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Doverosa precisazione

Qualità di Italia.it reloaded

Mi corre l’obbligo di una precisazione. Nei commenti in un post pubblicato da Aghost, che casualmente in questi giorni ha avuto un po’ di tempo – come il sottoscritto – per navigare su Italia.it, ho trovato una puntualizzazione relativa ad un errore che ho segnalato qualche giorno fa, sempre nel blog di Aghost, e più dettagliatamente in un mio post precedente.

Mi viene fatto infatti notare che:

Il Monte Rosa figura in Valle d’Aosta, non risulta che compaia in Lombardia.

E’ vero, in effetti il testo dice effettivamente:

Un gigante tra Piemonte, Valle d’Aosta e Svizzera
Un maestoso complesso di rocce e ghiacci si erge a ponte tra la Valle d’Aosta e il Piemonte, regalando al visitatore uno scenario mozzafiato. Area pulita e cielo azzurrissimo, sia d’estate che di inverno, il Monte Rosa è una località che incanta tutto l’anno.

Io sono d’accordo (avrei anche detto “aria pulita”, ma ora non voglio eccepire nulla riguardo al testo). A maggior ragione, vi mostro lo screenshot che ho catturato mentre guardavo la cartina interattiva “Scopri l’Italia” per ribadire: allora cos’è ‘sta roba?

E  questo punto, direi che l’iniziativa RItaliaCamp è da seguire e incoraggiare.

RItaliaCamp nasce dall’idea di Rifare il portale Italia.it creando un’alternativa che offra un servizio migliore e maggiormente generato/gestito dagli stessi cittadini italiani; il tutto ad un costo irrisorio grazie alla potenza dei servizi e delle tecnologie esistenti sul Web.

RItaliaCamp si propone come un incontro di una giornata dove utenti e professionisti del Web si confrontino con l’obiettivo di concepire e strutturare una proposta alternativa che verrà poi realizzata dai volonterosi che si presteranno all’iniziativa.

 
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Pubblicato da su 26 febbraio 2007 in news

 

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Troppo lento?

Il 19 febbraio, cioè due giorni fa, è stata festeggiata la giornata mondiale della lentezza. Un applauso va all’associazione L’Arte di Vivere con Lentezza, per l’idea di fondo (“riappropriarsi del tempo, gustarlo e renderlo più utile, perchè vivere con lentezza non significa oziare, ma trovare un equilibrio), ma anche per l’organizzazione.

Sarà per il lavoro, che ero concentrato su altre cose… non so, a me dispiace sinceramente, ma io – di tutta questa cosa – me ne sono accorto solo 10 minuti fa. Devo provare rammarico o autocompiacimento?

 
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Pubblicato da su 21 febbraio 2007 in news

 

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Maleducazione sessuale

Ci risiamo: un altro video, definito hard, girato a scuola con un telefonino. Che era stato pubblicato su YouTube, ma che oggi è stato rimosso. In ogni caso, ci ha pensato il Corriere a riproporcelo, debitamente censurato per tutelare la privacy dei minori.

Che cosa c’è in quel video? Il quotidiano dice “un’ottantina di secondi ripresi con il cellulare in un istituto superiore in provincia di Lecce in cui si vedono una giovane professoressa e tre suoi alunni, tutti minorenni, che la toccano”. La toccano, a più riprese, non ci sono dubbi. E la professoressa (che è sposata) “si difende, e si dice vittima degli studenti. E che per altro non si sarebbe accorta di essere ripresa con un videocellulare”.

Un’Ansa dice qualcosa di più: l’insegnante avrebbe affermato ”Era solo una simulazione, appena ho capito che stavano andando oltre li ho cacciati”. E ancora: ”C’era confusione intorno alla cattedra, non pensavo minimamente che stessero riprendendo con il telefonino, se l’avessi saputo avrei preso il cellulare e l’avrei fatto in centomila pezzi”.

Non so se stavolta ci sarà qualcuno pronto – ancora una volta – a criminalizzare i videocellulari. Prima che qualcuno ci pensi, qualche considerazione che sarebbe bene tenere presente. Nel leggere tutto ciò, ad esempio, mi chiedo che tipo di simulazione fosse stata organizzata in classe.

E, lungi dal voler apparire bacchettone e fermamente convinto che ognuno è libero di circolare vestito come più gli aggrada, mi chiedo anche come può (leggo sempre dall’Ansa) un’insegnante salentina di 40 anni – bella presenza, sposata con un professionista e madre di un bambino di undici anni presentarsi di fronte ad una classe di adolescenti (notoriamente sempre in preda a violentissime tempeste ormonali, soprattutto alla vista di un lembo di pelle scoperta) con un perizoma praticamente in bella vista (basta sedersi, come ha fatto lei, leggermente chinati). Ho capito, è una moda, ma quella dell’insegnante è sempre una figura educativa, o sbaglio?

Infine, mi pongo un’ultima domanda: la frase non pensavo minimamente che stessero riprendendo con il telefonino non esclude, direi, che si rendesse conto benissimo di essere palpeggiata, questa insegnante salentina di 40 anni – bella presenza, sposata con un professionista e madre di un bambino di undici anni. Che ha fermato questa mano, tutt’altro che morta, quando si era spinta (ed era già la seconda volta nel giro di pochi secondi) un po’ troppo oltre. Perché non prima? Io potrei anche credere che non se ne fosse accorta, ma solo se si scopre che questi ingegnosi adolescenti le avevano praticato un’epidurale.

UPDATE: gli studenti non sono incolpevoli, intendiamoci. Ma il loro comportamento è anche conseguenza dall’educazione che hanno ricevuto. Anche le famiglie hanno la loro parte di responsabilità. Ma questo non toglie che simili atteggiamenti non debbano mai essere provocati o incoraggiati.

 
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Pubblicato da su 13 febbraio 2007 in media, news

 

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Gentile sig. Turani…

Così inizia la lettera aperta che Luca Conti ha scritto al giornalista Giuseppe Turani.

“A volte – scrive – ho la sensazione che lei scriva di materie che non conosce, cadendo di conseguenza nell’approssimazione”. Fortunatamente, come osservava Stefano qualche giorno fa, sulla propria strada Turani incontra sempre persone che non hanno dubbi e che durante le sue interviste possono correggere il tiro.

Non c’è nulla di male a non conoscere una materia di cui si deve scrivere, e tutti – compreso il sottoscritto – possono cadere in errore… l’importante – a mio avviso – è non dare al lettore un’informazione errata o distorta. Leggendo le varie interviste di Giuseppe Turani ho sempre creduto sperato che il giornalista formulasse domande in tono volutamente provocatorio, ma non ho modo di ritenerlo con certezza, il margine di interpretabilità è sempre ampio. L’ultimo esempio è l’intervista a Marco Zamperini, da cui stralcio un breve passaggio:

G. Turani: Certo, ma dentro tutti questi milioni di blog c’è quasi sempre solo spazzatura, siamo sinceri.
M. Zamperini: “C’è molta spazzatura, ma non solo. Poco a poco emergono quelli che sono più curati, che hanno qualcosa da dire. Gli altri sono testimonianze, diari in pubblico, che vanno letti come tali. Però non dobbiamo trascurare il fatto che per la prima volta milioni di persone al mondo si esprimono, tirano fuori se stessi. E’ una cosa che non era mai successa e che oggi la tecnologia rende possibile per la prima volta”.

Tra l’altro, anche Turani ha un blog. Farà parte di tutti quei milioni di blog in cui c’è quasi sempre solo spazzatura? Leggendo quella frase, i lettori quantificano il quasi sempre o generalizzano? Generalizzano, perché sono indotti a generalizzare e, quindi, a sbagliare. Che si tratti di provocazione o pregiudizio, per fortuna anche in questo episodio la risposta di Marco Zamperini riesce a correggere il tiro. Ma questo porta a pensare che la mira, presa inizialmente nel formulare le domanda, fosse sbagliata.

 
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Pubblicato da su 6 febbraio 2007 in media, Mondo, news

 

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Ora c’è anche il Librofonino

Qualcuno si ricorderà di Readius, il prototipo presentato all’IFA di Berlino da Philips Polymer Vision nel settembre 2005: “Si tratta – dicevo all’epoca su PIdi un lettore di documenti elettronici molto particolare: in versione aperta, presenta il display di 5 pollici “Pv-Qml5″ realizzato da Philips Polymer Vision, che si srotola come un papiro. Ri-arrotolando il display, Readius può essere chiuso, permettendo di contenerne notevolmente le dimensioni in 100x60x20 mm.”

Allora mi chiedevo se si trattasse di un concept o di un prodotto prossimo alla commercializzazione. Ci è voluto un po’ di tempo, ma alla fine eccolo.

Qualcosa è cambiato da allora: Polymer Vision si è staccata da Philips (rilevandone la titolarità del marchio originale Readius) diventando una realtà indipendente che, come fa notare Stefano Quintarelli, ha incontrato sulla propria strada Telecom Italia “probabilmente alla ricerca di un prodotto innovativo per sorprendere il pubblico e questo, fa molta immagine”. Immagine e quindi notizia: l’annuncio sta facendo il giro del mondo, per la gioia di Telecom.

Interessante la riflessione di Stefano, di cui vi invito però a leggere poi l’intero post:

Cosa, meglio di questo oggetto, può far capire a un editore che E’ IMPORTANTE CHE LA RETE RESTI APERTA ? Un editore accetterebbe di avere i propri contenuti inseriti in un aggregatore Governato da un concorrente? (o comunque un terzo esterno).
Cosa ne direbbe Il Sole 24 ore, o La Repubblica, ad esempio ?

 
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Pubblicato da su 6 febbraio 2007 in news

 

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Non si parla in classe

Ah, mi pareva, che non servisse una nuova legge che impedisse di usare il telefono cellulare a scuola.

E pensare che ho avuto il mio primo cellulare all’età di 26 anni… D’accordo, prima nemmeno esistevano (o meglio, c’erano, ma non erano esattamente così tascabili e sfiziosi), ma in ogni caso sono riuscito a sopravvivere senza.

 
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Pubblicato da su 31 gennaio 2007 in news

 

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Studenti in calore

Non so bene cosa pensare quando leggo queste notizie:

SESSO DURANTE ASSEMBLEA CLASSE, VIDEO VIAGGIA SU MMS

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Sesso orale sulla cattedra, durante l’ assemblea di classe, filmato con i videofonini dai compagni, che avrebbero poi trasmesso le immagini via mms ad altri studenti. L’ episodio, denuncia un sito internet di San Benedetto del Tronto, sarebbe avvenuto martedì scorso in una prima classe di un istituto superiore della città, nel corso di un’ assemblea, che – come prevede il regolamento scolastico – si svolge senza la presenza dei professori. Uno studente e una studentessa, si presume di 14, massimo 15 anni, avrebbero fatto sesso davanti ai compagni, intenti a immortalare l’ avvenimento con i cellulari.

Tranne un gruppetto, che non essendo disposto a prendere parte al ‘rito’, si sarebbe autoconfinato in un angolo dell’ aula. I carabinieri e la procura dei minori di Ancona hanno appreso la notizia stamani dal sito web, mentre la scuola – per ora – rifiuta commenti. La preside risulta assente e non ha dichiarazioni da fare alla stampa, e così il vicepreside. Il sito informa però che i ragazzini protagonisti della vicenda sarebbero già stati sospesi per 15 giorni, con l’ obbligo di frequentare le lezioni (che sospensione sarebbe??). Tornati a casa, alcuni dei minori testimoni dell’ accaduto avrebbero raccontato tutto ai genitori, che a loro volta avrebbero poi informato l’ autorità scolastica.

Di fronte a questo ennesimo episodio di degrado dei valori di cui, ribadisco, a mio avviso la colpa è in buona parte degli educatori (genitori e insegnanti, anche se non voglio entrare nel merito del caso specifico) rimango, ancora una volta, senza parole. Tra l’altro, mi è capitato di sentirne parlare al TG5 e sono rimasto perplesso per due cose:

  • il commento di Barbara Palombelli, che ha definito la vicenda solamente “un brutto pasticcio” (forse non voleva minimizzare, ma a me il senso del suo intervento sembrava volesse dire “eh vabbe’, e che sarà mai?”)
  • l’abbigliamento decisamente leggero (maglietta e calzoncini corti) di uno degli studenti intervistati dall’imbacuccato inviato in questo freddo 25 gennaio, che mi ha fatto pensare al titolo di questo post.

 
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Pubblicato da su 25 gennaio 2007 in news

 

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Digital divide generazionale

C’è un po’ di digital divide generazionale, sullo sfondo di questa storia che è balzata in questi giorni agli onori della cronaca:

Anziana deruba vicino romeno e si fotografa per sbaglio, denunciata
Protagonista dell’incredibile vicenda è una pensionata vedova di 69 anni di Santena

TORINO – Ha derubato il vicino di casa romeno e con i soldi del furto ha acquistato un Gratta e vinci che le ha fruttato 100 euro, ma non si era resa conto di essersi immortalata sulla scena del crimine, schiacciando inavvertitamente il pulsante della macchina fotografica della vittima. Protagonista dell’incredibile vicenda è una pensionata vedova di 69 anni di Santena che è stata denunciata per furto dai carabinieri ai quali ha restituito il maltolto chiedendo però di poter tenere per se la vincita.
L’episodio è accaduto due giorni fa quando l’anziana si è accorta che il vicino, un ragazzo romeno di 30 anni che vive regolarmente in Italia, aveva dimenticato la porta di casa aperta. L’arzilla signora ha quindi pensato bene di entrare ma non per assicurarsi che tutto fosse in ordine quanto piuttosto per far fruttare la situazione. Una volta all’interno ha frugato un pò in giro trovando 800 euro che si è messa in tasca, ma nella sua ricerca ha spostato una macchina fotografica digitale toccando inavvertitamente il pulsante di scatto senza rendersi conto di essersi fotografata. Poi è uscita ed è andata in tabaccheria a comprare un biglietto della lotteria istantanea vincendo 100 euro.
Quando il suo vicino è tornato a casa si è accorto che mancavano i soldi e ha subito notato che la fotocamera digitale era stata spostata e che c’era uno scatto in più rispetti a quelli che aveva fatto lui. Immediatamente ha chiamato i carabinieri e visionando le varie fotografie hanno visto che il soggetto ritratto nell’ultima era l’improvvisata e maldestra ladra. Quando la signora è stata rintracciata ha ammesso quello che aveva fatto e ha restituito gli 800 euro rubati chiedendo soltanto di potersi tenere il frutto della vincita.

 
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Pubblicato da su 25 gennaio 2007 in news

 

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Scaricare fa bene?

In questi giorni ho letto da varie fonti e agenzie di stampa, tra cui l’ANSA, una notizia che, sulle prime, appariva molto interessante (mettendo da parte, per un attimo, la tentazione di correggere l’uso di una certa terminologia). Il problema è che il fatto, così descritto, va precisato e approfondito, e non travisato.

NON E’ REATO ‘SCARICARE’ DA INTERNET SENZA LUCRO

ROMA – Scaricare da internet film, musica o programmi tutelati dal diritto d’autore non è reato se questo non implica alcun guadagno economico. Lo spiega la Terza sezione penale della Corte di Cassazione che ha annullato la condanna a tre mesi e 10 giorni di reclusione inflitta dalla Corte d’Appello di Torino a due giovani che avevano scaricato e condiviso in rete tramite un computer di una associazione studentesca del Politecnico di Torino file musicali, film e software protetti da copyright. I due ragazzi condannati dalla corte torinese avevano sviluppato una cosiddetta “rete p2p” (peer to peer) per scambiare file con altre persone collegate a internet. Il sistema era semplice: bastava collegarsi via Ftp (File transfer protocol) ad un server istallato nel computer di un’associazione studentesca del Politecnico di Torino. Per poter ottenere le chiavi d’accesso occorreva condividere la propria ‘scorta’ di musica, film, videogiochi o software.

Tutto spesso protetto dalla legge sul diritto d’autore. Una filosofia di scambio “do ut des”, diffusissima su internet, che permetteva a tutti di scaricare file gratis dalla rete. Secondo i giudici piemontesi i due giovani autori di questo sistema di scambio file ‘au pair’ erano colpevoli di aver violato agli articoli 171 bis e 171 ter della legge sul diritto d’autore (n. 633/41) che punisce chi, “a scopo di lucro”, diffonde o duplica file e contenuti multimediali protetti da copyright. Ma l’attività dei due imputati – spiega la Suprema Corte nella sentenza n.149 depositata lo scorso 9 gennaio – non aveva alcun “fine di lucro”, e quindi non si configurava l’effettiva violazione della legge. “I giudici di merito – si legge nelle motivazioni della sentenza – hanno erroneamente attribuito all’imputato una attività di duplicazione dei programmi e di opere dell’ingegno protette dal diritto d’autore, poiché la duplicazione in effetti avveniva ad opera dei soggetti che si collegavano con il sito Ftp e da esso, in piena autonomia, prelevavano i file e nello stesso ne scaricavano altri.

Doveva essere esclusa l’esistenza del fine di lucro da parte degli imputati in potendosi ravvisare una mera attività di scambio”. Non solo, anche in relazione al sequestro, in casa di uno degli imputati, di un software per generare codici seriali per registrare illegalmente software protetti da copyright, “doveva escludersi ogni fine commerciale”. Per questo motivo i giudici di Piazza Cavour, rilevando che “le operazioni di ‘download’ sul server Ftp di materiale informatico non coincide con le ipotesi criminose fatte dai giudici torinesi”, e che per “scopo di lucro” deve intendersi “un fine di guadagno economicamente apprezzabile o di incremento patrimoniale da parte dell’autore del fatto, e che non può identificarsi con un vantaggio di altro genere”, ha annullato senza rinvio la condanna per i due ragazzi che sono stati prosciolti definitivamente.

Wow, verrebbe da dire, lo scarico libero (purché non a scopo di lucro) è lecito allora!

Eh no, le cose non stanno così. Innanzitutto il fatto che è stato esaminato dalla Cassazione non riguarda affatto una cosiddetta rete peer-to-peer, ma un server FTP. Ma, a dirla tutta, non è su questo che il can-can mediatico ha inciampato, cantando vittoria – ahime’ – troppo presto: il fatto medesimo, contestato ai due studenti, non è avvenuto ieri, ne’ l’anno scorso, ne’ due anni fa, ma nel 1999.

Cosa cambia? Semplicemente che, da allora, la normativa sul diritto d’autore ha subìto non poche modifiche di rilievo, culminate con la Legge Urbani (varata nel 2004, variata nel 2005). E quindi va considerato che l’attuale legislazione relativa al materiale protetto da diritto d’autore prevede comunque sanzioni amministrative (chiamiamole multe) per il download, e penali per la condivisione.

Insomma, la normativa in materia è cambiata, da quando sono avvenuti i fatti esaminati dalla Cassazione, e quindi oggi scaricare file protetti dal diritto d’autore è illegale. E questa non è un’opinione.

Possiamo però concludere che scaricare non è reato, dal momento che per il solo download sono previste sanzioni amministrative e non penali.

 
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Pubblicato da su 21 gennaio 2007 in news

 

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Bill Gates, filantropo o investitore?

Da un’Ansa pubblicata nel tardo pomeriggio:

Usa: ombre su Gates filantropo
Soldi del fondatore di Microsoft agli inquinatori
(ANSA) – WASHINGTON, 7 GEN – Spuntano ombre sulla Bill & Melinda Gates Foundation, il gigante della beneficenza istituito dal creatore di Microsoft. Una inchiesta del Los Angeles Times solleva dubbi sulle modalita’ con cui viene gestita la società. Con una mano distribuisce vaccini e aiuta a combattere malattie che tormentano l’Africa, ma con l’altra finanzia società che aiutano, con l’inquinamento o alti prezzi dei farmaci, a creare i problemi che e’ necessario combattere.

Bill Gates predica bene e razzola male? Così sembrerebbe dall’inchiesta del L.A. Times (eccola), piuttosto articolata, che parla degli investimenti della Gates Foundation in organizzazioni che contrastano con le iniziative umanitarie della fondazione stessa. Tra queste, si annoverano raffinerie legate a compagnie petrolifere il cui processo produttivo produce un inquinamento devastante – in quanto cancerogeno – per la popolazione che vive nelle loro prossimità; nonché aziende farmaceutiche che applicano politiche restrittive sull’invio di farmaci critici e pregiati per le popolazioni bisognose dei paesi in via di sviluppo.

Insomma, le medaglie hanno sempre (almeno) due facce.

 
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Pubblicato da su 7 gennaio 2007 in news

 

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Computer zombie al TG1

Definirei lodevole l’intento del TG1 di parlare, nell’edizione delle 20 di stasera, di un argomento di attualità come “il fenomeno dei computer-zombie”, visto che ultimamente si fa un gran parlare di questioni di sicurezza informatica senza che nessuno riesca a capire nulla.

Peccato, però, che la questione sia stata trattata in modo un po’ troppo vago (lieve approfondimento di un’Ansa delle 18.05 corredata di una foto imperdibile) e peccato anche che all’intervento di Paolo De Andreis, direttore di Punto Informatico, sia stato dato uno spazio limitato a soli 15 secondi.

Mi piacerebbe, però, che qualcuno desse il proprio giudizio sulla schermata finale posta a conclusione del servizio, che diceva:

Computer – come difendersi:

  • – Non lasciare il pc ai ragazzi che scaricano giochi
  • – Non memorizzare le parole chiave
  • – Non comprate dagli spammer
  • – Non cliccate sulle offerte incredibili
 
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Pubblicato da su 7 gennaio 2007 in news

 

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Privacy VS call center, chi vincerà?

Quante volte vi è capitato di ricevere la telefonata di un’azienda (telefonica, ma non solo) che vi ha formulato una proposta commerciale, azienda a cui naturalmente non avete mai fornito alcun riferimento per contattarvi? Di quelle che ho ricevuto io ho perso il conto. Ma sono stato, tutto sommato, fortunato: a me non è mai capitato di ritrovarmi in bolletta addebiti per servizi non richiesti.

A molto utenti, però, è capitato questo e altro, in spregio ad una normativa sulla privacy che io (come altri) ho sempre considerato con attenzione, soprattutto quando mi sono state sottoposte le varie informative e ho dato il consenso al trattamento dei miei dati personali solo per le finalità che mi interessavano.

Le regole esistono, ma risultano essere largamente disattese. Per questo motivo il Garante della Privacy annuncia di voler applicare la linea dura sull’attività troppo disinvolta di quei call center che si permettono di importunare i cittadini proponendo offerte commerciali non richieste e indesiderate. Come? Con “applicazione di sanzioni amministrative, ultetiori ispezioni e, nei casi più gravi, divieto del trattamento dei dati personali”.

Spero di sbagliarmi, ma la vedo dura. Non parlo della linea del Garante, ma della sua possibilità di successo. Sì, perché – come dicevo sopra – il nuovo pronunciamento del Garante della Privacy, di fatto, ribadisce i contenuti di un provvedimento già esistente, varato lo scorso febbraio (e pubblicato in marzo sulla G.U.) e rivolto agli operatori telefonici, a cui si prescriveva l’attuazione entro maggio 2006 di “specifiche misure per contrastare prassi illegittime come appunto l’attivazione di contratti, schede o servizi telefonici non richiesti dagli utenti e per evitare le telefonate di disturbo”.

In particolare – sottolinea il comunicato diffuso ieri dal Garante con riferimento a quel provvedimento – veniva stabilito che i gestori telefonici e call center devono contattare persone solo se queste hanno manifestato un preventivo consenso a ricevere chiamate e comunicazioni promozionali (consenso indicato da appositi simboli sugli elenchi telefonici); devono sempre spiegare agli interessati da dove sono stati estratti i dati personali che li riguardano; devono rispettare la volontà degli utenti di non essere più disturbati con offerte promozionali. Gli utenti possono comunque esigere di far cancellare i loro dati dal data base del call center nel quale siano stati indebitamente inseriti.

Risultato?

“Sulla base delle segnalazioni pervenute, ma anche del monitoraggio effettuato dalla stessa Autorità in questi mesi, non risulta tuttavia che il fenomeno si sia significativamente ridotto”.

Ora il Garante dichiara di voler arginare il fenomeno proseguendo “sulla strada delle sanzioni amministrative nei casi di violazione” e intensificando l’attività di controllo, avviando accertamenti ispettivi “in collaborazione con la Guardia di Finanza”. “Nei casi in cui emergesse che società telefoniche e call center raccolgono dati in violazione delle norme – conclude il Garante – o contattano utenti in modo illecito (specie quando sia stata registrata la loro volontà di non esser più disturbati), l’Autorità adotterà anche provvedimenti di divieto del trattamento dei dati”. Una “minaccia” che, a onor del vero, è stata formulata anche in provvedimenti precedenti, ma che evidentemente non ha spaventato molti soggetti finora.
“Il Garante si è riservato, infine, eventuali altre iniziative  riguardo le regole alle quali devono sottostare i call center affinché i diritti dei cittadini vengano pienamente rispettati” riferisce il comunicato del Garante.

Vedremo, ora, se la situazione cambierà. Io ricomincerò a tenere il conto delle telefonate che riceverò.

 
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Pubblicato da su 29 dicembre 2006 in news

 

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Buon Natale

Buon Natale a tutti!!!

 
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Pubblicato da su 25 dicembre 2006 in news

 

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Chi è senza peccato, scagli il primo bit

Lo dico subito, onde evitare fraintendimenti: quella delle confessioni on line è una bufala e basta. Ma andiamo con ordine.

Leggo dal quotidiano Libero una notizia (a firma di Luigi Santambrogio) che mi stupisce non poco:

È sicuramente la new entry del mese, l’ultima voce della collezione “Ecclesia stupidorum”, il volumone delle santissime scemenze a cura di preti, vescovi, fra’ balossi e para santini che un giorno o l’altro qualcuno dovrebbe mettere per iscritto. Lo stupidario uscito dal breviario di questi (gran) sacerdoti dell’assurdo basterebbe a compilare una poderosa Treccani dello “strano ma sacro” che dai turiboli italiani sale come incenso fino all’alto dei cieli (e chiama vendetta al cospetto di Dio). Ma andiamo con ordine e cominciamo dai fatti che, si sa, battono da sempre la più matta delle fantasie. E i fatti in questione accadono a Pavia, nobile capoluogo lombardo, fra risaie, zanzare e uve da prosecco. È qui che don Gianfranco Poma (classe 1938) e padre Franco Tassone (1962) hanno avuto l’idea folgorante e high tech che, a parere del duo telematico, dovrebbe cambiare la vita alle loro pecorelle: il servizio di confessione via internet, la dichiarazione dei peccati on line (…)

Alt! Fermi tutti. Ma cos’è ‘sta roba? Una notizia? Sembrerebbe di sì. Su Panorama  (ma ci casca anche il Corriere) trovo come funzionerebbe questo presunto servizio:

COME FUNZIONA
L’innovativo sistema è attivo 24 ore su 24 e si basa sull’utilizzo della posta elettronica. Per poter accedere la servizio, il “peccatore” intenzionato a redimersi deve prima prendere contatti diretti con i promotori dell’iniziativa. Questi ultimi provvederanno a fornire all’interessato l’indirizzo e-mail a cui inoltrare, via web, le proprie mancanze. I due sacerdoti promettono risposte tempestive e fanno già sapere che le caselle di posta elettronica vengono controllate con periodicità e più volte al giorno. Le prime reazioni sull’argomento oscillano tra la perplessità e il dubbio. D’altronde il mezzo utilizzato appare poco sicuro ed è lo stesso su cui viaggiano spam, pubblicità e virus. Don Gianfranco e padre Franco, però, si mostrano ottimisti e, fiduciosi, sostengono che il servizio servirà a riavvicinare alla chiesa e al rito della confessione numerose “pecorelle smarrite”.
COME “REDIGERE” I PROPRI PECCATI
Le più classiche forme ed espressioni verbali vengono quindi sostituite da nome utente e password. Una volta entrati, i navigatori in via di pentimento sono obbligati a rispondere a una serie di domande legate anche alle abitudini religiose e alla vita sociale (iscrizioni ad associazioni, capacità di dialogo con i non credenti o le altre religioni).
Segue la confessione vera e propria. A disposizione ci sono dalle 1000 alle 3500 battute, seguendo un’importante ordine: prima i peccati mortali e poi quelli veniali. Per gli utenti in imbarazzo o poco abituati al mezzo è disponibile, sul sito della parrocchia, un elenco delle colpe. Per concludere il rito, basta cliccare su una scritta lampeggiante rossa indicata dalla parola «Amen» e aspettare che sullo schermo compaia il segno della confessione. Verrà inoltre indicato il giorno e l’ora fissati per passare in Chiesa e ritirare la propria assoluzione.

La notizia ha un sapore a dir poco bufalino: la confessione si identifica nel sacramento della Penitenza. Nessuno ha mai pensato di farla per telefono, ne’ per lettera… com’è possibile che qualcuno possa prendersi la briga di virtualizzarla? Ad accantonare la mancanza di buon senso di chi ha diffuso questa notizia, ecco una smentita ufficiale:

Confessione on line, Mons. Poma a GRT: “Sconcertato, notizia priva di fondamento”>(AGENZIA GRT) E’ priva di fondamento la notizia riportata questa mattina dal quotidiano Libero, secondo la quale due sacerdoti di Pavia, mons. Gianfranco Poma e padre Franco Tassone, avrebbero ideato la cosiddetta “confessione-on line” come sostituzione del normale sacramento. A confermarlo ai microfoni di GRT è lo stesso Mons. Gianfranco Poma: “Sono sconcertato, non capisco come sia possibile arrivare a pubblicare notizie del genere, visto che la confessione è un atto talmente profondo e privato che non è possibile realizzarlo tramite un computer. La rete – continua Mons. Poma – è uno strumento fantastico, utilizzabile per consigli, problemi personali, scambi di iniziative, ma di certo non per confessare le persone”.

Inutile dire (ma lo faccio ugualmente) che anche don Franco Tassone, responsabile della Comunità Casa del Giovane, smentisce inequivocabilmente la notizia ai microfoni di Radio PNR: “Noi non abbiamo cambiato tradizione. Sappiamo però che la gente ha tanto bisogno di essere ascoltata, in questo clima di accelerazione in cui la gente fa tanto fatica a parlare, che abbiamo creato un’associazione di Preti On Line, per esprimere questo desiderio di ascoltare le persone anche tramite un indirizzo di posta elettronica e una disponibilità, secondo le competenze di tanti sacerdoti, di rispondere anche in breve tempo alle loro necessità. Ma non si può confondere uno strumento di accompagnamento, di cura e di ascolto, con il sacramento. Nel sacramento c’è la grazia di Cristo, nella mail c’è soltanto il byte e il numero di battute che ci permettono di dire a uno coraggio, con una pillola di saggezza, ce la puoi ancora fare nel tuo cammino”.

Per cui, concludo io, non si tratta (come scriveva Libero) dell’ultima voce della collezione “Ecclesia stupidorum”, ma di una semplice figuraccia giornalistica.

 
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Pubblicato da su 20 dicembre 2006 in media, Mondo, news

 

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Perle virali di tecno-giornalismo

Quando giornali e telegiornali si affannano a dare notizie che richiedono una competenza diversa da quella richiesta dalla cronaca consueta (come quando si parla di argomenti tecnologici), ecco emergere delle autentiche perle. Ne segnalo due.

La prima viene dal Tg5, che ho seguito con i miei occhi e le mie orecchie, ma ringrazio Paolo Attivissimo che, con il suo post, mi permette di fare copia+incolla per la fedele trascrizione di un servizio andato in onda ieri sera:

Avete presente le autostrade durante i periodi di vacanza? Tante macchine tutte in fila e nessuno che si muove di un centimetro? Ebbene, questa è la situazione che si sta verificando in questi giorni nella grande autostrada della rete Internet italiana. Collegamenti impossibili, posta elettronica difficile da inviare. Insomma, tutti fermi. Un fenomeno solo italiano, a quanto pare, dovuto a file cattivi che stanno infestando i computer nostrani. Spyware, programmi che si infiltrano e spiano le abitudini, malaware che provocano danni, o adware che ci inondano di pubblicità non desiderata. Sono parenti dei virus più aggressivi, e l’infezione si trasmette proprio navigando in Rete. Scaricando programmi che sembrano innocui, si installano sul computer anche quelli dannosi, e così i programmi da una sola postazione riescono a moltiplicare all’infinito gli accessi alla Rete, e il sistema va in tilt. Il problema è così sentito che Telecom, gestore di importanti server italiani, ha istituito un numero, 19122, che fornisce soluzioni tecniche adeguate, che poi sono sempre le stesse: un buon antivirus, da lanciare di tanto in tanto, giusto per fare un po’ di pulizia.

1) E’ vero, i file che sembrerebbero all’origine di questo degrado di qualità della connettività non sono certo buoni. Ma come si fa a parlare di file cattivi? Io avrei preferito malevoli, che in realtà non è un termine migliore, ma almeno suona meglio.

2) Cosa sono i malaware, i software della mala? Forse si intendeva parlare di malware. Ma non sono già stati citati come file cattivi?

3) Meno male, c’è qualcuno che – interpellato al telefono al 191.2.2 da utenti assaliti dal panico – fornisce rasserenanti quanto ovvie indicazioni. Perché il servizio sembra dire così, quando dice “soluzioni tecniche adeguate, che poi sono sempre le stesse”. Due domande sorgono spontanee:

a) Ma se sono sempre le stesse, che necessità ho di farmele ripetere?

b) Ho un buon antivirus, aggiornatissimo, faccio la scansione (“un po’ di pulizia”) tutti i giorni e il mio computer risulta già pulito. Perché vado così lento? “E’ un problema generalizzato, stanno lavorando per risolverlo” mi rispondono dal 191.2.2. E probabilmente è l’utile risposta che danno a molti utenti.
Ok, vado con la seconda. Che se non venisse dall’Ansa sembrerebbe quasi una barzelletta già dal titolo:

Virus informatico infetta ospedale

Colpiti laboratorio analisi e macchine radiologiche

(ANSA) – MILANO, 13 DIC – Un ospedale viene infettato da un virus, ma non e’ un caso di malasanita’. Semplicemente perche’ si tratta di un virus informatico. La ‘vittima’ e’ la Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena di Milano. Il virus non ha compromesso referti o dati sensibili relativi ai pazienti. Colpite invece le macchine radiologiche e alcuni dispositivi del laboratorio analisi. Non si tratta di hacker; all’origine potrebbe esserci l’obsolescenza di alcune postazioni di lavoro.

Solo una riflessione su “colpite invece le macchine radiologiche e alcuni dispositivi del laboratorio analisi”. Caspita, si sono infettati dispositivi e strumenti!!!

 
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Pubblicato da su 13 dicembre 2006 in news

 

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