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Il Rapporto Caio è nelle mani del Governo

Francesco Caio ha consegnato al Governo l’atteso Rapporto sullo sviluppo della banda larga in Italia, come segnala il Sole 24 Ore. Il documento prefigura tre possibili scenari: il Governo dovrà scegliere (parola grossa, ma obbligatoria) quale obiettivo porsi e individuare una strada da percorrere per conseguirlo. Le possibilità previste da Caio sono tre:
  • la conquista della leadership europea in cinque-sei anni, obiettivo raggiungibile anche attraverso lo scorporo della rete da Telecom, con la costituzione di un’azienda per la gestione della rete “che permetterebbe la copertura di cento città arrivando nel 50% delle case grazie ad un piano nazionale”. Una rete Ftth (fibre-to-the-home) point to point in fibra e rame (l’obiettivo che questo rapporto considera come raggiungibile, con il massimo dell’impegno, per la serie “Visto cosa sa fare l’Italia?”);
  • un Paese al passo con l’Europa, dotato di una rete in fibra di nuova generazione che raggiunga il 25% delle case (come a dire “in Europa ci siamo anche noi”);
  • una configurazione flessibile con un investimento pubblico limitato e la copertura di 10-15 città, da raggiungere con la realizzazione di reti locali in fibra in partnership con società private (una testimonanza di vitalità… “Ehi mondo, siamo ancora vivi”).

Si dovrà dunque scegliere quale strada percorrere se si vuole avere un ruolo da protagonista, da comprimario o da comparsa.

Un’osservazione: a quanto riferisce Radiocor, il primo obiettivo dichiarato – ambizioso fin dalla sua descrizione – ipotizza l’eventualità del tanto discusso scorporo. Non è la strada, ma una delle strade possibili, sulla quale però sappiamo già che Telecom Italia potrebbe avere qualcosa da obiettare: proprio a questo riguardo, infatti, la scorsa settimana l’amministratore delegato Franco Bernabé aveva detto “Sono ipotesi fantasiose”. Se il governo dovesse ritenere opportuno scegliere questa ipotesi, ho l’impressione che le previsioni sui tempi di attuazione (cinque-sei anni) siano troppo ottimistiche…

 
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Pubblicato da su 13 marzo 2009 in media, telefonia, TLC

 

Quo vadis, Eutelia?

E’ nato un piccolo giallo sulle sorti di Eutelia, azienda italiana attiva nel settore delle telecomunicazioni che sta vivendo momenti di difficoltà (come molte altre telco in questo periodo): la società, con un comunicato stampa diffuso mercoledì scorso, ha reso noto che il CdA ha deliberato la dismissione delle attività IT del gruppo, precisando che la dismissione delle attività IT renderà più snella l’intera struttura del gruppo Eutelia che si concentrerà d’ora in avanti sul comparto delle Telecomunicazioni.

A questo quadro già piuttosto grigio, però, Max aggiunge una pennellata di rilievo, citando una nota diffusa dall’ASCA di cui probabilmente anche Alex aveva avuto notizia:

In realtà non è così: le rappresentanze sindacali Fiom-Cgil infatti hanno reso noto che l’azienda “si e’ presentata all’incontro annunciando la dismissione di tutto il settore IT, intendendo tutte le attivita’ anche quelle TLC, ma individuate dall’azienda come IT”.

La situazione non è chiara, ma certamente non è rosea e lo testimonia la preoccupazione espressa dai dipendenti della stessa Eutelia nel blog Eutelia Workers, che annuncia mobilitazioni. Speriamo che su questa vicenda si faccia chiarezza: credo sia indispensabile, per gli utenti e per i dipendenti.

P.S.: Alberto, nei commenti a questo post, sottolinea l’importanza che la chiarezza in merito è necessaria anche per le sorti delle soluzioni VoIP utilizzate da molti utenti italiani che di Eutelia sono utenti diretti o indiretti (per aver sottoscritto un contratto presso un operatore che rivende EuteliaVoIP).

Questo mi ricorda, tra l’altro, che verso la fine del 2007 una parte dell’utenza ex Elitel era passata ad Edisontel, azienda del gruppo Eutelia. Se il comparto TLC di questo gruppo fosse a rischio, ci si troverebbe di fronte ad una nuova transumanza forzata e ciò sembra dimostrare, ancora una volta, quanto il mercato italiano delle telecomunicazioni stia vivendo un momento di grave crisi.

 
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Pubblicato da su 12 gennaio 2009 in Mondo, news, TLC

 

E li chiamano messaggini

SMS: Short Message Service. In italiano è il messaggino, un’invenzione di 16 anni fa (di cui l’anno scorso sintetizzai un po’ la genesi) che ha percorso parecchia strada, fondando il proprio successo su due fattori: sintesi e immediatezza. Negli USA si usa poco, ma da noi va alla grande e, a dire il vero, ha un successo planetario. Qualche numerino, giusto per capire quanto è cresciuto il suo utilizzo: durante le vacanze di Natale ’99 (dal 25 dicembre a Capodanno), in tutto il mondo ne circolarono 100 milioni. Nel 2008, tra il 24 e il 25 dicembre ne sono stati trasmessi un miliardo.

Quante cose si possono fare con gli SMS? Tantissime. Chi li vede come un asettico strumento di comunicazione per quisquilie, smancerie e altri impieghi futili, si deve però ricredere, perché con un messaggino si possono fare cose molto utili: chi, ad esempio, non ha mai effettuato una donazione via SMS per un’iniziativa benefica? Ma al di là di questi nobili utilizzi (a proposito, attenzione a spedire gli SMS ai numeri giusti, altrimenti si fanno donazioni alle persone sbagliate), tra le notizie lette nel 2008, infatti, scopriamo ad esempio che con un messaggino:

E’ delle scorse ore, inoltre, la notizia che qualcuno ha pensato che l’SMS può essere perfetto come interruttore per i lampioni dell’illuminazione pubblica: Dieter Grote, cittadino di Lemgo (Germania), ha realizzato un sistema che, con un messaggino trasmesso ad un server, consente di accendere per un quarto d’ora i lampioni di una determinata strada. Spedire l’SMS a quel numero costa all’utente 50 centesimi di euro. Una stupidaggine? L’amministrazione comunale di Lemgo, dopo una sperimentazione di un anno, dichiara di aver conseguito un risparmio di circa 70mila euro in elettricità.

Be’, lunga vita ai messaggini, dunque… purché costino meno.

 
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Pubblicato da su 30 dicembre 2008 in Mondo, tecnologia, telefonia, TLC

 

Tiscali stacca la spina alla sua TV

Siamo ormai alla fine dell’anno, e anche alla fine delle trasmissioni per la Internet TV di Tiscali: come segnalano Massimo Cavazzini, Alfonso Fuggetta e Alessandro Longo, l’azienda ha deciso di staccare la spina alla sua IPTV a partire da gennaio 2009.

Il servizio conta oggi un numero di utenti deludente, sebbene gli obiettivi iniziali non fossero roba da spaccare il mondo: l’anno scorso, infatti, Tiscali aveva lanciato l’offerta prevedendo di raggiungere – entro il 2009 – un numero di abbonati pari all’11% dei 520mila clienti che costituivano bacino di utenza degli abbonati ai servizi ADSL. Insomma l’obiettivo dell’azienda era di superare i 50mila utenti.

Nel dare la notizia ai propri clienti, Tiscali sembra non voler annunciare la morte della sua televisione: su web scrive che Il servizio è temporaneamente sospeso per inconvenienti tecnici, mentre in una comunicazione inviata agli abbonati scrive che l’erogazione dei canali di Tiscali TV sarà sospesa a partire dal 1° gennaio 2009. I canali trasmessi in digitale terrestre saranno fruibili tramite il decoder Tiscali fino al 15 gennaio 2009. Una “sospensione”  potrebbe lasciar supporre una “ripresa”, ma un’altra frase, che dice Tutti i canoni del servizio Tiscali TV del mese di dicembre e fino al 15 gennaio 2009 saranno erogati a titolo gratuito fa pensare invece ad una sorta di compensazione di chiusura.

Fine dell’avventura televisiva per Tiscali? Forse sì, ma l’azienda potrebbe anche cambiare modello e sperimentare altre forme legate al business dell’intrattenimento TV. Su Internet restano quindi accese Alice Home TV di Telecom Italia e Fastweb TV, due offerte legate ad aziende che possono contare su ben altre infrastrutture.

Per una TV che scompare dal web, un’altra ne appare: TV|blog.it segnala che Qoob (canale di MTV), dal 1° gennaio chiuderà i battenti sul digitale terrestre per trasformarsi in una vera e propria Web TV che attingerà al proprio database, in cui gli autori potranno inserire le proprie opere, utilizzabili – con licenze creative Commons – come colonne sonore per film, spot, corti, animazioni.

 
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Pubblicato da su 29 dicembre 2008 in media, Mondo, tecnologia, telefonia, TLC

 

Cherchez le bateau

Qualche giorno fa, nell’ambito dei lavori di un cantiere stradale in una cittadina del lecchese, è stato tranciato un cavo posato da Telecom Italia. Il risultato è stato che due frazioni di quella cittadina, per alcune ore, sono rimaste telefonicamente isolate finché la compagnia telefonica non è intervenuta per sistemare il guasto. E nell’apprendere la notizia ho pensato che queste cose possono avvenire solo da noi, soprattutto quando le imprese non si consultano con Telecom Italia (l’azienda, per evitare guai di questo tipo, ha approntato un numero verde da chiamare per avere assistenza sulla rete: un’impresa li chiama, dice dove deve fare dei lavori e loro segnalano – eventualmente intervenendo sul posto – il percorso seguito dai cablaggi, affinché siano evitati o riposizionati).

Poi ho letto questa notizia:

Guasto a cavi al largo di Palermo, Web fuori uso in Asia

sabato, 20 dicembre 2008 6.25IL CAIRO (Reuters) – Un guasto ad alcuni cavi sottomarini che collegano l’Europa al Medio Oriente ha interrotto i servizi Internet e la rete telefonica internazionale in varie parti del Medio Oriente e dell’Asia meridionale.

L’indiana Bharti Airtel ha detto che alcuni importanti cavi sottomarini hanno subìto un guasto vicino a Palermo, danneggiando il traffico tra India ed Europa.

Un portavoce di Tata Communication ha dato la colpa del problema, iniziato ieri sera, all’attività sismica nel Mediterraneo.

L’agenzia di Stato egiziana Mena cita una fonte anonima che dice che le autorità italiane avrebbero confermato che cinque cavi sono stati tagliati. (continua)

Pare che il danno – verificatosi venerdì mattina – sia in riparazione, ma le cause non sarebbero da ricondurre all’attività sismica, bensì alla disinvolta ancora di una nave.

 
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Pubblicato da su 22 dicembre 2008 in Internet, Mondo, TLC

 

3 Giga? Download? Ma de che?

In questi giorni sono stato molto impegnato, ho viaggiucchiato un po’ e su alcune notizie lette qua e là sono stato costretto a sorvolare. Oggi ho avuto più tempo e ho recuperato in parte il tempo perduto. Tra questi recuperi c’è la notizia che la Internet Key di Vodafone è finita in Parlamento, oggetto di un’interrogazione parlamentare che vede come primo firmatario il senatore Mario Gasbarri, seguito da altri colleghi.

La questione verte intorno alle prestazioni del servizio di connettività mobile offerto da Vodafone attraverso questa chiavetta, che si rivelerebbe performante solamente nei grandi centri urbani (dove in realtà sono già disponibili varie soluzioni per collegarsi ad Internet in banda larga) e lenta in altre zone, dove spesso non esiste nemmeno l’ADSL, e quindi – in sostanza – questo prodotto non centrerebbe uno dei suoi obiettivi principali, ossia contribuire all’abbattimento del digital divide tecnologico e offrire connettività broad band a coloro che non possono ottenerla altrimenti.

Ma come mai? Nel testo dell’interrogazione, pag. 61, si legge un tentativo di spiegazione:

in realta`, per funzionare al meglio, la Internet key ha bisogno di
ponti radio da 3 Giga, che tra l’altro siano in grado di sostenere alte velocita`
di connessione e di trasmissione dati. In pratica, la Internet key funziona
quasi esclusivamente nei grandi centri urbani, dove il digital divide
si fa sentire meno rispetto alla periferia, alle zone montane e di campagna
e nei centri minori;

C’è una nota un po’ stonata in questa illustrazione, che ho visto evidenziare solamente dal New Blog Times (bravo Marco): i ponti da 3 Giga. GigaBit? GigaByte? GigaCosa? Giganiente, non esistono ponti radio da 3 Giga. E a dire il vero, e il NBT in effetti lo puntualizza, si tratta di stazioni radio base e non di ponti radio. Avranno voluto parlare di 3G, ossia di tecnologia di terza generazione? Forse, ma “3G” identifica l’UMTS, quella tecnologia che in Italia abbiamo imparato a conoscere grazie a 3 e alle sue videochiamate (se non c’è almeno la copertura UMTS non si possono fare) e che viaggia al massimo a 384 Kbps in download, ancora poco rispetto ai 3,6 o addirittura 7,2 MegaBit promessi dalla Internet Key di Vodafone che supporta l’HSDPA.

Altra inesattezza:

a complicare il funzionamento della Internet key vi e` il fatto che
Vodafone consegna il prodotto senza software, costringendo la clientela
a scaricarlo dal sito Internet della societa`, ed ogni comunicazione tra la
societa` e l’utente avviene solo via SMS, attraverso la scheda inserita nella
chiavetta;

Io ne ho provata qualcuna, anche con pc dotati di Windows 2000 (non proprio l’ultimo grido insomma). Il software era tutto nella chiavetta, non ho dovuto lanciare alcun comando e nemmeno mi sono dovuto collegare al sito Vodafone. Ha fatto tutto lei, infatti solamente ad installazione ultimata è stato possbile connettersi ad Internet, non certo prima. In effetti sarebbe paradossale costringere un utente a collegarsi ad Internet per avere il software necessario ad installare un supporto che serve… a collegarsi ad Internet!

Con l’interrogazione, i firmatari chiedono ai Ministri dello sviluppo economico e delle infrastrutture e trasporti di valutare un intervento diretto o con il coinvolgimento dell’Autorità delle Comunicazioni e dell’Antitrust, per tutelare gli acquirenti della Internet key di Vodafone, e di indagare se altri operatori abbiano adottato iniziative commerciali analoghe.

L’oggetto dell’interrogazione, a prescindere dalle inesattezze (che comunque ne minano un po’ l’autorevolezza) è fondamentalmente giustificato da fatti che io stesso ho avuto modo di appurare, seppure su un campione territoriale decisamente modesto: incaricato, in tempi e da soggetti diversi, di proporre soluzioni alternative all’ADSL per conto di organizzazioni che necessitavano di un collegamento ad Internet veloce, ho effettuato alcuni test di connettività sfruttando alcune soluzioni offerte dai quattro operatori di telefonia mobile presenti sul mercato italiano, rilevando che effettivamente anche le Internet Key di Vodafone soffrono di mancanza di copertura adeguata a funzionare decentemente (in aree rurali mi sono trovato spesso a navigare a velocità intorno ai 50 Kbps, paragonabili a quelle raggiungibili con un tradizionale modem su linea analogica PSTN).

In definitiva, a mio avviso, l’interrogazione parlamentare doveva essere suffragata anche da un’altra constatazione. Alla pagina web che descrive l’offerta Internet Key sul sito Vodafone, si legge:

Piccola e leggera come una chiavetta USB, Vodafone Internet Key ti consente di connetterti alla rete ovunque vuoi, ad alta velocità, fino a 7,2 Mbps1

E la nota richiamata da quel piccolo 1 precisa: L’effettiva velocità di connessione dipende dal grado di congestione della rete. Nessun riferimento al fatto che dipende anche dalla tecnologia supportata dalle stazioni radio base. Male, in effetti in questa nota c’è un profilo di pubblicità ingannevole: immaginatevi un supermercato che non vende alcun tipo di frutta, che però all’ingresso vi avvisa con un cartello che – invece di dire onestamente “qui non vendiamo frutta” – dice solo “potreste non riuscire ad acquistare frutta per l’esaurimento delle scorte”.

Morale: se state pensando di prendere una Internet Key perché a casa vostra non c’è ADSL, verificate la copertura della rete. Solamente seguendo quel link ho trovato indicazioni veritiere, almeno nelle situazioni che ho analizzato.

 
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Pubblicato da su 11 ottobre 2008 in Internet, news, TLC

 

Un primo passo per l’uomo

L’incontro di Franco Bernabé con i blogger al Mart di Rovereto (museo di cui riveste la carica di presidente del consiglio di amministrazione) rappresenta, a mio parere, un importante segnale di comunicazione. Qualcuno, come temeva Luca De Biase, avrà pensato che fosse una conferenza stampa per i blogger (ma se i blogger non sono giornalisti, la conferenza stampa non ha senso). C’è da tenere conto che non ci sono precedenti: credo si tratti della prima volta che i vertici della principale compagnia telefonica italiana (nonché il più importante Internet Provider) abbiano deciso di confrontarsi, al di là della forma dell’incontro, con una community che non è di giornalisti, non è di analisti, ne’ di azionisti, ma che – anche nella veste di opinion leader – ugualmente rappresenta una fetta del Paese in cui quell’azienda si trova ad operare con i propri importanti (e spesso vitali) servizi.

Seppur invitato non sono riuscito ad andare all’incontro per via di alcuni impegni professionali, ma mi sono accontentato di seguire l’avvenimento in streaming e l’impressione che ho avuto è di aver visto tanti Bernabé.

Al Mart ho visto il Bernabé dell’era post – Tronchetti Provera, che raccoglie un’eredità pesante in termini di immagine nei confronti dell’opinione pubblica perché catalizza su di se’ le malevole (e non sempre ingiustificate) attenzioni di una buona fetta di utenti, consumatori e operatori alternativi, per i quali l’incumbent Telecom Italia è la compagnia telefonica mal privatizzata che detiene la proprietà del principale network TLC italiano che per molti versi è causa dei mali del mercato della telefonia. Non è un fatto personale: uno si può chiamare Tronchetti Provera, Ruggiero, Grillo, Veltroni, Berlusconi, Bonacina, ma se sta ai vertici di Telecom deve accollarsi questo onere.

Ho visto anche un Bernabé tignoso: dice infatti di essere tornato in Telecom “per tigna, per orgoglio, per dimostrare che quello che avevo già pensato potesse essere il futuro di questa azienda è assolutamente fattibile, e non me ne andrò se non dopo aver cercato di realizzarlo”. E questo dopo aver dichiarato che “la scalata a Telecom Italia con i debiti che hanno impoverito la società è stata un delitto contro il progresso del Paese, ha tolto risorse alla Telecom Italia proprio nel momento in cui doveva investire per il futuro. Quando ho criticato l’OPA non l’ho fatto per un interesse di manager, ma perché immaginavo quello che sarebbe successo, e che si è puntualmente verificato”.

C’era poi il Bernabé col pelo sullo stomaco, quello che – dopo le garbate domande presentate dai blogger – ha esclamato “Mi aspettavo domande molto più cattive”.

Alle domande dirette, anche se non cattive, ha però fornito risposte politiche e un po’ opache (caratterizzate cioè da scarsa trasparenza). E qui è affiorato in più occasioni il Bernabé uomo Telecom.

E’ colui che, a chi gli ha chiesto quando si raggiungerà l’atteso traguardo di una copertura del 100% del broad band in Italia, ha minimizzato la questione rispondendo che oggi siamo al 96% e entro breve (ma quanto breve non si sa) raggiungeremo il 98,5%. Al resto si arriverà con altre tecnologie, ha aggiunto Bernabé, precisando che Telecom Italia non può farsi carico dei problemi di chi ha messo su casa in luoghi non appropriati in seguito alla speculazione edilizia. Io spero che con questa frase abbia voluto fare una battuta, ma non è stata comunque delle più felici e ha in ogni caso dimostrato scarsa sensibilità al problema del digital divide.

A chi gli ha chiesto come si pone la sua azienda nei confronti della net neutrality ha poi risposto che si tratta di “un problema importante che va promosso a favore dell’utente, a favore non dei nuovi monopoli della rete, perché altrimenti rifacciamo la storia di Netscape e di Explorer” e aggiungendo la necessità di promuovere tutto ciò che può rendere competitiva la rete anche sul fronte della sicurezza, su cui le telco si devono impegnare perché “quello che si è verificato nella rete negli ultimi anni è anche una riduzione dell’efficacia della rete stessa”, riferendosi al fenomeno dello Spam come ad una piaga epocale (ma glissando sulla questione posta dalla domanda iniziale)

Bernabé dichiara di pensare a Telecom Italia come una stabile public company dopo le turbolenze conseguenti al cambio di gestione, affermando che “il tempo del lavoro dedicato a sistemare i problemi ereditati dalla precedente gestione è finito. E ora possiamo cominciare a lavorare in serenità, sapendo che quello che conta è liberare le forze della rete, per contribuire alla modernizzazione del paese”.

A mio avviso non ci si poteva aspettare di più, dall’amministratore delegato di Telecom Italia, in un incontro che si è svolto a Borsa aperta e di fronte a giornalisti con le orecchie tese (spesso capaci di riferire starnuti che sui mercati finanziari si trasformano in uragani). Ribadisco: l’evento costituisce un importante precedente, un primo passo che nessun altro aveva mai compiuto prima.

Per un Bernabé 2.0 (e soprattutto una Telecom 2.0) è ancora un po’ presto.

 
 

A voi buon Ferragosto

Buon Ferragosto a tutti coloro che se lo potranno godere… qui alle 8 c’è stata una trombetta d’aria e adesso c’è un timido sole che tenta di riscattare pallidamente una giornata iniziata male.

Come strombazzato ai quattro venti da Telecom Italia, oggi il Discorso di Gandhi – niente affatto inedito, ne’ per il testo, ne’ per l’audio, ne’ per la traduzione – è pubblicato su molti quotidiani e su http://www.avoicomunicare.it. Sicuramente è stato fatto un lavoro accurato, ma guardate il nome del file disponibile per il download con il testo integrale del discorso:

Ora sicuramente qualcuno solleverà l’obiezione che è inutile parlarne in tono polemico perché bisogna guardare alla lodevole iniziativa di Telecom, che ha reso pubblico il discorso pronunciato da Gandhi per sottoporlo “alla riflessione di tutti”. Ma come ho già avuto modo di dire, qualche riga fa e nel post precedente, non c’è nulla di nuovo, nulla di davvero inedito. Questa iniziativa appare quindi solo un pretesto colto al volo per lanciare avoicomunicare.it (non sarà un blog?).

 
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Pubblicato da su 15 agosto 2008 in Internet, media, Mondo, news, TLC

 

Non sarà un déjà vu (parola di Plexia)

Gli utenti di Plexia sono in ambasce: da qualche giorno lamentano disservizi sulle linee telefoniche dell’operatore, che fanno rivivere loro il ricordo del black-out TLC di un anno fa, quando Telecom Italia staccò le linee all’indebitata Elitel, morosa per oltre 100 milioni di euro non pagati per servizi di connettività effettivamente fruiti e rivenduti agli utenti. Non è superfluo sottolineare che tutto rientra in un quadro abbastanza complesso (come lo è il mercato italiano delle TLC in cui è leader un monopolista operatore dominante): Plexia quattro mesi fa ha rilevato la clientela business di Elitel, società messa in liquidazione e poi dichiarata fallita, la cui controllante Vive La Vie – che tra l’altro era fornitore di connettività di Plexia fino a poco tempo fa – è stata anch’essa dichiarata fallita. 

Agli utenti che mi hanno scritto chiedendo informazioni e se, per caso, non ci trovassimo di fronte a un “caso Plexia” identico al precedente “caso Elitel”, al momento posso rispondere con le parole che ho raccolto dall’azienda stessa, con cui sono riuscito a mettermi in contatto nel tardo pomeriggio: con toni rassicuranti, Plexia ha dichiarato che si tratta di una situazione temporanea, dovuta alla migrazione delle utenze da un codice operatore ad un altro. Un’operazione a cui,per essere sinceri, ricorse anche Elitel e che, in un mercato come il nostro, sembra non essere infrequente per i piccoli operatori in difficoltà. La situazione – dice l’azienda – dovrebbe tornare alla normalità entro quattro/cinque giorni.

Gli utenti in CPS (Carrier Pre Selection, o preselezione automatica) potranno ridirigere le proprie telefonate sulla rete Telecom Italia, che significa dover comporre un numero anteponendo il prefisso 1033. In parole povere, se dovete chiamare il numero 02 12345678 dovete digitare 1033 02 12345678.

Queste le le due note pubblicate da Plexia nella sezione news del sito aziendale:

22/07/2008 – AVVISO AI CLIENTI: A causa di un problema in alcune aree geografiche si potrebbe verificare un disservizio sulle telefonate in uscita tramite il servizio di Carrier Pre Selection (CPS). Ricordiamo che con il servizio CPS è sempre possibile effettuare telefonate utilizzando l’operatore TELECOM ITALIA anteponendo il codice 1033 al prefisso e al numero telefonico chiamato.  
 
22/07/2008 – A SEGUITO DEL SOPRAVVENIRE DI UN PROBLEMA DI GESTIONE NON SARA’ POSSIBILE GARANTIRE LA CONTINUITA’ NELL’EROGAZIONE DEI SERVIZI AI CLIENTI ATTIVI IN MODALITA’ ACCESSO DIRETTO. PLEXIA FAVORIRA’ LADDOVE POSSIBILE IL PASSAGGIO AD ALTRO OPERATORE O IL RIENTRO IN TELECOM ITALIA.

Sono d’accordo con voi: scitte così possono generare allarmismo, io stesso nei panni di un utente di Plexia non sarei per nulla tranquillo. Oggi Plexia ha comunque dichiarato che ogni allarmismo è infondato e che i due comunicati sono stati pubblicati per correttezza e trasparenza, per rassicurare in ogni caso i propri clienti sulla possibilità di esercitare i propri diritti di utenti.

Vedremo come proseguirà la vicenda: per ora io mi sono fatto il nodo al fazzoletto.

Ne ho scritto in questo articolo per PI Telefonia, la sezione TLC di Punto Informatico.

 
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Pubblicato da su 24 luglio 2008 in Internet, Ipse Dixit, news, telefonia, TLC

 

Elitel sta svanendo

Dopo un periodo alquanto tormentato, Elitel – operatore di telecomunicazioni appartenente al gruppo ViveLaVie – è in agonia: per la società, in liquidazione stando a quanto reso noto da un comunicato sindacale, è previsto un progetto di concordato preventivo presso il Tribunale di Milano, mentre presso quello di Roma pende un progetto di concordato preventivo per Elitel Telecom SpA. Anche in casa ViveLaVie la situazione è tutt’altro che facile: ViveLaVie, dalla scorsa settimana, in base ad un provvedimento emesso dal Tribunale di Milano a seguito di un ricorso presentato in base all’art. 2409 del Codice Civile, risulta essere sottoposta all’attività di controllo di un amministratore giudiziario, finalizzata a chiarire determinati episodi di gestione della Società.

Nel frattempo, Plexia – operatore di comunicazioni con sede a Genova – ieri ha diffuso un comunicato stampa annunciando di aver rilevato da Elitel i suoi 20mila clienti business.  Tra questi clienti non sembrano rientrare gli utenti consumer, ossia i privati (e a quanto pare ne esistono ancora, anche se in dichiarate situazioni di difficoltà, come si legge qui), ma non è chiaro nemmeno se nei numeri del porting tra Elitel e Plexia rientrino anche gli utenti dei servizi di posta, o i clienti di servizi di hosting e housing.

Oggi chi cerca il sito http://www.elitel.it / http://www.elitel.biz (domini storicamente legati al gruppo di cui portano il nome), viene condotto ad una subdirectory del sito Plexia.com. Elitel sta dunque scomparendo, anche dal web. Quindi, se qualcuno oggi non sapesse più a chi rivolgersi per capire come regolare (ripristinare o cessare) il proprio rapporto con Elitel, credo non possa fare altro che rivolgersi a Plexia, dal momento che l’azienda – nella pagina web a cui si giunge digitando http://www.elitel.it – dichiara:

PLEXIA acquisisce la titolarità dei contratti di Elitel S.r.l.

A seguito della cessione del business commerciale di Elitel S.r.l. a PLEXIA S.p.A., quest’ultima diventa titolare del vostro contratto, senza variare in alcun modo le condizioni generali sottoscritte.

In bocca al lupo, dunque, agli ex utenti Elitel e a Plexia!

 
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Pubblicato da su 18 marzo 2008 in Internet, Mondo, news, telefonia, TLC

 

FTTH, per dare propulsione all’economia italiana

Negli ultimi anni  Cinquanta la politica ha ritenuto essenziale, per lo sviluppo economico del Paese, realizzare l’Autostrada del Sole. Nel 1964 il presidente Moro ha inaugurato l’Autostrada del Sole. Ecco: il costo di una rete in fibra, che colleghi tutte le abitazioni di tutti gli italiani, quindi un progetto enorme, capillare, costa – probabilmente – circa come l’Autostrada del Sole. Probabilmente meno. E sarebbe un motore che darebbe una propulsione enorme all’economia italiana.

(Stefano Quintarelli)

Io stasera, nel giro di due ore, ho avuto l’ADSL di casa a singhiozzo. Tempo di connessione complessivo: 32 minuti (nell’arco di due ore). Alle 20.30 mi ha abbandonato del tutto (ora sono in dial-up con il fido modem a 56 kbps).

Ultimamente la cosa si ripete con una certa frequenza. Con un’infrastruttura di telecomunicazioni in queste condizioni, dove vogliamo andare, noi italiani?

 
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Pubblicato da su 17 marzo 2008 in Internet, Mondo, tecnologia, TLC

 

WiMax, adesso inizia il bello?

Questa settimana si è conclusa la gara per l’assegnazione delle licenze WiMax. Dal punto di vista dello svolgimento, è stata una gara piena di sorprese:

  • nonostante i timori iniziali, giustificati almeno in teoria, le licenze non sono state assegnate ai “soliti noti”;
  • ha riscosso un successo inaspettato, raccogliendo oltre 136 milioni di euro (+176% sulla base d’asta);
  • Telecom Italia si trova solo al quarto posto nella claissifica degli investitori.

Nel mio articolo ho già avuto modo di dire come AriaDSL, ritenuto un outsider, abbia avuto in realtà un ruolo da protagonista, forte del supporto finanziario del fondo Gilo Ventures dell’israeliano Davidi Gilo, imprenditore che nel 1999 vendette per 1,6 miliardi di dollari la sua DSP Communications (con sede a Cupertino) ad Intel, consentendole di accelerare lo sviluppo di chipset 3G per la telefonia mobile. Il finanziere sembrerebbe avere dunque il pallino delle TLC, anche se ha cambiato settore.

La leggenda narra che mister Gilo ami l’Umbria e vi trascorra da anni le proprie vacanze. Volendo dotare la propria abitazione di connettività broad band, si sarebbe rivolto ad AriaDSL. Evidentemente un abbonamento non gli deve essere sembrato sufficiente e così ha rilevato il 75% del capitale dell’azienda.  

Battute a parte, è lecito chiedersi se il mattatore del WiMax sia davvero Davidi Gilo con la “sua” AriaDSL, oppure se il suo provvidenziale intervento sia l’espressione dell’interesse di altri soci nel business del broad band wireless italiano.

Staremo a vedere. Così come assisteremo con attenzione al modo in cui gli aggiudicatari delle licenze concretizzeranno i loro programmi e manterranno la promessa di portare il broad band laddove oggi non c’è. E, soprattutto, a quali condizioni (tecniche ed economiche) si proporranno agli utenti.

 
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Pubblicato da su 29 febbraio 2008 in Internet, media, tecnologia, telefonia, TLC

 

Elitel / ViveLaVie, cosa risulta ad Agcom

ATTENZIONE: questo post è del 20 febbraio 2008, sulla vicenda Elitel c’è un aggiornamento pubblicato in un post del 18 marzo 2008

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Ringrazio Emanuela che mi ha segnalato una puntata (che mi ero perso) della trasmissione La Radio ne parla (del 5 febbraio) che riporta la testimonianza di un’utente che ha avuto per anni la carrier pre-selection con Lombardiacom (operatore poi confluito in Elitel). Riassumo la vicenda (raccontata nel dettaglio qui): tutto è andato bene fino al 10 luglio 2007, data in cui il servizio si è interrotto. L’utente è rientrata in Telecom (disattivando l’utenza Elitel seguendo le istruzioni ricebute da Telecom), ma da ottobre Elitel ha ricominciato a mandarle le bollette.

Nella puntata, tra i vari interventi, ho trovato molto interessante quello dell’avvocato Enrico Maria Cotugno, funzionario della Direzione tutela dei consumatori dell’Agcom. Dopo aver spiegato all’utente l’iter da seguire per inoltrare reclamo, il funzionario dell’Authority ha dichiarato (cito testualmente, ipse dixit):

Elitel è in amministrazione controllata. È stata rilevata da Vive la Vie che ha fatto – tra settembre e novembre – un’operazione di immigrazione dei clienti Elitel in altri gestori. Il problema è che in questa migrazione non sono andati per il sottile e la hanno imposta, senza comunicarla agli utenti, anche a chi era tornato a Telecom o aveva comunque cambiato gestore. Le persone coinvolte devono fare reclamo. L’Agcom è già andata da ViveLaVie che ha assicurato lo storno delle bollette a tutti quelli che fanno reclamo.
Già all’epoca, l’Autorità aveva fatto un ordine sia a Telecom sia e Elitel di porre fine alle condizioni lesive degli utenti. Inoltre ha fatto obbligo a Telecom di informare gli utenti della possibilità di cambiare gestore e di telefonare con un altro gestore anteponendo un prefisso (il 1033).
È stato l’unico tra gli operatori di un certo rilievo coinvolto in un caso di questo tipo, e l’unico totalmente senza preavviso.

Da queste parole si deduce che l’Authority si è dunque mossa in seguito alla vicenda, essendole nota (era quindi legittimo attendersi che facesse qualcosa). Trovo però che ci sia qualche criticità in questo modus operandi: il fatto che l’operatore non sia andato “per il sottile” imponendo agli utenti una migrazione non richiesta – per usare le parole dell’avvocato Cotugno – non rappresenta una violazione, anche dal punto di vista delle regole di mercato e di leale concorrenza?

 
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Pubblicato da su 20 febbraio 2008 in telefonia, TLC

 

Open Access. E’ uno scorporo? Ni.

Ecco una notizia che non può passare inosservata a chi si interessa di  rete e, di conseguenza, del mercato italiano delle TLC (e infatti fa il giro del mondo: CNN, Guardian e Forbes, ad esempio, sono subito sul pezzo). 13 febbraio, ore 17.46. Telecom Italia diffonde un comunicato stampa che dice:

TELECOM ITALIA VARA UNA RADICALE RIORGANIZZAZIONE
DELLE INFRASTRUTTURE TECNOLOGICHE E DI RETE

Obiettivo di questo intervento è aumentare l’efficienza, ridurre i costi e dare maggiore trasparenza alla rete d’accesso.

Nasce “Open Access”, la struttura che, all’interno della nuova direzione Technology & Operations, gestirà in modo indipendente e trasparente tutta la rete d’accesso di Telecom Italia.

L’attività di “Open Access” sarà completamente autonoma e separata da quella delle funzioni commerciali del Gruppo.

Creata la nuova figura del Chief Information Officer.

Open Access avrà dunque il compito di “garantire lo sviluppo e la manutenzione delle infrastrutture della rete di accesso, nonché il presidio dei processi di delivery (attivazione) e assurance (assistenza) dei relativi servizi”; dovrà, quindi, “assicurare sia agli altri operatori sia ai clienti interni  un servizio sempre più efficiente e in linea con le aspettative del mercato e con le indicazioni più volte espresse dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni all’interno di un percorso che la stessa Autorità ha già delineato“.

E’ un taglio netto con il passato? E’ il tanto atteso scorporo della rete d’accesso? Ni, è una separazione funzionale e non societaria, ma potrebbe essere considerato un primo traguardo, molto importante.

Alfonso Fuggetta, a caldo, formula un’osservazione interessante:

Telefonica è contraria alla separazione e vuole fare l’OPA per comprarsi tutta Telecom. Bernabè ha riorganizzato l’azienda in funzione di un futuro scorporo. Ovviamente, non può affermare che si tratta di una separazione tipo Open Reach nè tantomento parlare di separazione societaria. Ma appare comunque un passo in quella direzione. Poi bisogna vedere come si mettono le elezioni. Il governo precedente probabilmente avrebbe sostenuto uno scorporo societario (un piano Rovati rivisto e aggiornato). Adesso si tratta di vedere che succederà.

“Il nostro approccio è il seguente” ha spiegato Bernabé in conferenza stampa: “noi siamo una grande società di TLC, disponiamo di una grande rete e vogliamo gestire attivamente il percorso di apertura, non vogliamo farci imporre il processo”.

Come a dire “la rete è mia e la gestisco io”, insomma, ma seguendo criteri alla luce del sole, se le cose andranno come ha spiegato l’amministratore delegato: “Poiché il processo di apertura della rete è comunque inevitabile vogliamo guidare noi il processo, vogliamo assumerci la responsabilità di guidarlo di investire sulla rete. Riteniamo che gli investimenti sulla rete li facciamo noi piuttosto che i nostri competitor, quello che mi preme ora è di gestire il rapporto coi nostri potenziali clienti in spirito di soddisfazione reciproca”.

 
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Pubblicato da su 13 febbraio 2008 in Ipse Dixit, news, telefonia, TLC

 

TV, che passione

La notizia: i contenuti premium del digitale terrestre di La7 Cartapiù entrano a far parte dell’offerta televisiva di Fastweb.

E’ un accordo di partnership simile ad altri di cui si è sentito parlare, come quello già siglato con Sky? Non so: quello che so è che La7 è un’emittente televisiva di Telecom Italia Media, a sua volta parte del gruppo Telecom Italia. Tra quest’ultima e Fastweb (che è controllata da Swisscom) una volta c’era un po’ di ruggine. So anche che Fastweb, attraverso e.BisMedia, controlla il 40% di RaiClick. Tutto questo mi porta a ritenere che Fastweb abbia un notevole interesse al business dell’intrattenimento televisivo e non voglia farsi sfuggire nessuna opportunità. Incluso siglare accordi con il più importante concorrente.

Ma il futuro delle telco passa veramente per la TV? Sarebbe in ogni caso preferibile che gli operatori, anziché formulare offerte tra loro simili, ma fruibili solamente attraverso la propria rete e ognuno con un proprio decoder, collaborassero ad una piattaforma comune. Ne avrebbero vantaggio gli utenti, ma anche gli operatori.

 
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Pubblicato da su 29 gennaio 2008 in Internet, media, news, TLC