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Archivi tag: giornalismo

Social network contro Trump

Trattato come un cazzaro qualunque, Donald Trump si è visto cancellare un post da Facebook e addirittura sospendere da Twitter l’account @Trump2020, utilizzato dal suo staff per la campagna elettorale. Su entrambi i social network, gli account riconducibili al presidente avevano pubblicato un video in cui Trump, intervistato telefonicamente da alcuni giornalisti di Fox news, caldeggiava la riapertura delle scuole perché, a suo dire, i bambini sono praticamente immuni al Covid-19 perché “hanno un sistema immunitario molto più forte di noi, in qualche modo, per questo. E non hanno problemi. Semplicemente non hanno problemi”. Contenuti rimossi dalle due piattaforme social, per disinformazione.

C’era già stato un campanello d’allarme, poco più di due mesi fa, quando due tweet di Donald Trump erano stati indicati come non attendibili. Ora, dalla semplice notifica si è passati a provvedimento più drastici: Twitter ha deciso per la sospensione dell’account presidenziale fino a quando il post incriminato non sarà cancellato, mentre Facebook ha rimosso il post, che in circa quattro ora aveva registrato quasi 500mila visualizzazioni. Sorprendente, se si pensa che solo alcuni mesi fa non aveva fatto nulla per un altro video in cui Trump proponeva alla popolazione di bere candeggina per combattere il nuovo coronavirus.

La notizia ha due chiavi di lettura: la prima riguarda la scure del controllo sulla disinformazione che si abbatte anche su una figura di rilievo come il Presidente degli Stati Uniti. La seconda è legata al fatto che i social network sono intervenuti al posto dei giornalisti di Fox news, che per mestiere dovrebbero fare informazione, non contribuire alla disinformazione. Così facendo si assumono la responsabilità di veicolare messaggi errati o fuorvianti, semplicemente perché non alzano un dito – nemmeno a conversazione terminata – davanti al loro Presidente.

 

 
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Pubblicato da su 6 agosto 2020 in news

 

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Cosa ci porterà l’intelligenza artificiale dei giornalisti virtuali

Possono lavorare 24 ore al giorno, senza pause e senza alcun rischio di rivendicazioni sindacali: sono i nuovi IA Anchors, conduttori televisivi virtuali comparsi la scorsa settimana in Cina, frutto di un progetto dell’agenzia di stampa statale Xinhua News Agency. Si tratta di sistemi di machine learning che si presentano sotto le spoglie del classico “mezzobusto” di un presentatore che, attraverso mimica facciale e voce sintetizzata, possono illustrare notizie in un programma televisivo. Una novità che, andando oltre le prime interpretazioni superficiali, potrebbe avere risvolti positivi anche per la qualità dell’informazione.

Il modello espressivo è decisamente limitato: la voce è chiaramente “artificiale” e le espressioni del volto non vanno al di là di qualche piccolo movimento, ma si tratta di particolari che l’evoluzione consentirà indubbiamente di migliorare. Al netto di questo, la realizzazione è comunque impressionante e, già a questo livello, l’impiego del presentatore virtuale presenta sicuramente dei vantaggi: in primo luogo la disponibilità permanente, che permette la messa in onda – anche in caso di edizioni straordinarie – in qualsiasi orario del giorno e della notte (purché esista una notizia da leggere). Lo svantaggio è che, almeno al momento, si tratta solo di una facciata, che dipende totalmente da una notizia ancora redatta da esseri umani.

IA Anchors sembra il primo passo concreto verso la realizzazione di quella fantascienza televisiva che negli anni ’80 era stata ipotizzata con Max Headroom, un personaggio virtuale – interpretato in realtà da un attore in carne e ossa – che “esisteva” solamente su schermi di televisori e monitor di computer.

A seguire, l’evoluzione porterà senza dubbio ad un miglioramento della performance e a sempre minori differenze tra personaggi virtuali e conduttori reali, al punto che un giorno questi ultimi potrebbero non essere più utili. Ma si tratta di un’idea talmente impersonale e asettica che personalmente mi sento di escludere: se un domani, oltre alla presentazione, anche la notizia venisse realizzata attraverso un’intelligenza artificiale, il telegiornale potrebbe “guidarsi da solo” (come le auto), facendo mancare umanità, emozioni e accuratezza al mondo dell’informazione e, per estensione logica, a quello dell’intrattenimento.

Il fatto che questo progetto sia stato realizzato in Cina dall’agenzia di stampa di Stato fa pensare che in quel contesto il giornalismo, il giornalismo di qualità, sia in pericolo, perché in questa prospettiva – chiedo perdono per il paradosso verbale – sarà libero di essere censurato. In realtà differenti, realmente aperte e democratiche, vedo al contrario un orizzonte positivo per chi fa vera informazione: l’intelligenza artificiale potrà essere impiegata in modo virtuoso per dare al pubblico le notizie dell’ultimo minuto e comunicazioni urgenti che richiedono tempestività. I giornalisti avranno così maggior tempo a disposizione da dedicare ad attività di più alto valore aggiunto come approfondimenti, inchieste e servizi di maggior peso, migliorandone l’accuratezza e acquisendo maggiore autorevolezza.

Io personalmente estenderei l’impiego dell’anchorman virtuale al mondo del gossip. Mi piacerebbe vedere “l’effetto che fa” nel sentirlo e vederlo leggere in modo quasi inespressivo le ultime notizie sulle coppie del momento, tipo Chiara Ferragni e Fedez, o Asia Argento e Fabrizio Corona. Forse l’attenzione pubblica posta su un certo tipo di informazioni ne uscirebbe riequilibrata.

 
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Pubblicato da su 12 novembre 2018 in news

 

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Attenti al disordine dei giornalisti

Meteorite1-set2015

Secondo voi questo è un allarme? Secondo me sì.

E’ attendibile? Secondo me no. Eppure a lanciarlo è Leggo, Meteorite2-set2015una testata giornalistica italiana, che rilancia – riassumendolo – un articolo del Mirror, una testata britannica, che cita la tesi di un ricercatore, il professor Robert Walsh. Tuttavia il Mirror, pur cedendo alla tentazione di un titolo ansiogeno, spiega anche come alla NASA non sia sfuggita questa catastrofe imminente, perché semplicemente non ci sarà. Se ci fosse stata una minaccia come quella descritta, sarebbe stato impossibile non rilevarla. Lo conferma lo stesso professor Walsh.

Fare informazione implica una responsabilità molto seria verso i destinatari delle notizie che vengono diffuse senza un reale controllo, e la responsabilità non si sposta di un millimetro quando la notizia è tratta da altre fonti. Titolo e immagini della notizia trasmettono un messaggio di impatto diverso rispetto all’articolo. Ergo, mai fermarsi a leggere titoli e a guardare le figure.

 
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Pubblicato da su 17 settembre 2015 in (dis)informazione

 

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“La carta non muore”… ma non dimentichiamo che “il futuro è digitale”

FiammaRossaSfondoBianco

Il comunicato sindacale pubblicato oggi dall’assemblea dei giornalisti Conde’ Nast su Wired.it non lascia scampo:

  1. La periodicità del cartaceo passerà da dieci numeri l’anno a due, da affidare completamente a service esterni.
  2. Sei dei 12 giornalisti della redazione (il 50%) sono considerati esuberi.
  3. Al momento la redazione confermata sul progetto Wired Italia è, quindi, formata da sei giornalisti (di cui uno part-time).

Esprimo solidarietà ai giornalisti che dovranno lasciare Wired, ma anche – per motivi diversi – a chi resterà (non è facile rimanere in una realtà che ridimensiona le proprie risorse).

Dubbio di altro tenore: chi si è abbonato sottoscrivendo una (o due) annualità riceverà 12 numeri in sei anni (o 24 in dodici anni)?

Note:

“La carta non muore” viene dalle parole di Felice Usai (deputy managing director di Condé Nast Italia, editore di Wired, che due mesi fa, in un’intervista al Corriere della Sera, disse “Il digitale ci salverà, ma la carta non muore”).

“Il futuro è digitale” viene da una più datata affermazione di Nicholas Negroponte, che con Louis Rossetto ha fondato Wired nel 1993. Avevo già avuto modo di ricordarla all’esordio dell’edizione italiana nel 2009.

 
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Pubblicato da su 25 giugno 2015 in news

 

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Strumentalizzare per esistere

CharlieHebdo

Naturalmente, anche a livello internazionale, molte testate giornalistiche parlano del sanguinario attacco alla sede di Charlie Hebdo mostrando su prime pagine e homepage le immagini dell’uccisione dell’agente di polizia. Immagini di impatto sul lettore, utilizzate per fare leva sulla sua emotività e catturarne l’attenzione in modo più efficace.

Peccato, perché le alternative erano e sono moltissime. Anziché cedere alla strumentalizzazione mascherata da diritto di cronaca, ad esempio, sarebbe stato sufficiente attingere alle copertine della rivista e dare a molti lettori – soprattutto a coloro che da ieri ne leggono e parlano senza nemmeno capire cosa sia realmente accaduto – l’occasione di iniziare a conoscere e capire meglio l’entità della vicenda. Dico “iniziare a capire”, perché al momento la verità su cosa abbia spinto quelle persone a causare una simile tragedia è intuibile, ma non è affatto stabilita.

Naturalmente quella del sensazionalismo è solo la forma più immediata di strumentalizzazione di questa vicenda, a cui si agganciano e agganceranno altre categorie, con argomentazioni più subdole e altri fini.

 
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Pubblicato da su 8 gennaio 2015 in media

 

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Dal Datagate è nato The Intercept

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Si chiama The Intercept – ed è online da ieri – il nuovo sito web di informazione diretto da Glenn Greenwald, l’avvocato e giornalista che lo scorso anno ha pubblicato sul Guardian la documentazione fornita da Edward Snowden che ha dato il via al Datagate.

E’ questa, quindi quella “opportunità giornalistica da sogno” che Greenwald aveva dichiarato di voler cogliere quando ha scelto di lasciare il Guardian. La nuova realtà ha una redazione di una dozzina di giornalisti e fa capo a First Look Media, gruppo editoriale di Pierre Omidyar, già fondatore e presidente di eBay e di altre iniziative editoriali. 

Al momento sono stati pubblicati due servizi che svelano alcuni aspetti delle attività condotte dalla NSA (un reportage fotografico con immagini aeree dell’agenzia e un approfondimento su attacchi effettuati con droni e operazioni di geolocalizzazione), preceduti da un post di presentazione/benvenuto, in cui The Intercept viene presentato come piattaforma giornalistica libera e indipendente, in cui tutti potranno pubblicare notizie di importanza critica senza timore di conseguenze. La sicurezza dei contatti è affidata ad un server SecureDrop che consente di condividere messaggi e file con la redazione in modo sicuro e anonimo.

Da leggere e inserire nella readlist.

 
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Pubblicato da su 11 febbraio 2014 in Inchieste, media, news

 

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La nuova libertà di stampa di Glenn Greenwald

GlennGreenwald

Glenn Greenwald lascia il proprio incarico al Guardian per inseguire una “opportunità giornalistica da sogno”. Greenwald è l’avvocato-blogger-giornalista che ha raccolto le testimonianze di Edward Snowden e dato il via alle inchieste su NSA, PRISM e Datagate e il Guardian è il quotidiano britannico per cui ha lavorato finora.

Greenwald ha fatto questa scelta perché – spiega – gli è stata proposta “un’opportunità giornalistica da sogno, che capita solo una volta nella carriera e che nessun giornalista potrebbe rifiutare”. Si tratta di una nuova testata giornalistica “senza censure istituzionali predefinite”, che lo vedrà impegnato con un incarico di primissimo piano (direttore?) e che sarà sostenuta finanziariamente da Pierre Omidyar, filantropo, imprenditore, fondatore e presidente di eBay, fondatore di Democracy Fund, ed editore di Honolulu Civil Beat, una testata con sede alle Hawaii. Con la benedizione di WikiLeaks.

 
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Pubblicato da su 16 ottobre 2013 in comunicazione, Inchieste, news

 

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Varcare i confini

laRepubblicaMorbosa

Questo è un piccolo estratto della homepage di un noto quotidiano. Qui il confine con il diritto di cronaca è stato ampiamente superato, per arrivare allo sciacallaggio applicato al web marketing per attirare più lettori. Senza filtri.

Pollice verso.

 
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Pubblicato da su 5 settembre 2013 in media

 

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Social liking

Io non so se – nell’era dei social network – il consenso si misura con i Like (o “mi piace”), ma mi limito ad osservare che la querelle a cui molti di noi hanno assistito ieri tra Massimo Russo (che da qualche settimana è il nuovo direttore di Wired Italia) e Riccardo Luna (che ha occupato quella stessa poltrona fino a due anni fa) ne ha mossi parecchi: the day after, alle ore 8, la lettera aperta scritta da Russo a Luna ha superato i 1.500 like, la risposta di Luna a Russo ne conta circa 340.

Considerando la visibilità e notorietà dei due personaggi, mi sembra un risultato sorprendente.

 
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Pubblicato da su 26 luglio 2013 in Life, media, Mondo, social network

 

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Il limite superato dal New York Post

NYPost1Questa è la copertina del New York Post di ieri, con la foto di un uomo che tenta di salvarsi dopo essere stato spinto sui binari della metropolitana. Tutto è accaduto nell’arco di pochissimi secondi e per l’uomo non c’è stato scampo, come si intuisce dal titolo che dice “Spinto sui binari della metropolitana, quest’uomo sta per morire – SPACCIATO”. Unanime lo sdegno manifestato dai lettori per l’autore dello scatto, accusato di aver preferito immortalare questo istante anziché tentare di salvare la vittima. Il fotografo, illustrando l’accaduto, spiega di aver scattato le foto al treno in arrivo  dopo aver sentito delle urla, da una posizione troppo distante per intervenire e senza avere la percezione di ciò che stava realmente accadendo: “L’aspetto triste è che c’erano altre persone vicino alla vittima, che hanno visto e non hanno fatto nulla, le potete vedere nelle fotografie” ha aggiunto il fotografo.

NYPost2Metto da parte il fotografo e le sue giustificazioni, che non giudico (è vero, la foto ha buona inquadratura e messa a fuoco, ma l’autore è un professionista). Faccio un passo oltre e, umanamente parlando, trovo molto triste il pensiero che un direttore – o un editore – scelga di mettere quella foto in copertina. Non ci vedo alcun diritto di cronaca, solo l’intenzione di calamitare l’attenzione del maggior numero di lettori possibile, che significa vendere più copie del giornale. Un comportamento che fa scuola, induce a fare altrettanto, facendo sprofondare a livelli di sciacallaggio un mestiere molto più nobile.

 
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Pubblicato da su 5 dicembre 2012 in news, News da Internet

 

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Monetine? No, grazie!

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Lo scorso lunedì il sito messicano El Deforma ha pubblicato la notizia che Samsung, in seguito alla sentenza che la obbliga a pagare ad Apple un risarcimento di oltre un miliardo di dollari per violazione dei brevetti, avrebbe iniziato a “onorare il proprio debito” in modo beffardo, inviando a Cupertino – come acconto – una trentina di autocarri pieni di monete da cinque cent.

El Deforma scrive notizie dichiaratamente di fantasia e quella dell’originale pagamento di Samsung non è che una burla, come tante altre, rilanciata in lingua inglese il giorno dopo da un post del blog JMSL (autore: Jesús M. Sánchez L.), a sua volta amplificata dall’aggregatore Paperblog (che l’ha inserita nella categoria “Satira”) e, a cascata, da 9gag (questi ultimi due siti hanno solo fatto da cassa di risonanza, non sono quindi gli autori, come invece qualcuno ha scritto).

Da qui in poi la notizia ha fatto il giro del mondo e ieri, nonostante in tutte le fonti sopra citate esistesse un’indicazione che palesava la beffa, molte testate italiane sono andate dritte per la loro strada e hanno pubblicato la “geniale trovata” di Samsung, salvo poi aggiornare la news nelle ore successive, con una smentita fornita dall’azienda coreana (decisamente non necessaria a chi avesse letto la news con un briciolo di buon senso e a coloro che avessero aperto gli occhi fin da principio sulla natura della fonte originale, o sulla frase di JMSL, che in calce alle versioni in inglese diceva “Non credete che sia reale, vero? Però vi è piaciuta”).

Nelle news, però, gli update successivi e tardivi si possono riconoscere abbastanza facilmente, e – a chi ha tempo e voglia di scorrere i vari articoli – permettono di capire chi c’è cascato mani e piedi, nonostante goffi tentativi di salvare la faccia con frasi tipo “era chiaramente uno scherzo”…

Sarebbe materiale per la serie Notizie che non lo erano di Luca Sofri.

 
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Pubblicato da su 29 agosto 2012 in curiosità, media, news, News da Internet

 

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Informazione, web e TV

Le vicende di questo week-end sono state oggetto di discussione e informazione, su Internet in generale e su Twitter in particolare. Sono state moltissime, infatti, le testimonianze dirette di coloro che hanno trasmesso contenuti a vari siti web (tra cui YouReporter.it, sempre più presente e utilizzato anche nei TG nazionali, sia per l’attentato di Brindisi che per il terremoto in Emilia)

In entrambi i casi la Rete è stata rapido veicolo di informazione e ha svolto un servizio pubblico sicuramente migliore di chi ne avrebbe titolo a livello istituzionale. A parte alcuni inutili tentativi di catturare visibilità (da parte di chi ha dichiarato che “la bomba era nell’aria” prima ancora di qualunque approfondimento e da chi ha fatto notare fantomatiche previsioni del sisma da parte dei Maya), credo però che il peggior episodio (a me pare un esempio di sensazionalismo applicato al giornalismo) si possa riscontrare nel servizio di Luca Ponzi del TG2, ostinatamente rimasto di fronte al municipio di Sant’Agostino per attenderne il crollo con le telecamere accese, quando l’area era stata evacuata da tempo per motivi di sicurezza

 
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Pubblicato da su 20 Maggio 2012 in News da Internet

 

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Tweet dal fronte

Chi fosse interessato a news e aggiornamenti su ciò che accade in queste ore in Libia dovrebbe prendere in considerazione anche i tweet di alcuni giornalisti reclusi nell’Hotel Rixos di Tripoli, come
Matthew Chance o Matthew Price.

 
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Pubblicato da su 24 agosto 2011 in Internet, media, Mondo, news, News da Internet

 

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