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Da marzo 2015 sarà possibile utilizzate il Bancomat per effettuare pagamenti online per operazioni di e-commerce. Appena letta la notizia ho immaginato che per la transazione fosse necessario inserire la tessera in un lettore di smart card e digitarne il PIN, ma proseguendo la lettura ho scoperto che andrà in un altro modo:

“Non ci sarà bisogno di inserire il numero identificativo della carta o dei codici di sicurezza on line. Una volta attivata in banca la funzione web sulla propria carta, non sarà necessario digitare il proprio pin ma al momento dell’acquisto si verrà reindirizzati al sito delle propria banca. Dopo le verifiche scatterà il via libera all’acquisto”

Quindi è una forma di Internet banking limitato ad operazioni di pagamento veicolate dalla piattaforma PagoBancomat.

 
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Pubblicato da su 1 dicembre 2014 in News da Internet

 

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