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Perché sfruttare i social per boicottare chi lavora?

Chi esorta a boicottare un’azienda perché è stata visitata da un politico (indipendentemente dal suo “colore”) non solo non sa davvero come gira il mondo, ma ne ignora proprio le basi.

Se siete contro un personaggio politico, organizzate una protesta contro di lui. Dal vivo, di persona, presentatevi di persona e non nascondetevi dietro uno smartphone: è fuori da ogni realtà chi esorta gli italiani a boicottare la Rummo S.p.A. solo perché Matteo Salvini le ha fatto visita nel suo ruolo istituzionale di vicepresidente del consiglio e ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Non sottovalutate mai la potenza e le possibili conseguenze di un’iniziativa social che punta al boicottaggio di un’azienda. In questo caso si tratta di un pastificio che dà lavoro a circa 170 dipendenti e una cinquantina di collaboratori. Come ho scritto in un post precedente, (in occasione del Pandoro-gate in cui il bersaglio erano Chiara Ferragni la Balocco) è da irresponsabile esortare le persone a non acquistare Pasta Rummo: dietro ogni lavoratore c’è una famiglia, perché danneggiarla se alla base c’è un lavoro onesto? Dietro ogni azienda c’è un prodotto, e se è di qualità ed è realizzato onestamente, perché boicottarlo?

Se dal palco dei social network invitate gli italiani a non acquistare i prodotti di questa azienda (per motivi stupidi, soprattutto perché inesistenti) contribuite a creare un danno concreto a molte persone, solamente perché quell’azienda ha aperto le sue porte ad una carica dello Stato. Che, lo ribadisco, non importa quale “colore politico” rappresenti: in quel momento rappresenta un’Istituzione ed è lì per esaltare il frutto del lavoro dell’azienda.

Fate attenzione a non “polarizzare” questioni di interesse collettivo. Ragionate, ci vuole davvero poco a capirlo!

 
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Pubblicato da su 23 gennaio 2024 in news

 

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Rousseau e il sondaggio elettronico

Tocco solamente per aspetti tecnici l’argomento Rousseau, intendendo indicare con tale nome ovviamente la Piattaforma Rousseau, il “sistema operativo” del MoVimento 5 Stelle, utilizzato ieri dalle 10 del mattino per la consultazione popolare riguardo all’autorizzazione del tribunale di Catania a procedere nei confronti di Matteo Salvini, vicepresidente del consiglio e ministro dell’Interno, per l’accusa di sequestro di persona per il caso della Nave Diciotti.

Tecnicamente nella giornata di ieri sulla piattaforma sono stati rilevati svariati problemi tecnici, dalla lentezza alla vera e propria impossibilità ad accedere: inizialmente previste dalle 10 alle 19, le operazioni di consultazione sono state spostate di un’ora (e quindi aperte dalle 11 alle 20) per poi essere ulteriormente prorogate fino alle 21.30. Problemi dovuti verosimilmente ad una notevole affluenza – cioè ad un numero di richieste da parte degli utenti – sicuramente superiore alle capacità ricettive del sistema (problemi simili erano già stati rilevati in altre occasioni). Le difficoltà potrebbero anche essere state causate da un attacco informatico (anche qui ci sono dei precedenti, ricordiamo gli attacchi degli hacker EvaristeGalois e R0gue0, che era riuscito ad accedere alla piattaforma, prelevandone dati poi pubblicati), ma al momento l’ipotesi più accreditata è che si sia trattato di problemi dell’infrastruttura, apparentemente non in grado di sostenere operazioni di voto elettronico rivolte a decine di migliaia di utenti. Dopo le 15.30 è stata confermata l’operatività e la raggiungibilità del sistema.

Non mi interessa commentare le polemiche, rilevo solamente che – da quanto dichiarato ufficialmente – alle operazioni hanno partecipato 52.417 iscritti in una sola giornata. L’affluenza non deve rappresentare un problema in contesti simili. Se l’entità di questo riscontro costituisce realmente un problema per la piattaforma Rousseau, significa che la sua infrastruttura non è tecnicamente adeguata a gestire questo numero di richieste e utilizzarla per operazioni consultive, le definisco così senza parlare esplicitamente di “voto elettronico”, poiché ritengo che questo richieda ben altro livello di sicurezza per garantire certezza e anonimato, cioè oggettività che oggi non vedo raggiungibili, indipendentemente dalla tecnologia impiegata, neanche con la blockchain. Rimango dell’idea che operazioni di questo tipo possano essere definite “sondaggio”.

 

 
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Pubblicato da su 19 febbraio 2019 in news

 

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