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La Rete è spesso un capro espiatorio

02 Ago

Nuova variazione sul tema dell’insulsa volontà di criminalizzazione della Rete: si stanno diffondendo in queste ore, tramite varie agenzie di stampa, le dichiarazioni rilasciate da Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster e primate d’Inghilterra e Galles, secondo il quale (leggo da alcuni titoli pubblicati) Facebook “spingerebbe i giovani al suicidio” (sigh).

In una delle tante notizie si spiega che, secondo l’eminente prelato, l’abuso di questi strumenti (social network, ma anche e-mail ed sms) crea relazioni sempre più superficiali, in cui il numero degli amici e’ piu’ importante della qualita’ delle relazioni, e ciò farebbe aumentare il rischio di suicidio fra i giovani perché “tra i giovani spesso un fattore chiave nel commettere suicidio e’ il trauma di una relazione transitoria. Si gettano in un’amicizia o in una rete di amicizie, poi quando questa crolla si ritrovano disperati”.

A conferma della sua teoria Nichols ha citato il caso della 15enne Megan Gillan, che la scorsa settimana si e’ tolta la vita dopo essere stata presa pesantemente in giro su una chat di un altro social network, Bebo. Il Sunday Times, chiude l’articolo rivelando un’apparente incongruenza perche’ su Facebook ci sia un Vincent Nichols che afferma di essere l’arcivescovo di Westminster, che cita correttamente come indirizzo di casa Ambrosden Avenue a Westminster, e che conta 336 amici.

Presente o meno su Facebook, l’arcivescovo Nichols dovrebbe solamente tenere presente che nei social network, e più generalmente in Internet, non avviene nulla di diverso da quanto già accade nel mondo reale. Certe condizioni di disagio non hanno certo le loro radici in Rete, ma spesso è comodo prenderla come capro espiatorio.

 
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Pubblicato da su 2 agosto 2009 in Internet, Life, media, Mondo, news

 

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