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Reporting 2.0

New York: un aereo della US Airways rompe le acque del fiume Hudson. Grazie al pilota, il comandante Chesley B. “Sully” Sullenberger III, equipaggio e passeggeri si salvano. Questa è la vera grande notizia che giustamente si è guadagnata gli onori della cronaca da parte di tutti i media del mondo.

Di contorno, un segno dei tempi: a bordo di uno dei ferry che si recano con tempestività sul luogo dell’incidente c’è Janis Krums, che con il suo iPhone scatta una fotografia alla scena che gli si presenta di fronte, le fa fare il giro del mondo via Twitter (con tanto di didascalia scritta “a caldo”: C’è un aereo nell’Hudson. Sono sul battello che va a prendere i passeggeri. Pazzesco). Ora quella foto compare su molti dei media che intutto il mondo parlano di questa vicenda.

aereohudson

 
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Pubblicato da su 16 gennaio 2009 in Internet, media, Mondo, news, tecnologia

 

Lo Zoo ha sbagliato, ma…

A volta il confine tra goliardia e imbecillità può essere molto sottile… Dal Corriere:

«Gli animali? Seviziateli così» E Radio 105 sospende il suo «Zoo»

Hanno fatto una cretinata e chi ama gli animali ha avuto ottime ragioni a dar loro contro. Quelli dello Zoo dichiarano di aver capito l’errore, ne accetteranno le conseguenze e faranno ammenda. Detto questo, ora il pubblico può tornare ad indignarsi per scandali, ingiustizie, violenze e guerre – che avvengono nel clamore o nel silenzio – più meritevoli di attenzione , che accadono ogni ora e ogni giorno in quel grande zoo che è il mondo.

 
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Pubblicato da su 15 gennaio 2009 in media, Mondo, news

 

ANSA da prestazione

Nel Disinformatico, Paolo Attivissimo segnala questa perla dell’ANSA che merita qualche riflessione.

La notizia come è stata pubblicata dall'ANSA il 12 gennaio 2008

La notizia come è stata pubblicata dall'ANSA il 12 gennaio 2008

La notizia, che è stata ripresa as is anche da altre testate (tra le quali il Giornale, il Mattino, Key4biz) e che l’agenzia di stampa ha mantenuto inviariata fino ad oggi, dice che è stata sviluppata una nuova tecnologia “codec” che – per spiegarla in termini concreti – consente di stipare su un floppy disk da 1,44 MB addirittura “20 minuti di filmato in qualità DVD, che pesano 3,1 Gigabyte”, con una capacità di archiviazione di 3-4 volte superiore a quella che si ottiene oggi.

Se quanto riportato dall’ANSA corrispondesse a verità, la notizia meriterebbe grande risalto, quantomeno per tributare gloria e onori (e proposte contrattuali) a chi ha sviluppato la mirabolante tecnologia. Il problema è che la verità è un’altra e ridimensiona (parecchio) la notizia, che rimane comunque interessante, al netto delle dovute precisazioni.

E’ sufficiente conoscere ciò di cui si sta parlando per capire che c’è qualcosa che non va. Tanto per cominciare, codec non è il nome proprio della tecnologia in questione, come un lettore poco preparato potrebbe essere indotto a credere: per codec si intende un dispositivo (anche software) utile a codificare o decodificare un segnale audio o video in forma digitale (nonché a comprimerne o decomprimerne i dati). Qualche dettaglio in merito è reperibile qui.

Chi poi è convinto che la matematica non sia un’opinione, sappia che in questo caso è stata addirittura interpretata: se si tratta di una tecnologia che offre una capacità di archiviazione di 3-4 volte superiore a quelle utilizzate oggi, significa che in un dischetto da 1,44 MB sarà possibile conservare contenuti che oggi occupano dai 4 ai 5,5 MB, non certo 3,1 GB (che se non erro è oltre 500 volte tanto).

E’ sufficiente, inoltre, approfondire l’argomento per saperne qualcosa di più: con una semplice ricerca si può sapere chi ha realizzato questa tecnologia (la Eco Controllo), che ne ha presentato i risultati lunedì scorso, specificando che su un floppy è possibile archiviare un filmato di 20 secondi (non minuti).

Intendiamoci, non è affatto un risultato trascurabile, anzi. Però, se l’argomento vi interessa, approfonditelo direttamente con Eco Controllo, oppure con il consorzio CeRICT: un progetto che ha alle spalle un investimento di 5 milioni di euro, finanziati per il 60% dal ministero per lo Sviluppo Economico, merita attenzione. Sotto molti punti di vista.

 
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Pubblicato da su 14 gennaio 2009 in media, Mondo, news, tecnologia

 

La certezza della news

Premessa: lo so, sto per sottoporvi una notizia futile. Però ciò che è accaduto (e resta sotto gli occhi dei lettori) da’ la misura di quanto le notizie riportate dalla stampa siano sempre da prendere con le pinze.

Il fatto è che le redazioni di Repubblica.it e Tgcom sono eccezionali. Non solo riescono a contraddirsi su temi di rilievo (come segnalava Massimo Mantellini, a inizio anno ad esempio evidenziavano dati opposti sui conti pubblici, probabilmente riferiti a periodi differenti), ma sono in grado di esprimersi diversamente anche su (non)notizie fondate su dati oggettivi. La vicenda di Reina Hardesty, una 13enne californiana che è riuscita nell’effimera impresa di scambiare con amici e parenti oltre 14mila SMS in un mese, è stata infatti proposta in due versioni, che differiscono in un paio di punti salienti.

Ecco cosa si legge nella versione di Repubblica.it:

  • In un solo mese la ragazza, una tredicenne californiana, ha scambiato più 14.529 sms.
  • Escluse le ore di sonno infatti, l’adolescente ha scambiato un messaggio ogni due minuti. Un buco nel tempo, ma anche nel portafogli, considerando che a un costo di 20 centesimi a sms, lo sfortunato papà ha dovuto sborsare circa 2,900 dollari.

Questi invece i dati resi noti dalla versione di Tgcom:

  • sembra che una ragazzina della California abbia proprio battuto ogni record, inviando 14.528 sms nel mese di dicembre
  • Per sua fortuna aveva scelto una tariffa che prevede sms illimitati, altrimenti avrebbe avuto da pagare circa 3 mila dollari di messaggini.

La fonte originale è una news pubblicata da OCRegister.com e firmata dal padre della ragazza, dalla cui lettura emergono i medesimi dati indicati da Tgcom, qui leggermente più accurato e fedele di Repubblica.it (che però, riferendosi agli SMS non dice “spediti” ma “scambiati”, che è più corretto, dato che il numerone include sia i messaggi inviati che quelli ricevuti).

In effetti non ha importanza se sul telefonino della giovane Reina sono transitati 14.528 o 14.529 SMS in un mese: un messaggino in più o in meno non cambia il fatto che si tratta di un numero spropositato. Nemmeno l’effettivo importo della bolletta ha importanza, perché il cuore della notizia è nel numero di messaggi. Le inesattezze sul contorno, verosimilmente, possono essere frutto di superficialità – o di scarsa dimestichezza con l’inglese – da parte di chi ha letto la notizia, d’accordo. Ma se è possibile riportare in modo errato una stupidaggine come questa, cosa può accadere con notizie di maggiore importanza?

 
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Pubblicato da su 12 gennaio 2009 in media, news, telefonia

 

Tiscali stacca la spina alla sua TV

Siamo ormai alla fine dell’anno, e anche alla fine delle trasmissioni per la Internet TV di Tiscali: come segnalano Massimo Cavazzini, Alfonso Fuggetta e Alessandro Longo, l’azienda ha deciso di staccare la spina alla sua IPTV a partire da gennaio 2009.

Il servizio conta oggi un numero di utenti deludente, sebbene gli obiettivi iniziali non fossero roba da spaccare il mondo: l’anno scorso, infatti, Tiscali aveva lanciato l’offerta prevedendo di raggiungere – entro il 2009 – un numero di abbonati pari all’11% dei 520mila clienti che costituivano bacino di utenza degli abbonati ai servizi ADSL. Insomma l’obiettivo dell’azienda era di superare i 50mila utenti.

Nel dare la notizia ai propri clienti, Tiscali sembra non voler annunciare la morte della sua televisione: su web scrive che Il servizio è temporaneamente sospeso per inconvenienti tecnici, mentre in una comunicazione inviata agli abbonati scrive che l’erogazione dei canali di Tiscali TV sarà sospesa a partire dal 1° gennaio 2009. I canali trasmessi in digitale terrestre saranno fruibili tramite il decoder Tiscali fino al 15 gennaio 2009. Una “sospensione”  potrebbe lasciar supporre una “ripresa”, ma un’altra frase, che dice Tutti i canoni del servizio Tiscali TV del mese di dicembre e fino al 15 gennaio 2009 saranno erogati a titolo gratuito fa pensare invece ad una sorta di compensazione di chiusura.

Fine dell’avventura televisiva per Tiscali? Forse sì, ma l’azienda potrebbe anche cambiare modello e sperimentare altre forme legate al business dell’intrattenimento TV. Su Internet restano quindi accese Alice Home TV di Telecom Italia e Fastweb TV, due offerte legate ad aziende che possono contare su ben altre infrastrutture.

Per una TV che scompare dal web, un’altra ne appare: TV|blog.it segnala che Qoob (canale di MTV), dal 1° gennaio chiuderà i battenti sul digitale terrestre per trasformarsi in una vera e propria Web TV che attingerà al proprio database, in cui gli autori potranno inserire le proprie opere, utilizzabili – con licenze creative Commons – come colonne sonore per film, spot, corti, animazioni.

 
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Pubblicato da su 29 dicembre 2008 in media, Mondo, tecnologia, telefonia, TLC

 

Off topic (3)

Giusto ieri Paolo segnalava che la classificazione delle notizie evidenziate da Google News, nella sezione Scienze e Tecnologie, aveva bisogno di un po’ di tuning. Del resto anch’io, in passato (ad esempio qui e qui), ho avuto parole di critica verso la disinvoltura mostrata nell’inserire come Spettacolo news un po’ fuori tema e dal momento che da un po’ di tempo a questa parte non avevo più notato sviste clamorose, mi son detto “Perdinci, che bravi, qui finalmente hanno messo tutto a posto”.

Certo, certo…

 
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Pubblicato da su 8 ottobre 2008 in Internet, media, news

 

Un primo passo per l’uomo

L’incontro di Franco Bernabé con i blogger al Mart di Rovereto (museo di cui riveste la carica di presidente del consiglio di amministrazione) rappresenta, a mio parere, un importante segnale di comunicazione. Qualcuno, come temeva Luca De Biase, avrà pensato che fosse una conferenza stampa per i blogger (ma se i blogger non sono giornalisti, la conferenza stampa non ha senso). C’è da tenere conto che non ci sono precedenti: credo si tratti della prima volta che i vertici della principale compagnia telefonica italiana (nonché il più importante Internet Provider) abbiano deciso di confrontarsi, al di là della forma dell’incontro, con una community che non è di giornalisti, non è di analisti, ne’ di azionisti, ma che – anche nella veste di opinion leader – ugualmente rappresenta una fetta del Paese in cui quell’azienda si trova ad operare con i propri importanti (e spesso vitali) servizi.

Seppur invitato non sono riuscito ad andare all’incontro per via di alcuni impegni professionali, ma mi sono accontentato di seguire l’avvenimento in streaming e l’impressione che ho avuto è di aver visto tanti Bernabé.

Al Mart ho visto il Bernabé dell’era post – Tronchetti Provera, che raccoglie un’eredità pesante in termini di immagine nei confronti dell’opinione pubblica perché catalizza su di se’ le malevole (e non sempre ingiustificate) attenzioni di una buona fetta di utenti, consumatori e operatori alternativi, per i quali l’incumbent Telecom Italia è la compagnia telefonica mal privatizzata che detiene la proprietà del principale network TLC italiano che per molti versi è causa dei mali del mercato della telefonia. Non è un fatto personale: uno si può chiamare Tronchetti Provera, Ruggiero, Grillo, Veltroni, Berlusconi, Bonacina, ma se sta ai vertici di Telecom deve accollarsi questo onere.

Ho visto anche un Bernabé tignoso: dice infatti di essere tornato in Telecom “per tigna, per orgoglio, per dimostrare che quello che avevo già pensato potesse essere il futuro di questa azienda è assolutamente fattibile, e non me ne andrò se non dopo aver cercato di realizzarlo”. E questo dopo aver dichiarato che “la scalata a Telecom Italia con i debiti che hanno impoverito la società è stata un delitto contro il progresso del Paese, ha tolto risorse alla Telecom Italia proprio nel momento in cui doveva investire per il futuro. Quando ho criticato l’OPA non l’ho fatto per un interesse di manager, ma perché immaginavo quello che sarebbe successo, e che si è puntualmente verificato”.

C’era poi il Bernabé col pelo sullo stomaco, quello che – dopo le garbate domande presentate dai blogger – ha esclamato “Mi aspettavo domande molto più cattive”.

Alle domande dirette, anche se non cattive, ha però fornito risposte politiche e un po’ opache (caratterizzate cioè da scarsa trasparenza). E qui è affiorato in più occasioni il Bernabé uomo Telecom.

E’ colui che, a chi gli ha chiesto quando si raggiungerà l’atteso traguardo di una copertura del 100% del broad band in Italia, ha minimizzato la questione rispondendo che oggi siamo al 96% e entro breve (ma quanto breve non si sa) raggiungeremo il 98,5%. Al resto si arriverà con altre tecnologie, ha aggiunto Bernabé, precisando che Telecom Italia non può farsi carico dei problemi di chi ha messo su casa in luoghi non appropriati in seguito alla speculazione edilizia. Io spero che con questa frase abbia voluto fare una battuta, ma non è stata comunque delle più felici e ha in ogni caso dimostrato scarsa sensibilità al problema del digital divide.

A chi gli ha chiesto come si pone la sua azienda nei confronti della net neutrality ha poi risposto che si tratta di “un problema importante che va promosso a favore dell’utente, a favore non dei nuovi monopoli della rete, perché altrimenti rifacciamo la storia di Netscape e di Explorer” e aggiungendo la necessità di promuovere tutto ciò che può rendere competitiva la rete anche sul fronte della sicurezza, su cui le telco si devono impegnare perché “quello che si è verificato nella rete negli ultimi anni è anche una riduzione dell’efficacia della rete stessa”, riferendosi al fenomeno dello Spam come ad una piaga epocale (ma glissando sulla questione posta dalla domanda iniziale)

Bernabé dichiara di pensare a Telecom Italia come una stabile public company dopo le turbolenze conseguenti al cambio di gestione, affermando che “il tempo del lavoro dedicato a sistemare i problemi ereditati dalla precedente gestione è finito. E ora possiamo cominciare a lavorare in serenità, sapendo che quello che conta è liberare le forze della rete, per contribuire alla modernizzazione del paese”.

A mio avviso non ci si poteva aspettare di più, dall’amministratore delegato di Telecom Italia, in un incontro che si è svolto a Borsa aperta e di fronte a giornalisti con le orecchie tese (spesso capaci di riferire starnuti che sui mercati finanziari si trasformano in uragani). Ribadisco: l’evento costituisce un importante precedente, un primo passo che nessun altro aveva mai compiuto prima.

Per un Bernabé 2.0 (e soprattutto una Telecom 2.0) è ancora un po’ presto.

 
 

Per chiudere il cerchio

Come segnala Massimo Mantellini (via Phonkmeister), dopo la buccia di banana su cui è scivolata ieri La Stampa, che ha pubblicato in prima pagina una copertina-bufala (in quanto mai esistita) di Sarah Palin su Vogue, oggi il quotidiano torinese chiede scusa per l’errore. A pagina 13 e con scarso risalto, è vero, ma almeno si è impegnato a riconoscere la magra figura. Chiedendo scusa ai lettori, ma innanzitutto alla diretta interessata, che senz’altro apprezzerà.

 
Anche il Corriere della Sera ieri era caduto nello stesso errore, con la differenza (rispetto a La Stampa) che alla pseudo-coprtina di Vogue non aveva dedicato la prima pagina. E sempre il quotidiano milanese oggi ha dedicato un trafiletto alla “smentita”, ma a modo suo: senza chiamare in causa se stesso, ha preferito riferire genericamente che molte testate nel globo erano cadute nella stessa trappola, ritenendo vera la copertina e pubblicandola. 
In ogni caso, negli USA, la vita della Palin è diventata oggetto di studio per molti: blog come White Noise Insanity, ad esempio, gettano un’ombra sulla sua ultima gravidanza (e Times Online non se la fa sfuggire), mentre altre testate riferiscono che la candidata repubblicana alla vicepresidenza USA non riesce neppure ad ottenere il consenso della suocera.
 
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Pubblicato da su 31 agosto 2008 in Internet, media, news

 

Copertine che non lo erano

Poi dicono che i blogger stanno al giornalismo come il cavolo a merenda…

Ecco una trappola in cui è riuscita a cadere anche un’autorevole testata giornalistica come La Stampa: una copertina di Vogue in cui compare Sarah Palin, candidata repubblicana scelta da McCain alla vicepresidenza USA. Dice “che c’è di strano?” C’è che la Palin aveva effettivamente posato per un servizio fotografico realizzato da Vogue, ma la rivista non lo ha mai utilizzato per nessuna delle sue copertine. Ma allora donde viene questa copertina? Da Kodiak Konfidential, che l’ha pubblicata dichiarando candidamente: “No, this isn’t an advanced copy, just some Photoshoppin’ . Un lavoretto di Photoshop, insomma. Peccato che la redazione de La Stampa sia convinta che la copertina sia autentica…

[via PandemiaAlessioPaferrobyday]

Nota: per il titolo di questo post ho parafrasato un titolo utilizzato sovente da Wittgenstein per indicare notizie che si sono guadagnate la ribalta della cronaca anche quando in realtà si trattava di bufale belle e buone. Come la copertina di cui sopra…

 
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Pubblicato da su 30 agosto 2008 in (dis)informazione, media, truffe&bufale

 

Volevano essere gli U2be?

Su Blogosfere Spettacoli leggevo questa storia delle registrazioni dei quattro brani del nuovo album No line on the horizon degli U2, che un fan avrebbe pubblicato su YouTube anticipandone l’uscita ufficiale. Bono, il leader della band irlandese – spiegano le cronache – stava ascoltando i brani a tutto volume mentre si trovava nella sua casa sulla spiaggia di Eze (posso confermare che è una bellissima località e anche agli U2 deve piacere molto, visto che anche il loro chitarrista The Edge ha una casa lì). Questo fan si sarebbe trovato più o meno casualmente fuori dalla casa di Bono e le avrebbe registrate con il proprio cellulare, per poi pubblicarle su Internet. La band, scoperta l’anticipazione, avrebbe immediatamente chiesto e ottenuto la rimozione dei brani.

Non solo questa affascinante storia mi sembrava sempre più strana mentre la leggevo, ma mi ricordava  una vicenda analoga, che è accaduta quattro anni fa, qualche settimana prima del lancio dell’album How to dismantle an atomic bomb sempre degli U2 e sempre a Eze. Nel luglio 2004, tra gli altri, ne parlò Rocklab:

[…] Bono e soci hanno perduto il CD contenente tutte le canzoni del loro nuovo album ed ancora non hanno ritrovato la copia. Copia che ovviamente non è unica, ma si può ben immaginare che, se nelle mani sbagliate, significherebbe che l’attesissimo nuovo album degli U2 potrebbe finire in Rete in poco tempo. Il fatto, scrive il quotidiano “Nice Matin” di Nizza, sarebbe accaduto lo scorso martedì. Durante un servizio fotografico a casa di Bono, ad Eze, nei pressi della città rivierasca, un ignoto avrebbe approfittato della confusione per far sparire il demo.

Notizia corroborata da Zooitalia (un sito ricco di news sulla band di Dublino), che osserva come si sia sostanzialmente ripetuta una storia già accaduta nel 2004: anche allora, infatti, dalla sua terrazza, Bono sparò a tutto volume alcuni brani dell’album che sarebbe uscito di lì a poco, a beneficio di tutti coloro che si trovavano lì intorno, con il rischio che qualcuno potesse registrare i brani. Il Corriere ritiene che Bono e compagni abbiamo commesso l’ennesima ingenuità (e chiede “si può essere davvero così naïf?”), mentre Macworld, per questo episodio, li ha definiti “pasticcioni”. Fermo restando che episodi del genere in passato hanno caratterizzato e portato fortuna alla carriera di molti altri artisti, a me tutti questi precedenti fanno pensare ad una consuetudine dallo spiccato retrogusto di mossa pubblicitaria…

Credo che il fan che ha pubblicato i brani non corra i rischi di Kevin Cogill, colui che ha sbattuto in anteprima sul suo blog Antiquiet la pre-release del nuovo album dei Guns N’Roses intitolato Chinese Democracy (in preparazione da almeno una dozzina d’anni). Molti credono che si tratti di un’iniziativa di marketing per creare un hype, ossia pompare mediaticamente l’attesa per l’uscita del loro nuovo lavoro, forse opportuna dopo il lungo silenzio della band. Ma Skwerl (questo è il nickname con cui Cogill si presenta sul proprio blog), che fin da subito si è detto pronto ad assumersi le proprie responsabilità, sembra preoccupato delle conseguenze del proprio gesto (rischia la reclusione e una multina che puà arrivare a 250mila dollari) ed è in cerca di un difensore.

 
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Pubblicato da su 28 agosto 2008 in Internet, media, news

 

A voi buon Ferragosto

Buon Ferragosto a tutti coloro che se lo potranno godere… qui alle 8 c’è stata una trombetta d’aria e adesso c’è un timido sole che tenta di riscattare pallidamente una giornata iniziata male.

Come strombazzato ai quattro venti da Telecom Italia, oggi il Discorso di Gandhi – niente affatto inedito, ne’ per il testo, ne’ per l’audio, ne’ per la traduzione – è pubblicato su molti quotidiani e su http://www.avoicomunicare.it. Sicuramente è stato fatto un lavoro accurato, ma guardate il nome del file disponibile per il download con il testo integrale del discorso:

Ora sicuramente qualcuno solleverà l’obiezione che è inutile parlarne in tono polemico perché bisogna guardare alla lodevole iniziativa di Telecom, che ha reso pubblico il discorso pronunciato da Gandhi per sottoporlo “alla riflessione di tutti”. Ma come ho già avuto modo di dire, qualche riga fa e nel post precedente, non c’è nulla di nuovo, nulla di davvero inedito. Questa iniziativa appare quindi solo un pretesto colto al volo per lanciare avoicomunicare.it (non sarà un blog?).

 
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Pubblicato da su 15 agosto 2008 in Internet, media, Mondo, news, TLC

 

Street view non guarda in faccia a nessuno

Street View è inevitabilmente destinato a fare parlare di se’. Il servizio di Google Maps, che offre visioni panoramiche delle strade e consente escursioni virtuali via Internet (una sorta di Grande Fratello in differita su cui già c’è stata qualche polemica), è l’argomento di un documento realizzato dal National Legal and Policy Cente, di cui parla Paolo Attivissimo. Con il documento in questione, il NLPC sembrerebbe voler dimostrare che anche la privacy degli stessi boss di Google è minacciata dalla loro creatura: questa immagine, ad esempio, mette in vetrina il posto auto del co-fondatore Larry Page con tutti i dettagli.

Non solo: senza muoversi dalla propria scrivania, collegandosi a Internet e sfruttando Street View è possibile conoscere senza difficoltà l’itinerario automobilistico più verosimile che lo stesso Page percorre per recarsi al lavoro.

In effetti il nome di Larry Page non compare mai in chiaro, dal momento che l’autore di questo rapporto ha pensato bene di metterci delle pecette nere a beneficio della sua privacy. Peccato che, come ben sappiamo da tempo, anche in un PDF questo espediente sia un tantino inefficace (basta un copia+incolla e il testo diviene leggibile integralmente).

Questa vicenda ha comunque due chiavi di lettura: la prima ci induce a credere che a Google, nella persona dei suoi fondatori, tutto ciò non interessi e il fatto che queste informazioni personali relative a Larry Page siano agevolmente reperibili su Internet potrebbe essere un’ulteriore conferma della loro dichiarata e ostentata vocazione alla trasparenza; la seconda ci suggerisce invece che Street View sia un po’ sfuggito di mano ai suoi genitori e ora la questione richieda mooolta attenzione… Tra l’altro, nei pochi minuti intercorsi da quando ho iniziato a scrivere questo post ad ora, le pagine web del sito NLPC che ho linkato qui sopra sono diventate irraggiungibili.

Comunque ecco qualche altro link su cui si può leggere di questo rapporto.

 
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Pubblicato da su 6 agosto 2008 in Internet, media, mumble mumble (pensieri), news, privacy

 

Il caso MediaTube

Vicenda tosta, quella che vede Mediaset impegnata a chiedere a Google un poderoso risarcimento per i suoi video ripubblicati da YouTube. L’azione (supportata, come riferisce TopLegal, dagli avvocati Gaetano Morazzoni, Vincenzo Sangalli, Stefano Previti e Alessandro La Rosa) si basa su un’immane perizia condotta da Matteo Flora (i più attenti lettori di Punto Informatico lo ricorderanno senz’altro per i suoi interessanti contributi), che per questo lavoro si è rintanato in casa e piazzato davanti al PC per settimane.

Stefano Quintarelli osserva giustamente che i video, “se stavano su youtube erano per definizione gia’ stati trasmessi, ergo le persone se li erano gia’ persi”. Quindi come sono stati monetizzati gli “almeno 4.643 filmati” di proprietà Mediaset e le “ben 315.672 giornate di visione da parte dei telespettatori”? A mio avviso, partendo dal citato presupposto che quei video sono stati pubblicati dagli utenti che li hanno visti in quanto trasmessi dalle stesse reti Mediaset, questi dati andrebbero rapportati alle tariffe di Mediaset Rivideo (che consente di rivedere a pagamento i programmi televisivi già proposti dai palinsesti del gruppo), o meglio ai profitti che gli stessi contenuti video avrebbero potuto generare se fossero stati fruiti dal servizio.

E’ presto per capire come si evolverà la vicenda, anche se è verosimile ipotizzare che i due attori (Mediaset e Google) alla fine giungano ad una trattativa per raggiungere un compromesso di reciproca soddisfazione. Già, perché anche in molte trasmissioni Mediaset (telegiornali, Striscia la Notizia, Matrix, e altri ancora) vengono proposti filmati presi da YouTube senza particolari citazioni. E se è vero che i video oggetto della contestazione milionaria sono “di proprietà Mediaset”, è altrettanto vero che YouTube – per quanto attiene al copyright – spiega piuttosto chiaramente che l’utilizzo dei contenuti pubblicati è consentito per fini personali e non commerciali e che ogni video “non può essere scaricato, copiato, riprodotto, distribuito, trasmesso, diffuso, visualizzato, venduto, concesso in licenza o in altro modo sfruttato per qualsiasi altra finalità senza il previo consenso scritto di YouTube o dei licenziatari di YouTube”.

 
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Pubblicato da su 31 luglio 2008 in Internet, media, news

 

Google, arte messa da parte

Oggi il logo nella homepage di Google ha come sfondo un mazzo di tulipani cromati. Un’opera dell’artista kitsch Jeff Koons. Cliccandovi sopra, vengo portato alla pagina iGoogle – Temi d’artista, che mi spiega “cosa succede quando l’arte irrompe sull’home page di Google” (curiosità che, peraltro, non ho mai avuto). E qui faccio una grande scoperta artistica:

Ora puoi personalizzare la tua pagina Google con sfondi realizzati da artisti di fama internazionale. Puoi inoltre aggiungere alla pagina la tua email personale e la tua selezione di notizie, giochi e molto altro, per renderla tanto utile quanto bella.

Questa “galleria d’arte” offre opere che portano firme altisonanti, ma la parola “arte” qui ha un’accezione di spettro eccessivamente ampio e chi si aspettava un artista convenzionale (un pittore o uno scultore, ad esempio), rimarrà deluso: il primo nome è quello di Dolce & Gabbana (stilisti), a seguire ci sono Philippe Starck (architetto e designer; è impietoso dirlo, ma i suoi sanitari sono richiestissimi), i Beastie Boys (band hip hop), i Coldplay (band pop-rock), Yann Arthus Bertrand (fotografo), Tezuka Osamu (fumettista e animatore, di cui mi permetto di citare Astro Boy), il già citato Jeff Koons e Anne Geddes (fotografa).

Alcuni temi sono effettivamente accattivanti, ma personalmente mi trovo benissimo con una pagina iGoogle asettica, senza fronzoli e veloce da visualizzare. Se ho voglia di arte, quella vera (l’amante gelosa di Emerson), so già dove trovarla.

 
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Pubblicato da su 30 aprile 2008 in Internet, media, news

 

PI Lavoro: pronti, partenza… via!!!

Parte oggi PI Lavoro di Punto Informatico, una nuova piattaforma che nasce da un progetto pensato – uso le parole della presentazione – per cambiare le regole della ricerca e della domanda di lavoro nell’ICT in Italia e offrire un servizio alla comunità degli sviluppatori, dei professionisti ICT, dei tanti free lance che popolano il mondo dell’informatica italiana.

Non è cosa da poco: come potete capire all’orizzonte c’è un obiettivo ambizioso, che non può fare a meno di un elemento fondamentale, la collaborazione.

PI Lavoro parte ufficialmente ora, ma (come in una sorta di “prevendita”) è stato preannunciato la scorsa settimana agli utenti della community di PI, che hanno potuto cominciare ad inserire i propri dati. E il risultato iniziale è molto promettente: i curriculum vitae arrivati in questi giorni sono quasi 400. E questo numero indica una fattore molto importante: PI Lavoro sta riscuotendo fiducia.

Dalla nota pubblicata oggi:

Tre i nodi fondamentali di PI Lavoro: non vengono inseriti né diffusi dati personali, non ci sono costosi abbonamenti di accesso perché la piattaforma si utilizza solo quando serve e punta tutto sulla riduzione dei costi e alla fruibilità, e i curriculum inseriti sono a scadenza. Questo significa che non rimarranno mai a disposizione CV di persone che non sono più interessate ad offrire le proprie competenze, perché ogni mese chi ha inserito il proprio CV dovrà confermare la propria disponibilità.

Contribuite anche voi a fare conoscere, ad utenti e aziende, questa nuova soluzione “job 2.0”.

L’invito vale per tutti. Perché oggi, o domani, potreste averne bisogno.

 
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Pubblicato da su 18 aprile 2008 in Internet, media, news