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Facebook: scripta manent

17 Feb

Da qualche giorno, dai Terms Of Use (le condizioni d’uso) di Facebook sono scomparse alcune frasi di una certa rilevanza e la cosa ha allarmato gli utenti che se ne sono accorti, o che ne hanno avuto notizia. Questo (che posso riportare grazie a quanto segnalato da Giovy) è ciò che diceva la licenza fino all’inizio di febbraio:

You may remove your User Content from the Site at any time. If you choose to remove your User Content, the license granted above will automatically expire, however you acknowledge that the Company may retain archived copies of your User Content. Facebook does not assert any ownership over your User Content; rather, as between us and you, subject to the rights granted to us in these Terms, you retain full ownership of all of your User Content and any intellectual property rights or other proprietary rights associated with your User Content.

In pratica si dice che ogni utente può rimuovere a propria discrezione i contenuti pubblicati e benché l’azienda (Facebook) possa mantenere in archivio copie di tali contenuti, non farà valere diritti di proprietà su qualsiasi Contenuto e l’utente conserva la piena proprietà di tutti i suoi contenuti, inclusi i diritti di proprietà intellettuale o altri diritti di proprietà associati. Una condizione abbastanza chiara, e che ora è stata rimossa.

Il risultato di questa variazione appare altrettanto chiaro, come ha efficacemente riassunto ieri Luca De Biase sulla base di quanto evidenziato anche da Consumerist.com:

A fronte del divertimento di usare la sua piattaforma, Facebook d’ora in poi si appropria dei contenuti degli utenti. E ne può fare ciò che vuole. Per sempre. Anche quando le persone volessero rimuoverli.

Il rumore suscitato in rete da questa modifica delle condizioni d’uso è notevole e non poteva sfuggire a Mark Zuckerberg, il papà di Facebook, che ha fornito le sue  motivazioni, come rileva ancora una volta Luca:

In sostanza, dice Zuckerberg, il cambiamento serve ma non è facile da spiegare. E’ vero che ora i contenuti prodotti dagli utenti non spariscono quando questi si cancellano da Facebook. Ma questo è motivato dal fatto che devono poter restare negli spazi dei loro “amici”. Come una mail ricevuta da una persona resta, anche quando chi l’ha inviata decide di chiudere l’account di posta elettronica dal quale l’ha mandata.
Zuckerberg ammette che tutto questo è complicato. E che gli ci vorranno altri giorni di riflessione per arrivare a spiegare la questione in modo più convincente.
Un utente che elimina il proprio account da Facebook potrebbe anche essere d’accordo sul fatto che i propri contenuti rimangano visibili agli amici, ma a mio avviso il paragone con la posta elettronica regge solo fino ad un certo punto, per tanti motivi, ma per uno in particolare: l’e-mail è una forma di corrispondenza, e in quanto tale mantiene un intrinseco carattere di riservatezza (tutelato dalle normative sulla privacy) e non ha connotati social. Negli intenti dichiarati di Zuckerberg, Facebook è un sistema evoluto di comunicazione tra persone che si conoscono, ma a differenza della posta elettronica, tutto ciò che è stato scritto e pubblicato su quella piattaforma resta su server altrui, mentre la posta elettronica può essere scaricata dai server e mantenuta sul computer dell’utente, che ne può disporre come preferisce.
Per cui – al momento – mi sembra che alle condizioni di utilizzo di Facebook, per quanto riguarda il materiale pubblicato, manchino ancora delle chiare, opportune e doverose precisazioni, non tanto sull’uso che gli utenti possono fare di Facebook, quanto sull’uso che Facebook farà del materiale degli utenti. Precisazioni rese ancor più necessarie dalla prospettiva che i dati degli utenti possano essere utilizzati a scopo di marketing (un aspetto di cui gli utenti dovrebbero essere messi a conoscenza e sottoscrivere esplicitamente).

Fino a quando non ci sarà chiarezza su questo fronte, ma in realtà anche dopo, è opportuno mantenere un atteggiamento consapevole di tutte le possibilità (positive o meno) offerte da questo strumento di comunicazione: molti utenti, quando pubblicano qualcosa, pensano che tanto nel “diario” di FB – che si aggiorna minuto per minuto – tutto scorra e sono convinti che ciò che pubblicano oggi svanirà nel giro di qualche giorno.

Dimenticando che, come disse Caio Titus, verba volant, scripta manent.

 
3 commenti

Pubblicato da su 17 febbraio 2009 in Blogosfera, Internet, media, Mondo, news, privacy

 

3 risposte a “Facebook: scripta manent

  1. Bianca

    14 luglio 2009 at 10:18

    Cercavo Caio Titus, di cui si sa cosa disse ma non si riesce a capire chi fosse ed in quale situazione abbia usata la frase che tu riporti.
    Ho trovato, invece, il tuo scritto. Lo trovo molto interessante e giusto.
    Stiamo sempre di più dando in pasto noi stessi al pubblico.
    Forse ci piace?
    Non so. Io scrivo: logico che mi piaccia si parli dei miei lavori. Ma di me stessa un pò meno.
    Comunque… giusto per curiosità, a proposito di società, ti invio la lettera (che considero aperta), scritta ieri sera al Presidente della Repubblica. (non a Babbo Natale. No.)
    Al nostro Presidente della Repubblica.

    Mi perdoni se le scrivo. Sono Bianca Fasano, abito in Napoli,

    Insegnante di professione, iscritta da trent’anni all’ordine dei giornalisti. Conoscermi meglio è facile: basta google ed il mio nome e cognome.

    Oggi mi trovavo in Via Roma con la mia terzogenita di 22 anni (laureanda alla specialistica di biologia molecolare), ed ho assistio e sono stata coinvolta in una situazione che certamente non gioca a favore della stima e della simpatia che si possono provare per quanti dovrebbero difenderci.

    Mi perdoni, prevengo: non possiamo fare un discorso generale, offendendo così i tanti rappresentanti delle forze dell’ordine che operano a nostro beneficio ed a rischio della vita e non è di queste persone che intendo parlare. Non generalizzo, ma il fatto in sè resta pessimo.

    Dicevo, Via Roma, strada libera dal traffico ed “abitata” da un popolo di venditori non autorizzati. I classici vò cumprà che vendono borse ed altro genere di merce falsificate, con grande gioia di chi quelle autentiche non può comprarle e rabbia dei commercianti (che, tra l’altro, oltre le spese, pagano -e si sa bene- IL PIZZO ALLA CAMORRA-

    Lo sanno certamente bene anche quegli uomini non in divisa, ma appartenenti evidentemente a qualche tipo di forze pubbliche, che oggi, piombati come avvoltoi in Via Roma tra la gente, si sono messi (giustamente, dovremmo dire), ad inseguire i neri con le loro borse.

    I cittadini però hanno reagito, ovviamente soltanto a parole, difendendo quei neri a cui veniva strappato via il mezzo di sostentamento.

    Ci perdoni, presidente: siamo Napoletani e spesso agiamo più con il cuore.. siamo quelli delle quattro giornate di Napoli. Siamo discendenti di Masaniello.

    Comunque: i Pubblici Ufficiali, che come tali si sono presentati, anche se in borghese e senza nessun segnale che li confermasse come tali ( senza neanche un qualche targhetta che permettesse di sapere con chi si stava parlando…) se la sono presa a male.

    Mia figlia è giovane e come gli altri ha pensato che stiamo subendo in Napoli (e non solo !!!!) ogni sorta di angherie. Prepotenze, stupri, economia allo sbaraglio. Insomma, NON CI SENTIAMO DIFESI, per cui tutto sommato ci sembra ben ridicolo che ci si dia tanto da fare per strappare borse falsamente griffate dalle mani di persone disperate. Napoli ne è piena, di gente disperata. La maggioranza non lavora, chiede l’elemosina. Tanti, tanti, troppi. Molti ti fermano ai semafori e sporcano i vetri dell’auto o vendono scemenze. Questi, invece, lavorano. Non mi dica cosa c’è alle spalle di quel lavoro. Ma “il pizzo”dei commercianti non ingrassa la camorra allo stesso modo?

    Comunque le dicevo di mia figlia. Assieme ad altri ha detto: “ci sono cose molto peggiori. La notte le ragazze vengono stuprate.” E sa cosa ha risposto il “PUBBLICO UFFICIALE? “Non si faccia vedere stanotte da me”. Chiaro il significato, no? E dovrebbero difenderci queste persone?

    Naturalmente ho protestato. Ha detto che non sapeva di che parlassi. Poi mi ha minacciata: “faccia vedere i documenti”. Il pubblico ufficiale.

    Già. Perchè lui avrebbe anche il potere di farmi passare qualche brutto momento.

    Sono scandalizzata e triste.

    Lei si chiama Napolitano, ma vive a Roma. Io mi chiamo Fasano e a Napoli, questa Napoli, ci vivo.

    Rispettosamente, protesto.

    Un cordiale saluto

     
 
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