Testate online e offline stanno dedicando spazio, in questi giorni, ai risultati di una ricerca condotta da alcuni psicologi della Leeds University e pubblicata su su Psychopathology sulle relazioni esistenti tra depressione e uso di Internet. Ecco alcuni titoli relativi alla notizia:
- Troppo Internet porta alla depressione (Corriere)
- Navigare troppo è causa di deprssione (Mr. Webmaster)
- Internet fa venire la depressione (DGmag)
Messa in questi termini, Internet viene descritta (e percepita da chi legge) come una minaccia. Tuttavia, andando alla fonte (ma anche leggendo il testo degli articoli), si comprende qualcosa di differente: i ricercatori britannici evidenziano come esistano persone che, nella propria vita, hanno sostituito una vita sociale fatta di rapporti personali in carne e ossa con interazioni basate sulla rete (instant messaging, chat, social network), offrendo una possibile conferma alla diffusa convinzione che “un uso smodato della rete a sostituzione di una socialità nella norma possa essere legato a disordini psicologici come depressione e dipendenza”.
Nell’ambito del campione analizzato, gli Internet-addicted (dipendenti da Internet) sono risultati pari all’1,2%, un valore preoccupante nella misura in cui, nel Regno Unito, i giocatori d’azzardo patologici sono lo 0,6%.
Lo studio è stato condotto su 1,319 cittadini britannici di età compresa tra 16 e 51 anni e, in conclusione, non definisce in modo univoco un rapporto di causa – effetto: in tutta la ricerca non c’è una risposta affermativa al dubbio sulla possibilità che Internet (causa) generi depressione (effetto), così come non chiarisce se chi soffra di depressione (causa) si sfoghi intrattenendosi maggiormente in rete (effetto).
Non che ne dubitassi, ma da qui a dire che Internet porta alla depressione, ce ne corre… Quindi, se vi capitasse di leggere qualche titolo simile a quelli sopra (o di sentire al TG che Internet vi porterà sul baratro), sappiate che la tara di questa notizia è molto grossa.
E poi come la mettiamo con chi dice esattamente il contrario?
Duccio Ciuti
5 febbraio 2010 at 15:38
L’informazione è in crisi. Bisogna evolverne la qualità: http://blog.debiase.com/promemoria/il-prossimo-giornalismo.html
Aldo M
5 febbraio 2010 at 16:27
Ogni trucco e’ buono per raccattare lettori che cliccano banner, in tempo di crisi. E la crisi dev’essere seria, se un editore come Mondadori si organizza con gli “incentivi all’esodo”: http://www.selpress.com/treccani/immagini/050210C/2010020528222.pdf
MRK
5 febbraio 2010 at 18:36
Trovo che sempre più giornali inseguano il sensazionalismo infondato che serve solo a raccogliere un consenso di scarsa qualità (all’inizio mi attira, poi leggo l’articolo, ne resto deluso e non ci torno più sopra).