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Perché sfruttare i social per boicottare chi lavora?

Chi esorta a boicottare un’azienda perché è stata visitata da un politico (indipendentemente dal suo “colore”) non solo non sa davvero come gira il mondo, ma ne ignora proprio le basi.

Se siete contro un personaggio politico, organizzate una protesta contro di lui. Dal vivo, di persona, presentatevi di persona e non nascondetevi dietro uno smartphone: è fuori da ogni realtà chi esorta gli italiani a boicottare la Rummo S.p.A. solo perché Matteo Salvini le ha fatto visita nel suo ruolo istituzionale di vicepresidente del consiglio e ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Non sottovalutate mai la potenza e le possibili conseguenze di un’iniziativa social che punta al boicottaggio di un’azienda. In questo caso si tratta di un pastificio che dà lavoro a circa 170 dipendenti e una cinquantina di collaboratori. Come ho scritto in un post precedente, (in occasione del Pandoro-gate in cui il bersaglio erano Chiara Ferragni la Balocco) è da irresponsabile esortare le persone a non acquistare Pasta Rummo: dietro ogni lavoratore c’è una famiglia, perché danneggiarla se alla base c’è un lavoro onesto? Dietro ogni azienda c’è un prodotto, e se è di qualità ed è realizzato onestamente, perché boicottarlo?

Se dal palco dei social network invitate gli italiani a non acquistare i prodotti di questa azienda (per motivi stupidi, soprattutto perché inesistenti) contribuite a creare un danno concreto a molte persone, solamente perché quell’azienda ha aperto le sue porte ad una carica dello Stato. Che, lo ribadisco, non importa quale “colore politico” rappresenti: in quel momento rappresenta un’Istituzione ed è lì per esaltare il frutto del lavoro dell’azienda.

Fate attenzione a non “polarizzare” questioni di interesse collettivo. Ragionate, ci vuole davvero poco a capirlo!

 
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Pubblicato da su 23 gennaio 2024 in news

 

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Pandoro-gate, chi boicotta non fa giustizia

Sono da sempre contrario alle reazioni eccessive che sono conseguenza di vicende sgradevoli come quella del Pandoro-gate, per cui quando sento parlare – come in questi giorni – di boicottaggi organizzati contro aziende senza colpe, che danno lavoro a tante persone, credo che il discorso prenda pieghe decisamente sbagliate.

Il Pandoro-gate nasce dagli effetti di una campagna commerciale organizzata dall’industria dolciaria Balocco con le società Fenice e TBS Crew, che gestiscono attività, marchi e diritti relativi a Chiara Ferragni. Sono queste le aziende colpite dalle sanzioni dell’Antitrust per pratica commerciale scorretta, per motivazioni abbondantemente spiegate nel testo del provvedimento. Mi spiace sinceramente dirlo, ma se avete tempo e pazienza di leggerlo credo converrete con me che lasci davvero poco margine all’interpretazione o alla fantasia. Soprattutto nelle trascrizioni dei vari messaggi e-mail intercorsi tra le aziende interessate, emerge in modo abbastanza netto l’intento esplicito di far passare il messaggio che le vendite del pandoro avrebbero sostenuto l’iniziativa benefica per l’Ospedale Regina Margherita di Torino. Sono inoltre la stessa Chiara Ferragni e Alessandra Balocco ad essere iscritte dalla Procura di Milano nel registro degli indagati con l’ipotesi di truffa aggravata, ipotesi che personalmente credo ponga un carico davvero eccessivo sopra tutta la vicenda.

Sono molte le aziende che hanno rapporti commerciali con le società del gruppo che fa capo a Chiara Ferragni e alcune di queste (Coca-Cola, Safilo, Monnalisa) hanno deciso o stanno valutando di interrompere i progetti in corso. C’è la possibilità che nuove aziende si aggreghino e seguano questa strada, così come non è da escludere che altre preferiscano invece mantenere i rapporti, forse in attesa di conoscere i risultati di ulteriori accertamenti da parte delle autorità competenti, che potrebbero anche stabilire l’innocenza delle persone indagate.

Per questo motivo trovo fuori luogo ed eccessivo che – come emerge da una ricerca realizzata da SocialData – molte persone, per esprimere il proprio dissenso, invitino via social a boicottare i brand delle aziende che hanno scelto di collaborare con Chiara Ferragni, anche in rapporti di collaborazione che hanno avuto luogo in passato: se è legittimo esprimere la propria opinione e mettere in discussione le decisioni prese in questo senso da un’azienda, non è altrettanto legittimo sfruttare la propria visibilità online per invitare i consumatori al boicottaggio ai danni di aziende che lavorano correttamente, si fanno pubblicità in modo lecito e danno lavoro a tante persone. In questa’ottica non è corretto prendere di mira nessuno e quindi ovviamente neppure Balocco, che nel provvedimento dell’Antitrust risulta anzi aver subìto le decisioni dei suoi partner commerciali, nel rispetto delle condizioni contrattuali che prevedevano che l’ultima parola, sul piano della comunicazione, spettasse a Fenice e TBS Crew.

Certo, è molto facile cedere alla tentazione di “fare giustizia”, soprattutto per certi leoni da tastiera che si fermano ai titoli e non approfondiscono, e che in questo caso puntano a colpire l’attività di aziende che potrebbero subire seri danni senza un reale motivo. Ma poi… giustizia per cosa?

 
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Pubblicato da su 11 gennaio 2024 in news

 

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