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Archivi categoria: privacy

Street View: volti, targhe, reti WiFi

Negli ultimi anni, il nome di Street View – il servizio panoramico di Google Maps – è stato spesso legato, non a torto, a problemi di privacy. Ne sa qualcosa chi ha visto in Internet i dettagli di casa propria, e chi – osservando le foto in rete – si è addirittura riconosciuto. Il servizio si è guadagnato l’attenzione anche di alcune istituzioni, come la Swiss Federal Data Protection and Information Commission, che si era opposta all’accesso delle auto di Google alle strade elvetiche, motivando la propria contrarietà con problematiche di riservatezza per la facile identificabilità di volti e targhe di automobili.

In definitiva, molti si erano accorti dei rischi legati all’indiscrezione di Street View. Ma non tutti sapevano che la curiosità di Google si spingeva oltre:

Street View memorizza dati wi-fi aperte . ANSA

Il servizio di Google Street View ha raccolto ‘per errore’, per 3 anni, mail, password e altre informazioni scambiate su reti Wi-Fi aperte. Lo ammette il colosso del web, spiegando come il servizio che offre mappe fotografiche navigabili abbia carpito tramite le Google Street View Car questi dati, in totale circa 600 gigabytes, pero’ ‘mai stati utilizzati in nessuno dei prodotti di Google’. L’azienda californiana intende cancellarli e assicura di non avere memorizzato dati di reti protette.

Bellissima questa precisazione letta in una news Reuters:

L’azienda ha detto di essere in contatto con le autorità di regolamentazione di diversi importanti Paesi tra i quali Stati Uniti, Germania, Francia, Brasile e Hong Kong in Cina, per stabilire come disfarsi di questi dati, che Google dice di non aver mai usato.

Le dichiarazioni ufficiali non permettono di capire se l’interruzione delle intercettazioni sia avvenuta in seguito allo stop da parte di un’autorità che si è accorta della reiterata violazione o per un ravvedimento operoso (per il quale sarebbe da riconoscere la trasparenza di Google per aver ammesso l’errore).

 
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Pubblicato da su 17 Maggio 2010 in Internet, news, privacy

 

La privacy diminuisce, Facebook rallenta

Le continue evoluzioni del sistema e la disinvoltura con cui Facebook tratta il tema della privacy dei propri utenti iniziano a stufaresecondo Danny Sullivan di Search Engine Land la crescita sta rallentando e la partecipazione degli utenti sta diminuendo.

 
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Pubblicato da su 14 Maggio 2010 in Internet, news, privacy, social network

 

Diaspora

Social network decentralizzato, su piattaforma open source, con dati personali protetti con crittografia. Questo e altro tra le feature di Diaspora, il nuovo servizio che – a metà strada tra Facebook e Twitter – potrebbe (o almeno vorrebbe) raccoglierne il testimone e traghettarne gli utenti su una nuova sponda social.

Per il momento è ancora un progetto, ma si prevede che debutti già dalla prossima estate. Appena esce proviamo a farci un giro e poi vediamo 😉

 
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Pubblicato da su 10 Maggio 2010 in Internet, media, news, privacy, social network

 

Facebook ha messo una patch alla chat

Chi usa Facebook per chattare, ieri potrebbe essersi accorto di un’interruzione del servizio, dovuta alla sistemazione di un bug che permetteva agli utenti di vedere le conversazioni intrattenute dagli amici. Messa in sicurezza, la chat è stata ripristinata. E speriamo che la soluzione sia definitiva, visto che presto anche Messenger la supporterà e che si tratta di un non trascurabile problema di privacy

 
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Pubblicato da su 6 Maggio 2010 in Internet, news, privacy, social network

 

E ora spiegatevi con l’Agcom

A fine marzo Telecom Italia ha annunciato agli utenti l’avvio di un test di sei mesi, limitato ad una ristretta cerchia di utenti, relativo all’introduzione di tecniche di network management.

Ora, dal momento che l’iniziativa non mostra di avere connotati molto trasparenti, l’Agcom – spinta da una segnalazione dell’AIIP – le chiede i necessari chiarimenti.

 
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Pubblicato da su 5 Maggio 2010 in Net neutrality, news, privacy, security, tecnologia, TLC

 

Facebook: condividi responsabilmente

La mission ufficiale di Facebook è condividere informazioni e ormai lo sappiamo bene. Il problema è che, con il passare del tempo, il suo approccio nei confronti della privacy si sta facendo sempre più superficiale, per cui necessita di maggior attenzione da parte degli utenti. Ultimamente, infatti, sono state apportate alcune variazioni nelle condizioni del servizio che è opportuno non ignorare.

Nel quarto paragrafo della normativa in materia di privacy, tra altre cose trasparentemente opache, si legge:

per garantire l’utilità della tua esperienza sociale fuori da Facebook, occasionalmente dobbiamo fornire le tue informazioni generali a siti web e applicazioni di terzi preapprovati che usano la piattaforma nel momento in cui vi accedi (se contemporaneamente sei su Facebook).

Già qui si trova l’arbitraria assunzione di un incarico che nessuno ha chiesto a Facebook: chi deve valutare, se non l’utente, l’esperienza sociale vissuta fuori da Facebook, stabilendone l’utilità? Ma, soprattutto, sarebbe opportuno – da parte di tutti – mantenere saldo il principio secondo il quale qualunque cosa accada fuori da Facebook, nel mondo digitale o in quello reale, deve rimanere fuori e non condiviso da chi gestisce siti web e applicazioni di terzi preapprovati (ma preapprovati da chi, poi?)

Altro spunto di riflessione:

quando i tuoi amici visitano un’applicazione o un sito web preapprovato, quest’ultimo riceve le informazioni generali su di te.

Quando siete su Facebook, i vostri dati possono essere condivisi da altri (e fin qui siamo nella normalità della dinamica di un social network), ma l’allargamento della condivisione ad applicazioni o siti web preapprovati ne moltiplica l’esposizione. E non è tutto. Leggiamo cosa racconta il Guardian (grazie a Stefano che lo ha segnalato):

Some people report that they are able to see the public “events” that Facebook users have said they will attend – even if they person is not a “friend” on the social network.

The discovery was made by Ka-Ping Yee, a software engineer for the charitable arm of Google, who was trying out the search query system known as the “Graph API” released by Facebook last Friday. In some cases – though not all – it will let you see the public events that people have said they will attend, or have attended.

Prima dell’introduzione delle nuove API, grazie alle informazioni condivise su Facebook si poteva sapere se un utente avrebbe partecipato ad un certo evento, mentre ora si può arrivare a sapere tutti gli eventi per i quali l’utente ha dichiarato la propria partecipazione. Ka-Ping Yee ne ha dato una dimostrazione, illustrando la lista degli eventi a cui parteciperà un utente a caso, Mark Zuckerberg.

Chi esprime tutta questa serie di informazioni con sincerità, dunque, offre insperate opportunità di profilazione ad una moltitudine di persone, e non solo agli amici. Questo ovviamente non significa che Facebook non vada utilizzato, ma semplicemente che è opportuno essere sempre consapevoli delle conseguenze di ciò che si fa, non solo dentro Facebook, ma anche fuori (in tutti i modi, in tutti i luoghi, in tutti i laghi).

I rischi di un utilizzo incauto possono essere seri e, talvolta, accade che l’utente non sia l’unico a farne le spese. Come nel caso eclatante del consigliere comunale che, per la propria leggerezza, ha portato alle dimissioni della giunta comunale di San Giovanni Bianco (BG). La notizia è stata data in molti modi, ma ai titoli ad effetto fuorviante come E Facebook fece cadere la giunta o Comune cade per colpa di Facebook, che colpevolizzano lo strumento social network, preferisco quelli del tipo Non si è troppo giovani per imparare a stare al mondo, che – più correttamente – evidenziano la responsabilità della persona.

 
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Pubblicato da su 27 aprile 2010 in Internet, Life, Mondo, news, privacy

 

“Non reggerà all’appello”

Senza la segnalazione di Dario Denni mi sarei perso l’intervista di Alessandro Longo al Garante della Privacy Pizzetti sulla discussa sentenza condanna legata al caso Google-Vividown. In questo passaggio si elimina qualunque appoggio alle motivazioni legate alle presunte inadempienze in tema di privacy:

Longo: Secondo il giudice, Google avrebbe dovuto dire ai propri utenti: prima di pubblicare questo video, state attenti a non violare prima la privacy delle persone riprese, chiedete il loro consenso. Ma le norme sulla privacy non obbligano Google a fare così?

Pizzetti: NO, quest’obbligo non rientra nell’articolo 13 e non c’e’ nell’attuale diritto. Per questo motivo credo che la sentenza non reggerà all’appello.

 
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Pubblicato da su 16 aprile 2010 in Life, Mondo, news, privacy

 

Sentenza Google-Vividown, pubblicate le motivazioni

Attese per un doveroso chiarimento, ecco le motivazioni della sentenza formulata dai giudici sul caso Google – Vividown – qui reperibile grazie ad un documento pubblicato dal quotidiano La Stampa.

Qualora si tratti di argomentazioni oggettivamente e opportunamente documentate (premessa doverosa), mi sembrano motivazioni più pesanti di quanto le prime notizie lasciassero supporre, perché mi sembra si parli – in sostanza – di un interesse verso il business spinto oltre i limiti della moralità, sfociato nel non rispetto dei principi della privacy, che sarebbero stati ignorati anche per quanto attiene le normative vigenti.

In un passaggio si legge che “appare evidente come il governo della società italiana sia stato – dall’America- volontariamente indirizzato dai legali rappresentanti alla esclusiva gestione dei profitti economici con totale e deliberata omissione di qualsiasi attivita’ (anche di consulenza legale, attinente alle questioni proprie del diritto italiano o comunque comunitario) che potesse – in qualche modo – ostacolarne gli incrementi”.

Riassumere il tutto è un’impresa molto difficile. Ciò che intravedo è che alla base della condanna ci sarebbe un’informativa sulla privacy – con richiesta di manifestazione di consenso – pubblicata in modo volutamente poco leggibile da Google, per raggiungere l’obiettivo di deresponsabilizzarsi da eventuali violazioni, ma trasmettere comunque agli utenti un invito a pubblicare contenuti senza porsi troppi problemi, al fine di massimizzare gli accessi.

L’avvocato Guido Scorza, tuttavia, analizza qui le 111 pagine di quella che definisce “una sentenza piccola piccola”, in quanto basata su motivazioni pretestuose e insufficienti. I legali di Google assicurano che ricorreranno in appello, poiché affermano con sicurezza che la società – anche sotto il profilo delle norme sulla privacy – avrebbe agito correttamente. E se così fosse accertato, le motivazioni della sentenza – come l’impianto accusatorio – sarebbero davvero poco consistenti, anzi molto discutibili.

 
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Pubblicato da su 13 aprile 2010 in Internet, Life, media, Mondo, news, privacy

 

Ma dovete dirci qualcosa?

Questa la pubblico ora per evitare sospetti di pesci d’aprile.

Se date un’occhiata alla sezione news del sito 187.it troverete l’annuncio dell’avvio, da parte di Telecom Italia, di una sperimentazione mirata di tecniche di Network Management. Per sei mesi, il test sarà effettuato sugli utenti broad band di sole 44 centrali, con un’iniziativa tesa a “fornire all’operatore uno strumento di controllo e miglioramento della qualità delle connessioni ad internet, per prevenire situazioni di rallentamento della velocità a seguito di picchi di traffico”.

Sulla carta si tratta di voler capire che strada prendere per ottimizzare il traffico quando ci sono applicazioni che possono congestionarlo (vedi peer-to-peer). Ma dietro l’angolo potrebbero esserci soluzioni che minano i principi di neutralità della rete e dei servizi. L’annuncio è stato dato in maniera ufficiale, ma in sordina e con toni rassicuranti, all’insegna dell’understatement. In caso di aggiornamenti ne riparleremo 😉

 
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Pubblicato da su 2 aprile 2010 in Buono a sapersi, Internet, news, privacy, security, tecnologia, TLC

 

Nuove frontiere nelle indagini di polizia

Tutte le polemiche in circolazione in questi giorni sulle intercettazioni presto saranno un ricordo: a che serve complicarsi la vita con cimici e ordinanze di controllo delle utenze di telefonia, quando basta collegarsi a Facebook e sfruttare alcune elementari regole di social engineering?

Da una notizia ANSA:

Gli uomini della squadra mobile di Crotone assieme a quelli del Servizio centrale operativo (Sco) della polizia scientifica sono arrivati a lui proprio grazie ad internet: Manfredi, infatti, usava una chiavetta per collegarsi a Facebook, che utilizzava non solo per lavoro. Gli agenti dello Sco sono così riusciti ad intercettarlo e a capire dove si trovava e stanotte poco dopo le tre è scattato il blitz.

Dario Salvelli segnala inoltre un bell’esempio di intraprendenza, sempre da parte delle forze di Polizia, che hanno sfruttato Facebook per catturare un rapinatore in latitanza:

Uno degli agenti, stando alla ricostruzione della polizia, si e’ finto donna avvenente su Facebook il social network al quale lo stesso Sorio era iscritto. Nei panni di donna fatale l’agente e’ riuscito a contattare Sorio e ad appurare il luogo dove questi si nascondeva nel tentativo di sottrarsi alle ricerche delle forze dell’ordine che da piu’ di un mese erano sulle sue tracce. Una volta individuato gli agenti del Commissariato di Afragola sono intervenuti per arrestare, a colpo sicuro, il latitante.

 
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Pubblicato da su 16 marzo 2010 in Internet, Life, Links, Mondo, news, privacy, social network

 

Se Facebook sa dove trovarti

Entro alcune settimane, Facebook attiverà nuove opzioni di geolocalizzazione, che consentiranno agli utenti di condividere con gli amici (ma anche con gli amici degli amici, eccetera) la propria posizione.

Ovviamente questa opportunità ha senso per gli utenti in movimento, ossia che si connettono a Facebook via cellulare o con un netbook collegato su rete mobile o wireless.

Ovviamente è possibile che queste opzioni vengano utilizzate anche a scopo di marketing e advertising: comunicando la mia posizione, potrei ricevere pubblicità mirata su servizi o esercizi commerciali che si trovano nelle vicinanze, così come potrei essere monitorato insieme ad altre persone, consentendo di identificare una zona più popolata o trafficata rispetto ad altre. Che potrebbe essere evitata da chi non ama l’affollamento, oppure bombardata da chi cerca una location piena di persone a cui sottoporre una proposta pubblicitaria.

Insomma, i risvolti di questa novità possono essere molto interessanti, quanto noiosi e indesiderati. Io ve l’ho detto, voi regolatevi 😉

 
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Pubblicato da su 11 marzo 2010 in Internet, Life, mumble mumble (pensieri), news, privacy, social network

 

La versione dei PM sulla condanna a Google

Chi crede necessario conoscere le motivazioni della sentenza di condanna inflitta a Google per la vicenda Google-Vividown può cominciare con l’antipasto fornito direttamente dai PM milanesi nella replica – una sorta di outing giuridico – pubblicata online da L’Espresso.

Punti a mio avviso significativi di quanto dichiarato dai PM:

  • la sottolineatura del fatto che Google non ha permesso l’ingresso in aula dei giornalisti;
  • il video nei due mesi di pubblicazione online (dall’8 settembre 2006 al 7 novembre 2006) ha avuto 5.500 visualizzazioni, ma poteva essere rimosso almeno un mese prima, dal momento che i primi commenti negativi pubblicati risalgono al 4 ottobre 2006;
  • a Google è stato chiesto formalmente di fornire informazioni precise sulle richieste di rimozione del video ricevute dagli utenti, insieme ai dati utili a ricostruire la pagina web, perché il file depositato (un file .doc su cui era stato incollato il contenuto della pagina del video prima della sua rimozione) non risultava adeguato ai fini dell’inchiesta, ottenendo risposte ritenute non sufficienti ad effettuare le necessarie verifiche.

Personalmente, resto dell’opinione che la violazione della privacy – il motivo fondamentale della condanna – sia da addebitare a chi ha prodotto e pubblicato il filmato su Google Video.

Rilevo pareri opposti in merito alla tempestività della rimozione da parte di Google, avvenuta alle 21 del 7 novembre: meriterebbe un’attenta valutazione il fatto che il video sia rimasto online per due mesi quando – come riferito dai PM – esistevano richieste di rimozione formulate ad inizio ottobre, un mese dopo la pubblicazione. Un problema che non si porrebbe se risultasse che la prima segnalazione, con richiesta di rimozione, fosse stata questa:

Da qui (fonte dell’immagine sopra riportata) risulta che esistesse una richiesta risalente al giorno prima, formulata da un utente, ma non riterrei intempestiva la rimozione di un video dopo un giorno da tale segnalazione.

 
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Pubblicato da su 3 marzo 2010 in Internet, media, Mondo, news, privacy

 

Abusi pre-elettorali

Con l’approssimarsi delle elezioni regionali e amministrative, l’Autorita’ Garante per la Privacy ha approvato un provvedimento che ribadisce le regole già previste dal provvedimento generale del 2005 ricordando come possono essere utilizzati i dati personali altrui ai fini della campagna elettorale.

Ne consegue che chi inoltra comunicazioni ai cittadini, senza preventivo consenso, attraverso “SMS, e-mail, MMS, per telefonate preregistrate e fax”, è punibile per violazione della normativa sulla privacy. “Stesso discorso – si legge nel provvedimento – nel caso si utilizzino dati raccolti automaticamente su Internet o ricavati da forum o newsgroup, liste abbonati ad un provider, dati presenti sul web per altre finalità”.

Chi va contro queste indicazioni è punibile a norma di legge. Ma quanto c’è da fidarsi di questa punibilità, visto che in occasione delle campagne elettorali c’è sempre qualche deroga istituzionale? Nonostante io non abbia trasmesso alcun consenso, non mi meraviglierei se anche quest’anno i messaggi di promozione elettorale fioccassero senza limiti. In realtà non mi meraviglio più di nulla, dopo aver appreso del mini-condono preventivo che fino a maggio 2010 ridurrà ad un forfait di mille euro le pesanti sanzioni previste per le affissioni abusive di cartelli elettorali.

 
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Pubblicato da su 1 marzo 2010 in news, privacy

 

Google mette una toppa a Buzz

Qualche considerazione su come Google ha tentato di porre rimedio agli errori di impostazione di Buzz e come, probabilmente, questo precedente dovrebbe motivare gli utenti ad essere più critici:

Buzz, Google ci ripensa – The New Blog Times

 
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Pubblicato da su 15 febbraio 2010 in Internet, Life, privacy, social network

 

BUZZate e troverete aperto

Questo Buzz che si è infilato da un paio di giorni nel mio account Gmail mi ha subito dato l’impressione di essere un grande impiccione: in primis per l’invadenza con cui si è insinuato tra le feature della posta, poi per l’automatismo con cui – senza chiedermi nulla – ha selezionato alcuni dei miei contatti (seguendo un criterio alquanto discutibile) per seguirne gli aggiornamenti.

La stessa cosa è stata evidentemente fatta anche sui loro account, dal momento che mi ritrovo ad essere seguito – inconsapevolmente, ho scoperto – da altri utenti, per cui se ne deduce che – nel poco circoscritto mondo Gmail – le liste dei contatti di ognuno di noi sono aperte e raggiungibili da altri, senza che i titolari abbiano fornito alcun tipo di consenso.

Ora, io non capisco perché per Buzz non sia stato deciso di seguire la stessa filosofia seguita dagli altri competitor (FriendFeed, Facebook, Twitter), ma a scanso di equivoci ho azzerato la situazione (non seguo gli update di nessuno e ho bloccato i miei update verso i miei ignari follower). E finché non si sarà dimostrato più rispettoso verso la mia e l’altrui privacy, la mia posizione verso Buzz rimarrà questa:

 
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Pubblicato da su 12 febbraio 2010 in Internet, Life, Mondo, mumble mumble (pensieri), news, privacy, social network