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Il Rapporto Caio è nelle mani del Governo

Francesco Caio ha consegnato al Governo l’atteso Rapporto sullo sviluppo della banda larga in Italia, come segnala il Sole 24 Ore. Il documento prefigura tre possibili scenari: il Governo dovrà scegliere (parola grossa, ma obbligatoria) quale obiettivo porsi e individuare una strada da percorrere per conseguirlo. Le possibilità previste da Caio sono tre:
  • la conquista della leadership europea in cinque-sei anni, obiettivo raggiungibile anche attraverso lo scorporo della rete da Telecom, con la costituzione di un’azienda per la gestione della rete “che permetterebbe la copertura di cento città arrivando nel 50% delle case grazie ad un piano nazionale”. Una rete Ftth (fibre-to-the-home) point to point in fibra e rame (l’obiettivo che questo rapporto considera come raggiungibile, con il massimo dell’impegno, per la serie “Visto cosa sa fare l’Italia?”);
  • un Paese al passo con l’Europa, dotato di una rete in fibra di nuova generazione che raggiunga il 25% delle case (come a dire “in Europa ci siamo anche noi”);
  • una configurazione flessibile con un investimento pubblico limitato e la copertura di 10-15 città, da raggiungere con la realizzazione di reti locali in fibra in partnership con società private (una testimonanza di vitalità… “Ehi mondo, siamo ancora vivi”).

Si dovrà dunque scegliere quale strada percorrere se si vuole avere un ruolo da protagonista, da comprimario o da comparsa.

Un’osservazione: a quanto riferisce Radiocor, il primo obiettivo dichiarato – ambizioso fin dalla sua descrizione – ipotizza l’eventualità del tanto discusso scorporo. Non è la strada, ma una delle strade possibili, sulla quale però sappiamo già che Telecom Italia potrebbe avere qualcosa da obiettare: proprio a questo riguardo, infatti, la scorsa settimana l’amministratore delegato Franco Bernabé aveva detto “Sono ipotesi fantasiose”. Se il governo dovesse ritenere opportuno scegliere questa ipotesi, ho l’impressione che le previsioni sui tempi di attuazione (cinque-sei anni) siano troppo ottimistiche…

 
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Pubblicato da su 13 marzo 2009 in media, telefonia, TLC

 

DDL Carlucci, tutto chiaro? No

Nella fattispecie la stesura di una prima bozza della proposta di legge sarebbe stata sollecitata dalla stessa Carlucci, e Davide Rossi avrebbe collaborato a titolo personale, fruendo del tempo libero ed utilizzando un laptop che ha lasciato nel file la firma Univideo.

E’ la spiegazione ufficiale fornita “a stretto giro di post” da Davide Rossi, presidente – tra l’altro – di Univideo, e  riportata da Webnews in relazione a quanto emerso nelle scorse ore sulla proposta di legge dell’onorevole Gabriella Carlucci, di cui ho scritto anche ieri.

Per Mytech, Piero Babudro è riuscito a fare quattro chiacchiere con Davide Rossi, ottenendo nientemeno quella che dovrebbe essere la ratio ufficiale del provvedimento:

L’intento – come ci ha spiegato Rossi – è consentire a chi trova sul web foto o video che considera lesivi della propria immagine di richiedere all’autore l’immediata cancellazione, senza passare per la magistratura o per altre azioni ‘forti’. A questo punto entrano in gioco le procedure di identificazione di chi vuole pubblicare in Rete: a titolo di esempio, si potrebbe pensare a qualcosa di simile alla posta certificata, che già oggi consente di mandare e-mail con valore legale. Quanto ai siti web ospitati da server italiani, lo scopo di questa proposta è di farli diventare responsabili di eventuali contenuti anonimi postati (anche dall’estero), sullo stesso principio dei quotidiani o di altri organi di informazione.

Al tempo: Gabriella Carlucci ha dichiarato che questo discusso provvedimento è finalizzato a contrastare la pedopornografia. Queste dichiarazioni parlano invece di tutela dell’immagine e di divieto di pubblicazione di contenuti anonimi. Sbaglio o si tratta di due concetti ben diversi?

Spero davvero si possa arrivare ad un provvedimento concepito con l’ausilio di esperti del settore, onde evitare di correre rischi causati da fenomeni di legiferatio precox. In Italia non ne abbiamo certo bisogno.

 
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Pubblicato da su 10 marzo 2009 in Internet, Ipse Dixit, media, news

 

Potenza della pirateria

Quattro anni di attesa e il nuovo album degli U2, come è noto, è finito su BitTorrent qualche settimana prima dell’uscita ufficiale del 3 marzo. Niente di sorprendente, dato che già la scorsa estate ben quattro registrazioni di altrettanti brani del nuovo album No line on the horizon erano stati pubblicati su YouTube.

Ed ecco oggi le nefaste conseguenze di questi scellerati atti di pirateria dopo una settimana di commercializzazione ufficiale (titoli tratti stasera da Google News):

  • Musica, gli U2 subito primi nelle classifiche – Fondazione Italiani – 9 marzo 2009 – Gli U2 subito al comando della classifica dei dischi più venduti nella settimana dal 27 febbraio al 5 marzo. Continua comunque l’effetto
  • U2 NUMERI 1 –  MTV Italia – Il loro nuovo album – “No Line On The Horizon” – ha raggiunto il primo posto della classifica dei dischi più venduti in Gran Bretagna.
  • U2 subito primi in classifica A luglio saranno a Milano – Il MessaggeroROMA (9 marzo) – Gli U2 risultano subito primi nella classifica Fimi-Nielsen, alla vigilia dell’uscita in Italia del loro ultimo album No Line On The Orizon
  • MUSICA: CLASSIFICHE, GLI U2 SUBITO PRIMI – Libero-News.it – Roma, 9 mar. (Adnkronos) – Nel giorno in cui si attende la comunicazione ufficiale delle date del loro nuovo tour, che dovrebbe toccare a luglio anche
  • MUSICA: HIT PARADE, GLI U2 SBARAGLIANO SANREMO – AGI – Agenzia Giornalistica Italia – (AGI) – Roma, 9 mar. – C’e’ tanto Sanremo nelle classifiche italiane di vendita dei dischi ma la prima posizione nella graduatoria degli album piu’ venduti

 
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Pubblicato da su 9 marzo 2009 in Internet, media, Mondo, news

 

Facebook? Un pretesto per licenziare

Sembra piuttosto inverosimile che Kimberly Swann, giovane impiegata inglese, sia stata licenziata dall’azienda di Clacton (Inghilterra), per aver definito “noioso” il proprio lavoro nel proprio status su Facebook.

Secondo quanto riportato dalla stampa, i suoi superiori avrebbero deciso di interrompere il rapporto di lavoro dopo aver letto alcuni commenti per nulla entusiastici lasciati dalla giovane segretaria, che ha solo 16 anni. Frasi come “Kimberly, primo giorno di lavoro omg (Oh my God, o mio Dio), così noioso” e “Kimberly, tutto quello che fa è macinare fotocopie e fare fotocopie” hanno scatenato l’ira del direttore, che l’ha licenziata perché non voleva che il nome della sua società fosse screditato e messo alla berlina. Per la cronaca, si tratta della Ivell Marketing & Logistics.

Probabilmente dietro a questo licenziamento c’è dell’altro. Ma quando il mostro da sbattere in prima pagina è un social network o Internet, la gara tra i media è sempre aperta.

 
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Pubblicato da su 28 febbraio 2009 in media, Mondo, news

 

Browsing Wired

In questi giorni sto sfogliando il primo numero dell’edizione italiana di Wired, arrivato dopo sedici anni di quell’affascinante Wired sognato, fondato e curato da Louis Rossetto e lanciato insieme a Nicholas Negroponte.

Non sono un editore, ne’ il direttore di una rivista e non ho particolari esperienze editoriali. Probabilmente per questo motivo, nella mia impreparazione in materia, non avrei scelto di affidare alla foto di Rita Levi Montalcini l’immagine di copertina del numero di debutto. E lo dico nonostante anch’io (come Massimo Mantellini) abbia trovato bella l’intervista di Paolo Giordano, che – al netto di alcuni contenuti biografici e scientifici – trasmette di RLM un ritratto umano affascinante, sorprendente e senza età, nonostante cento intensi anni di vita non possano essere ignorati nemmeno per pochi attimi. Forse (de gustibus…) avrei scelto come copertina il grattacielo a piani rotanti di David Fisher, un impressionante progetto made in Italy, anche se sarà eretto negli Emirati Arabi (Fisher vive a Firenze, i piani saranno costruiti in Puglia, a Dubai sarà solamente assemblato).

Premesso questo, aprendo e sfogliando la rivista, l’impressione che traggo è un mix di reazioni contrastanti: sapevo già che non sarebbe stata una traduzione di Wired, ma un’edizione concepita per il pubblico italiano, per cui l’ho letto con molte aspettative. Dentro c’è molto e devo dire che ho trovato servizi decisamente interessanti, leggendone alcuni sono stato anche favorevolmente colpito, ma in questo Wired italiano il lettore si imbatte anche in pagine che, per contenuti e/o veste grafica, potrebbero facilmente trovare posto su magazine differenti e dal carattere meno tech. C’è inoltre un carico pubblicitario cospicuo, forse troppo eterogeneo (non targettizzato per il lettore di Wired) e per questo sono certo che qualcuno ne sarà irritato, ma temo si tratti di uno scotto inevitabile da pagare: anche al più ambizioso progetto editoriale di una rivista su carta, oggi più che mai, sarebbe impossibile reggersi sulle proprie gambe con i soli proventi derivanti dall’acquisto in edicola o dagli abbonamenti. E anche in queste condizioni non sarà facile stare a galla perché, come dice Negroponte, “il futuro è digitale”.

Credo sia inverosimile attenderci dalla costola italiana di Wired il carattere di rivoluzionarietà (se si può dire così) che ha avuto fin dagli esordi l’edizione nata negli States, ma a mio avviso il progetto di italianizzazione è ammirevole: questo primo numero è il primo passo di un cammino iniziato mesi e mesi fa, e non è certo il traguardo. Per questo motivo ritengo si tratti di un valido punto di partenza e mi aspetto piacevoli sorprese nei prossimi mesi. Sarebbe sorprendente che il Wired cartaceo fosse anche longevo.

 
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Pubblicato da su 23 febbraio 2009 in media, Mondo, news

 

Per me Sanremo 09 finisce qui

Non so se l’idea sia stata di Bonolis in quanto direttore artistico, ma l’esibizione offerta stasera dalla PFM che – come ospite – ha cantato Bocca di Rosa e Il pescatore condividendo il palco con Stefano Accorsi e Claudio Santamaria, coinvolgendo platea e galleria dell’Ariston, per me è stata davvero qualcosa di grandioso.

 
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Pubblicato da su 18 febbraio 2009 in media, Mondo

 

Face-ToU ballet

Sembra ieri che in rete si discuteva della sparizione di un paragrafo importante dei Terms Of Use di Facebook, quella sezione della licenza che spiegava che i contenuti pubblicati potevano essere rimossi senza alcun vincolo, rimanendo di proprietà degli utenti anche qualora avessero eliminato il proprio account. La rimozione – senza preavviso ne’ avviso – di quel paragrafo ha portato tutti a ritenere che il noto social network volesse far proprio tutto quel materiale, con i dati personali degli utenti, per fini di puro business.

La notizia è circolata in rete sollevando un giustificato polverone che ancora non si è posato, ma… coup de théâtre: la poderosa voce degli utenti non è rimasta inascoltata. in questo momento, rileggendo le condizioni di utilizzo, ritroviamo infatti il paragrafo rimosso alcuni giorni fa.

You may remove your User Content from the Site at any time. If you choose to remove your User Content, the licence granted above will automatically expire, however you acknowledge that the Company may retain archived copies of your User Content. Facebook does not assert any ownership over your User Content; rather, as between us and you, subject to the rights granted to us in these Terms, you retain full ownership of all of your User Content and any intellectual property rights or other proprietary rights associated with your User Content.

Facebook è dunque tornata sui propri passi, ripristinando le condizioni di licenza precedenti. Mark Zuckerberg ha spiegato che ciò è avvenuto proprio per le perplessità manifestate dagli utenti negli ultimi giorni. Il passo indietro – a suo dire – vuole riportare la tranquillità, mentre l’azienda si impegna a sciogliere ogni dubbio con condizioni più chiare e, auspicabilmente, all’insegna della trasparenza. Il risalto che si vuol dare all’ultimo update delle condizioni di utilizzo è tale che Facebook ne da’ notizia nella Home di ogni utente:

faceterms

La mossa è stata molto opportuna, per almeno tre validi motivi. Il primo: con il ritorno alla situazione precedente il clamore si può stemperare. Il secondo: Facebook correva il rischio di dover far fronte ad un’insurrezione di massa di una parte cospicua dei suoi utenti (nel mondo, ad oggi, sono oltre 175 milioni), la cui sparizione avrebbe comportato un danno gravissimo. Il terzo: riuscire ad evitare di avere il fiato della FCC sul proprio collo è sempre vantaggioso…

Però teniamo sempre presente due cose: in primis è importante che l’utilizzo dello strumento di comunicazione sia consapevole, perché ciò che si pubblica su Facebook non è visibile solamente a persone che godono della nostra fiducia. In secondo luogo, teniamo presente che se qualcuno vuole utilizzare i dati da noi pubblicati a scopo di marketing, ce lo deve chiedere.

 
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Pubblicato da su 18 febbraio 2009 in Internet, media, Mondo, news

 

Facebook: scripta manent

Da qualche giorno, dai Terms Of Use (le condizioni d’uso) di Facebook sono scomparse alcune frasi di una certa rilevanza e la cosa ha allarmato gli utenti che se ne sono accorti, o che ne hanno avuto notizia. Questo (che posso riportare grazie a quanto segnalato da Giovy) è ciò che diceva la licenza fino all’inizio di febbraio:

You may remove your User Content from the Site at any time. If you choose to remove your User Content, the license granted above will automatically expire, however you acknowledge that the Company may retain archived copies of your User Content. Facebook does not assert any ownership over your User Content; rather, as between us and you, subject to the rights granted to us in these Terms, you retain full ownership of all of your User Content and any intellectual property rights or other proprietary rights associated with your User Content.

In pratica si dice che ogni utente può rimuovere a propria discrezione i contenuti pubblicati e benché l’azienda (Facebook) possa mantenere in archivio copie di tali contenuti, non farà valere diritti di proprietà su qualsiasi Contenuto e l’utente conserva la piena proprietà di tutti i suoi contenuti, inclusi i diritti di proprietà intellettuale o altri diritti di proprietà associati. Una condizione abbastanza chiara, e che ora è stata rimossa.

Il risultato di questa variazione appare altrettanto chiaro, come ha efficacemente riassunto ieri Luca De Biase sulla base di quanto evidenziato anche da Consumerist.com:

A fronte del divertimento di usare la sua piattaforma, Facebook d’ora in poi si appropria dei contenuti degli utenti. E ne può fare ciò che vuole. Per sempre. Anche quando le persone volessero rimuoverli.

Il rumore suscitato in rete da questa modifica delle condizioni d’uso è notevole e non poteva sfuggire a Mark Zuckerberg, il papà di Facebook, che ha fornito le sue  motivazioni, come rileva ancora una volta Luca:

In sostanza, dice Zuckerberg, il cambiamento serve ma non è facile da spiegare. E’ vero che ora i contenuti prodotti dagli utenti non spariscono quando questi si cancellano da Facebook. Ma questo è motivato dal fatto che devono poter restare negli spazi dei loro “amici”. Come una mail ricevuta da una persona resta, anche quando chi l’ha inviata decide di chiudere l’account di posta elettronica dal quale l’ha mandata.
Zuckerberg ammette che tutto questo è complicato. E che gli ci vorranno altri giorni di riflessione per arrivare a spiegare la questione in modo più convincente.
Un utente che elimina il proprio account da Facebook potrebbe anche essere d’accordo sul fatto che i propri contenuti rimangano visibili agli amici, ma a mio avviso il paragone con la posta elettronica regge solo fino ad un certo punto, per tanti motivi, ma per uno in particolare: l’e-mail è una forma di corrispondenza, e in quanto tale mantiene un intrinseco carattere di riservatezza (tutelato dalle normative sulla privacy) e non ha connotati social. Negli intenti dichiarati di Zuckerberg, Facebook è un sistema evoluto di comunicazione tra persone che si conoscono, ma a differenza della posta elettronica, tutto ciò che è stato scritto e pubblicato su quella piattaforma resta su server altrui, mentre la posta elettronica può essere scaricata dai server e mantenuta sul computer dell’utente, che ne può disporre come preferisce.
Per cui – al momento – mi sembra che alle condizioni di utilizzo di Facebook, per quanto riguarda il materiale pubblicato, manchino ancora delle chiare, opportune e doverose precisazioni, non tanto sull’uso che gli utenti possono fare di Facebook, quanto sull’uso che Facebook farà del materiale degli utenti. Precisazioni rese ancor più necessarie dalla prospettiva che i dati degli utenti possano essere utilizzati a scopo di marketing (un aspetto di cui gli utenti dovrebbero essere messi a conoscenza e sottoscrivere esplicitamente).

Fino a quando non ci sarà chiarezza su questo fronte, ma in realtà anche dopo, è opportuno mantenere un atteggiamento consapevole di tutte le possibilità (positive o meno) offerte da questo strumento di comunicazione: molti utenti, quando pubblicano qualcosa, pensano che tanto nel “diario” di FB – che si aggiorna minuto per minuto – tutto scorra e sono convinti che ciò che pubblicano oggi svanirà nel giro di qualche giorno.

Dimenticando che, come disse Caio Titus, verba volant, scripta manent.

 
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Pubblicato da su 17 febbraio 2009 in Blogosfera, Internet, media, Mondo, news, privacy

 

Il fantasma di una notizia

La testata britannica The Sun ha dato risalto ad una non-notizia (che il TgCom ha riportato, ritenendola evidentemente attendibile) basata sul video girato da un dodicenne in casa propria. Il filmato – realizzato con un telefono cellulare – sembra mostrare l’inquietante presenza di un fantasma.

Ovviamente non c’è da stupirsi che un ragazzino realizzi un filmato di questo tipo, giocando con l’obiettivo della fotocamera del telefonino: la cosa che suscita meraviglia è che questo scherzo si trasformi in una notizia da pubblicare sul Sun e che qualcun altro la riproponga, cascandoci mani e piedi. Tra questi, secondo il giornale, c’è anche un membro della British Paranormal Society, secondo il quale il filmato è potenzialmente la migliore immagine di un fantasma che si sia vista da anni!

(segnalata da Paolo Attivissimo)

 
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Pubblicato da su 13 febbraio 2009 in media, news

 

Internet, lucchetti in arrivo?

Ho captato qua e là che in pochi si stanno rendendo conto del pasticciaccio brutto che è avvenuto in Senato con l’approvazione dell’art. 50 bis del DDL “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” , intitolato Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet).

Ora il provvedimento deve passare il vaglio della Camera, ma c’è da augurarsi che ciò non avvenga. Perché? Perché si tratta di un pugno di parole scritte male, come scrive Guido Scorza, parole che minacciano concretamente la libertà di manifestazione del pensiero in Rete.

In sostanza, nell’eventualità che in Internet sia pubblicato un documento (un articolo, un post, una pagina di un sito web o di un social network, eccetera) con contenuti che possano costituire istigazione a delinquere o alla disobbedienza alle leggi, o ancora per delitti di apologia di reato, questo provvedimento impone ai provider di inibire a chiunque l’accessibilità a quel documento. C’è un problema di fondo: a un provider non è possibile bloccare tramite filtraggio l’accesso ad un singolo documento incriminato. Un provider può solamente inibire l’accesso all’intero sito su cui è pubblicato quell’unico documento.

Questo significa, ad esempio, che se in un blog venisse pubblicato un post dai contenuti che l’Autorità giudicasse non legittimi, il provider – per adempiere a tale provvedimento – dovrebbe bloccare l’accesso all’intero blog. Ciò vale anche per la singola pagina di un social network: qualcuno avrà sentito parlare, nelle scorse settimane, della presenza su Facebook di pagine e di gruppi dedicati agli ammiratori di personaggi della malavita. In quel caso – che è poi la miccia che ha fatto esplodere il caso in esame al Parlamento – dal momento che un provider non può inibire agli utenti l’accesso a quelle singole pagine, l’unico modo per farlo sarebbe quello di bloccare a tutti quanti l’accesso a Facebook.

Definire eccessivo questo provvedimento è dire poco. Partendo dal principio che in un sito Internet non deve esistere un contenuto illegittimo (in forma di testo, audio o video), se fosse pubblicato dovrebbe essere fatto rimuovere – a cura di chi gestisce quel sito – in base all’ordinanza dell’Autorità.Ma come si è arrivati al pasticciaccio? Come ha osservato Stefano Quintarelli, interpellato da Punto Informatico:

“l’ICT è un tema specialistico non così ampiamente noto ai parlamentari. Esiste la Fondazione Bordoni che è un thinktank in materia di TLC, che ha sempre lavorato per il ministero delle Comunicazioni.”

“È stata consultata? – si chiede Quintarelli – Non credo proprio che avrebbero espresso parere favorevole a un provvedimento come questo. E se non è stata consultata, sarebbe cosa buona e giusta farlo, per il futuro”.

“Internet è uno strumento di comunicazione – ammonisce Quintarelli – non un’arma di diffusione di massa”.

Il provvedimento appare dunque frutto di una pesante ignoranza. L’ignoranza non è una colpa, ma in questo caso lo è in quanto è alla base di un provvedimento mal scritto, aggravata dal fatto che per la sua stesura il legislatore non si è avvalso degli strumenti di cui disponeva. Gravissimo.

E’ necessario che questo concetto arrivi al più presto ai deputati che siedono alla Camera, chiamati a valutare questo provvedimento. Colpire gli strumenti di comunicazione è un grave errore.

 
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Pubblicato da su 6 febbraio 2009 in Internet, media, Mondo, news

 

Trois… deux… un…

La figura dell’arbitro riscuote sempre consensi contrastanti, ma lui era uno dei pochi davvero amati dal pubblico. Insieme a Guido Pancaldi (anch’egli svizzero) ha formato per anni una coppia inossidabile, davvero un simbolo di Giochi senza Frontiere, che fin dagli anni ’60 trasmetteva ai telespettatori del Vecchio Continente un embrione del concetto di Europa unita. Il mitico Gennaro Olivieri si è spento ieri a Neuchâtel, all’età di 87 anni.

 
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Pubblicato da su 4 febbraio 2009 in media, Mondo, news

 

Facebook? Un campione. Statistico.

Cosa c’è dentro Facebook? 150 milioni di persone, con le proprie identità, dati anagrafici e personali, con tanti collegamenti: amicizie, gusti, orientamenti, passatempi.

Chi c’è dietro Facebook? Il fondatore e amministratore delegato Mark Zuckerberg, uno studente americano che nel 2008 è stato nominato da Forbes “Il più giovane miliardario del mondo”. Con soci, azionisti e collaboratori.

Che uso si può fare di Facebook? L’uso che ne fanno gli utenti lo conosciamo. Ma non sappiamo fino in fondo cosa ci fanno coloro che, per così dire, ne muovono i bit. Be’, a quanto pare il popolo di Facebook sta per diventare un immenso bacino di utenza per ricerche di mercato: da un articolo di Richard Wray sul Guardian si legge infatti che Zuckerberg, inaspettatamente incravattato in occasione del Forum economico mondiale di Davos, ha mostrato alla platea le enormi potenzialità di Facebook come strumento di marketing mirato, ponendo poche domande a gruppi di utenti ben specifici e ottenendo con immediatezza risposte e opinioni.

Niente indagini di mercato, ne’ inchieste telefoniche o interviste. Qualche click e le risposte richieste arrivano a migliaia.

Questo serve a far capire anche agli utenti che di Facebook è necessario fare un utilizzo intelligente. Facciamo attenzione a tutte le informazioni che rilasciamo mentre lo utilizziamo: potrebbero renderci parte di un enorme – e significativo – campione statistico senza che noi ce ne rendiamo conto.

P.S: la stessa cosa succede anche con altri servizi in rete, come i motori di ricerca, ma questo già lo sapevate, no? 😉

 
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Pubblicato da su 2 febbraio 2009 in Internet, media, Mondo, mumble mumble (pensieri), news, tecnologia

 

Google arranking

Un attimo di défaillance può capitare a tutti. Oggi abbiamo scoperto che non ne è immune neppure Google: a metà pomeriggio (intorno alle 16) fare una ricerca attraverso il search engine era praticamente impossibile. Ad ogni input, si riceveva una serie di link – non funzionanti – con l’inquietante indicazione “Questo sito potrebbe arrecare danni al tuo computer”. Gli unici link utilizzabili erano quelli sponsorizzati (!) e questo accadeva persino cercando il termine “Google”:

googletrouble

Un virus? Macchè: “Molto semplicemente, è stato un errore umano”, ha dichiarato la vice-presidente Marissa Mayer in un post pubblicato sull’Official Google Blog, spiegando che alla base di tutto ci sarebbe stato un errore di utilizzo, di gestione o di aggiornamento delle blacklist generate da Stopbadware.org, che a sua volta – tanto per mettere le cose in chiaro – ha fornito la propria versione del fatto in un comunicato molto… dinamico (oggetto di ben quattro update, sintomatici della concitazione generata dal disservizio).

Primi segni di cedimento? E’ presto per dirlo, e d’altronde questo non può essere considerato un sintomo significativo. Ma teniamolo d’occhio, ricordando che non esiste solo Google…

 
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Pubblicato da su 31 gennaio 2009 in Internet, media, Mondo, telefonia

 

Il Facebook che non mi piace

Facebook è uno strumento di comunicazione che ha molti pregi e molti difetti. Uno degli elementi che ne agevolano la diffusione (e che potrebbe essere considerato un pregio) è la sua gratuità, che è basata sulla raccolta pubblicitaria. Peccato che a volte ci si imbatta in inserzioni come questa, che ricorda tanto quegli sgradevoli messaggi che talvolta capita di trovare nella mailbox:

chefacebook

 
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Pubblicato da su 21 gennaio 2009 in Internet, media, Mondo

 

Internet, politica e media

A coloro che si interessano dei rapporti tra politica e media vecchi e nuovi, segnalo un articolo di Jay Rosen che spiega ruolo ed effetti di Internet proprio in tema di politica e media, riassunti nel concetto di vittoria dell’atomizzazione dell’utenza:

Why the Internet Weakens the Authority of the Press (da Mediachannel, via lsdi)

 
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Pubblicato da su 19 gennaio 2009 in Internet, media, Mondo