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TV, che passione

La notizia: i contenuti premium del digitale terrestre di La7 Cartapiù entrano a far parte dell’offerta televisiva di Fastweb.

E’ un accordo di partnership simile ad altri di cui si è sentito parlare, come quello già siglato con Sky? Non so: quello che so è che La7 è un’emittente televisiva di Telecom Italia Media, a sua volta parte del gruppo Telecom Italia. Tra quest’ultima e Fastweb (che è controllata da Swisscom) una volta c’era un po’ di ruggine. So anche che Fastweb, attraverso e.BisMedia, controlla il 40% di RaiClick. Tutto questo mi porta a ritenere che Fastweb abbia un notevole interesse al business dell’intrattenimento televisivo e non voglia farsi sfuggire nessuna opportunità. Incluso siglare accordi con il più importante concorrente.

Ma il futuro delle telco passa veramente per la TV? Sarebbe in ogni caso preferibile che gli operatori, anziché formulare offerte tra loro simili, ma fruibili solamente attraverso la propria rete e ognuno con un proprio decoder, collaborassero ad una piattaforma comune. Ne avrebbero vantaggio gli utenti, ma anche gli operatori.

 
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Pubblicato da su 29 gennaio 2008 in Internet, media, news, TLC

 

Italia.quit

Quando ho letto – su Vita Digitale di Federico Cella e sulle web notes di Anna Masera de la Stampa – che il superportalone turistico Italia.it è stato abbattuto, ho pensato che a livello istituzionale, da qualche parte, sarebbe comparso un annuncio. Per dare ufficialità a queste esequie virtuali, in una forma che non avrebbe certo fatto fare bella figura al governo, ma che almeno avrebbe dato modo all’opinione pubblica di constatare che anche le istituzioni sanno ammettere i propri errori.

Invece niente: come riferisce Masera, anzi, “Francesco Rutelli e il suo Ministero per i Beni e le Attività Culturali da cui dipendeva il portale “non si sono sentiti”, ci dicono amareggiati dalla redazione di Italia.it. “Speravamo in un rilancio visto l’investimento cospicuo (5 milioni e 800 mila euro), abbiamo corretto gli errori denunciati lavorando gratis in questi ultimi mesi, e invece siamo a spasso senza nemmeno una comunicazione ufficiale” commenta il caporedattore Luca Palamara.

Emblematico l’appello scritto il 17 gennaio ad Anna Masera dal caporedattore (i grassetti li ho aggiunti io):

“Volevo comunicarle la situazione paradossale in cui versa il portale in questo momento. Questo è sempre in bilico tra la chiusura ed il rilancio, tra il passaggio all’Enit ed il prolungamento del contratto con il vecchio Rti a causa del rimpallo di non-decisioni che rischiano di mandare definitivamente all’aria un investimento cospicuo (pari a circa 5 milione e ottocentomila euro).
Il portale è ancora online grazie anche al lavoro gratuito della redazione, anche se formalmente è stato dichiarato chiuso da un paio di mesi (ironia della sorte, nell’ultimo mese sono aumentati anche gli accessi).
Ma intanto nessuno decide: classico esempio di bizantinismo politico di stampo kafkiano che in Italia produce continuamente delitti reati e sperperi senza arrivare mai a determinare colpevoli e cause.
Le Regioni sono adesso fortemente interessate al contributo promesso per il portale e quindi sono passate dalla fase di rifiuto di un anno fa ad una di adesione, attiva partecipazione e promozione per la sopravvivienza del portale stesso. Ma ovviamente le risposte non arrivano perchè nessuno vuole prendersi la responsabilità e i quasi 6 milioni spesi fino ad adesso saranno a breve l’unica eredità visibile di tutta questa assurda vicenda”.

Poi è arrivata la presa di posizione del ministro Nicolais, che ha deciso per la chiusura. Qualcuno ha pensato “è un disguido tecnico”, “non si sono scordati di rinnovare il dominio”, ma questo è escluso, dal momento che l’expire date del dominio Italia.it è 3 giugno 2008 (fonte).

Ogni scomparsa porta con se’ tristezza. Quella di Italia.it anche molta amarezza. Rimangono tante considerazioni, ben delineate dagli amici di Scandalo Italiano e The Million Portal Bay, soprattutto sul fatto che questo progetto fallimentare fallito è costato milioni e milioni di euro:

Cinquemilioniottocentocinquantunomilatrecentocinquantacinque euro + un altro milioneduecentotrentasettemila per il solo studio di fattibilità + un bel centomila ancora per il solo sgorbio del cetriolone. Totale: 7.188.355 euro e probabilmente qualcosina d’altro ancora (vedi alla voce: anticipi del 10% per convenzioni già sottoscritte con le Regioni, certificazioni e verifiche per accessibilità, spese varie ed eventuali, ecc. ecc.)
Gettati al vento definitivamente.

Una prece.

 
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Pubblicato da su 19 gennaio 2008 in Internet, media, Mondo

 

ReciDivo

Oggi 500mila palline colorate (qui riprese da Corriere e Repubblica, che ha pubblicato anche un reportage che potrebbe far pensare a una non-sorpresa) sono cadute da Trinità dei Monti e si sono posate qua e là sul lastrico di Piazza di Spagna, invadendo anche la Fontana della Barcaccia. Autore del gesto, Graziano Cecchini, lo stesso a cui è stata attribuita la colorazione rosso Trevi dello scorso ottobre, che per la personalizzazione delle fontane deve avere una predilezione, e che si sta guadagnando una certa notorietà per queste operazioni artistiche.

quantepalle.jpg

Quest’impresa delle palline, tra l’altro, sarebbe costata 20mila euro. Una cifra coperta da uno sponsor, un sito web che distribuisce suonerie per cellulari.

Davide – su Daveblog – osserva: “Comunque abbiamo scoperto che uno può andare in giro per Roma con un pratico cellophane con 500000 sfere di plastica e nessun tutore della legge si pone minimamente il problema di cosa vuole farne”. Be’, si sarebbe dovuta ripetere una scena come quella del vecchio spot dei pennelli Cinghiale… ma se il signor Cecchini, ad un vigile curioso, avesse spiegato che portava quelle palline in un’area gioco per bambini, chi gli poteva dire qualcosa?

Giudizio critico: bah.

 
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Pubblicato da su 16 gennaio 2008 in media, Mondo, news

 

Liberare l’Informazione

Il 25 aprile in Italia si commemora la liberazione dal regime fascista. Non a caso Beppe Grillo ha scelto questa data per il secondo V-Day che sarà dedicato ad un’altra casta, quella dell’Informazione. Sul blog di Grillo si legge:

L’unico modo di far cambiare veramente questo Paese, secondo il mio punto di vista prima che diventi pazzo del tutto, è battere dove c’è la ragione della democrazia, dove dovrebbe essere tutelata: l’informazione. Scomparsi i grandi giornalisti come Biagi, Montanelli e altri, non ci rimane più nulla.
Ecco perché farò il V-Day prossimo il 25 aprile: il giorno della Liberazione. Liberiamoci da questa informazione, liberiamoci da questa gentaglia. Gli togliamo i finanziamenti, vediamo di impostarla bene perché la mia vita ormai è su queste cose.

E’ sicuramente vero che ci dobbiamo liberare dall’informazione che abbiamo oggi, che molto spesso è disinformazione. Per farlo dobbiamo rendere libera l’informazione, rendendo libero chi fa informazione. Lo scoglio è enorme, il V-Day riuscirà a centrare l’obiettivo?

P.S.: mi segnalano che Disinformazione.it si pone più di qualche dubbio sulla libertà delle informazioni e delle iniziative veicolate attraverso il blog di Beppe Grillo.

 
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Pubblicato da su 2 gennaio 2008 in media, news

 

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2008, la tivù sorpassata dal www

Condivido pienamente il commento di Luca De Biase sugli esiti della ricerca condotta da Politecnico di Milano e Nielsen, secondo la quale rivela che il 54% degli italiani preferisce Internet alla TV:

Sta di fatto che la tendenza è chiara: e si fonda sia sulla scarsa qualità dei programmi televisivi, sia sulla loro pessima immagine, sia sulla varietà e personalizzazione di ciò che si trova in rete. Di sicuro è il momento di impegnarsi nella qualità di quello che si fa online.

 
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Pubblicato da su 2 gennaio 2008 in media, news

 

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Prossimamente su quegli schermi

Chi ha una TV con schermo LCD non può dire di avere in casa “l’ultimo ritrovato della tecnologia”:

Samsung’s latest prototype active matrix screen will be a 31″ 4.3 mm display, slightly larger and lower-profile than Sony’s 27″ 5 mm prototype that it showed off at last year’s CES.

The company said this prototype consumes less than half the electricity of an LCD screen of approximately the same size.Like Sony, Samsung’s production model will be considerably smaller than the convention floor model. The company expects to begin production of a 14″ OLED screen in 2008. Unfortunately, OLED displays are still quite expensive to make: Sony’s 11″ screen carries a price tag of $1,740, while Samsung’s 14″ screen is expected to cost over $3,000.

Because of this current high cost in production, Toshiba revealed that it was shelving its OLED TV plans until at least 2010, according to yesterday’s Wall Street Journal. This while Sony phases out its projection TV line to focus on OLED.

While OLED screens remain too costly to be an effective solution for television viewing, their low power consumption make them ideal for use in portable computing, MP3 players and cellular handsets. A notebook equipped with solid state memory and an OLED display will have much lower power consumption than a backlit LCD, spinning drive model, thereby multiplying the potential battery life.

(via Betanews)

Dallo schermo piatto si potrebbe quindi passare presto all’ultrapiatto. E sul fronte degli schermi OLED (tecnologia già impiegata per i display di molti telefoni cellulari) ci sono la giapponese Sony e la coreana Samsung, forse le due principali aziende del settore (che attualmente producono addirittura pannelli LCD nel medesimo stabilimento).

Su questo mercato, un mese fa, ha debuttato Sony, lanciando TV con schermo OLED da 11 pollici e presentando un prototipo (sempre OLED) con schermo da 27 pollici. Ora Samsung ha il suo prototipo da 31 pollici, sottilissimo e con consumi decisamente inferiori a quelli degli schermi LCD (meno della metà).

Quando si potrà avere una di queste meraviglie a casa nostra? Adesso è un po’ presto:

Samsung OLED roadmap

 
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Pubblicato da su 31 dicembre 2007 in media, news

 

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Un video da YouTube Award

Dario Denni (auguri 😉 ) segnala un bel video che Gian Luca Petrillo ha evidenziato sul suo blog e che mercoledì 12 ha fatto da apertura all’evento “L’Italia in rete” promosso dall’associazione Italia Protagonista.

Il video è autoesplicativo. Gli studenti della Kansas State University mostrano dei dati, tra i quali:
– quest’anno leggerò 8 libri, 2300 pagine Internet e 1280 profili su facebook;
– scriverò 42 pagine di compiti questo semestre e oltre 500 pagine di email.

 
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Pubblicato da su 19 dicembre 2007 in media, Mondo

 

Chi teme il WiFi

Della paura che Parigi ha scoperto di avere del WiFi si era già parlato su Punto Informatico giovedì scorso.

Non ho molto da aggiungere in proposito, se non che mi stupisco di queste sollevazioni popolari sul WiFi, tecnologia che è responsabile di emissioni elettromagnetiche molto inferiori a quelle generate dalla telefonia mobile. Contro la quale non sento altrettante polemiche, o almeno i media non ne danno notizia.

E’ vero, del potenziale rischio salute derivante dall’uso dei cellulari si parla spesso, ma quasi sempre a livello accademico/istituzionale. Non a livello popolare, però, e in ogni caso – sia che si parli di telefonia mobile, sia che si parli di WiFi – sovente gli studi concludono che la tecnologia è utilizzata da troppo poco tempo per fornire evidenze oggettive sulla sua nocività.

Insomma, c’è un certo squilibrio in tutta questa informazione, o disinformazione: si fa presto a sparare a zero su qualcosa che non si conosce. Ma se non lo si conosce, perché sparare?

 
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Pubblicato da su 18 dicembre 2007 in media, news

 

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Sui treni

Qualche giorno fa, sul Tbiz da Bologna a Roma, Massimo Mantellini ha trovato ‘sta roba:

Io invece stamattina, sul più ordinario Lecco – Milano, ho trovato lui:

ventosa.jpg

La foto di Mantellini è migliore di quella fugacemente scattata dal mio cellulare. I più attenti (forse) vi avranno riconosciuto Capitan Ventosa, inviato di Striscia La Notizia che stamattina, mattiniero, è salito su un convoglio affollatissimo di pendolari abituali e di persone che, come me, non dovevano trovarsi lì (il treno precedente era stato soppresso).

Lo pseudo-supereroe televisivo ha documentato l’incazzatura il malcontento dei numerosi pendolari che oggi hanno viaggiato stipati come sardine in una scatoletta essendosi imbattuto in una situazione decisamente emblematica. Probabilmente quel treno non è sempre nelle condizioni in cui è stato mostrato stasera, ma situazioni identiche si ripetono ogni giorno: non conosco il motivo per cui il treno precedente sia stato soppresso, ma sulla rete ferroviaria italiana accade sovente che un treno sia costretto a raccogliere i passeggeri lasciati sulle banchine da treni che non sono mai passati, perché guasti.

E questo fa capire in che stato versa il materiale rotabile di Trenitalia, la cui manutenzione (quando qualcuno se ne occupa) è spesso precaria.

A volte penso che la società è molto indebitata e chi si occupa della sua gestione deve fare i conti con una difficile situazione. Poi mi viene subito in mente gente come Elio Catania, che lasciando la propria carica di amministratore delegato Trenitalia, fu liquidato – stando a quanto rilevato da Report – con 5 milioni di euro, dopo aver lasciato la società “con un buco di 1 miliardo e 700 milioni di euro”. E penso che quel denaro poteva essere speso meglio, in treni più efficienti e in migliori condizioni di pulizia e igiene.

 
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Pubblicato da su 10 dicembre 2007 in media, Mondo, news

 

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La tivù che non piace più

Ieri sera ho provato a vedere Annozero e non c’ho capito quasi nulla, per vederci chiaro sarebbe stato necessario avere una batteria di fendinebbia. Peccato che nessuno dei presenti fosse – a mio avviso – nella posizione di accenderli.

La trasmissione si è focalizzata sulla televisione italiana, sulla qualità dei palinsesti, sulle intercettazioni telefoniche Rai – Mediaset, sull’ingerenza che  la politica ha esercitato ed esercita nel mondo televisivo. Ma l’impressione che ne ho tratto io è talmente confusa che, alla fine, mi è sembrato di vedere – proprio nella puntata di Annozero di ieri sera – l’essenza della TV italiana. Che sembra essere nella nebbia. Non sono riuscito nemmeno a capire quale fosse il messaggio che Annozero volesse trasmettere, ho capito solo che la TV e l’informazione italiana stanno vivendo un momento di crisi, ma ho questa percezione da ben prima di ieri. Per mia fortuna non sono il solo e mi sembra che Luca De Biase renda bene l’idea quando scrive:

Tutta la prima parte è stata dedicata a un lunghissimo intervento di Raffaella Carrà. Che francamente parlata di sé e dintorni. A che pro? Incomprensibile. A meno che non si volesse creare un’impressione precisa, tipo: “noi siamo la tv popolare; l’estrema sinistra è l’unico interprete del sentimento popolare; lo scetticismo nei confronti del governo è generalizzato”. Se questa era l’intenzione del programma sono riusciti a dare l’idea che non succederà niente di importante al sistema televisivo. 

Ma il piano era quasi perfetto. Hanno parlato anche di internet come un medium dove i giovani cercano e trovano cose molto più interessanti di quelle che offre la tv. Hanno ammesso che se continua così la tv resta il medium delle persone meno informate, meno colte, più sole, più povere… Hanno dichiarato insomma che la tv è in crisi strutturale. E hanno chiaramente dimostrato di non avere la più pallida idea di che cosa fare in merito.

Ora, la questione è proprio questa. La riforma tv non è una faccenda solo di potere. E’ una questione fondamentalmente mediatica, sociale, economica e culturale. Se la tv non cambia strutturalmente perde importanza. Se non decide la politica, deciderà la storia.   

 
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Pubblicato da su 7 dicembre 2007 in media, news

 

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Radiohead: altro che flop

Quando hai finito di registrare un disco, se vuoi farlo arrivare subito all’ascoltatore, non hai altro mezzo che la rete.
Thom Yorke, Radiohead

Mi sembra una sintesi efficace del nuovo corso commerciale dei Radiohead: prima hanno messo in vendita il loro nuovo album online e a prezzo libero (ossia scelto dagli utenti). Iniziativa non originale, ma decisamente una novità per una band della loro notorietà e visibilità commerciale. Poi sono stati accusati – a torto – di aver messo in piedi un’iniziativa fallimentare, perché secondo un’indagine di comScore il 62% degli utenti che ha scaricato l’album non ha pagato nulla (e buona parte della stampa si è infilata dietro questa interpretazione, assolutamente monca). Ora, dati alla mano, parlano loro:

“…non è vera la notizia secondo la quale il 70% non ha pagato (…) I dati li conosciamo solo noi. La prima settimana ci sono stati 1,2 milioni di download, a una media di 6 euro ognuno (circa il 50% ha pagato zero). Hanno detto che è stata una scelta radicale, ma date le circostanze era l’unica possibile. Quando hai finito di registrare un disco, se vuoi farlo arrivare subito all’ascoltatore, non hai altro mezzo che la rete. È un esperimento che i Radiohead si sono trovati in condizione di fare per una serie di circostanze fortunate. Tre in particolare: la scadenza del contratto discografico, il privilegio di avere uno zoccolo duro che li conosce e li apprezza, il fatto che la maggior parte dei loro fan ha familiarità con Internet”.

L’idea di vendere il nuovo album online e in modo indipendente da qualunque logica commerciale aveva uno scopo:

“Dimostrare che non c’è bisogno di tutte queste infrastrutture per far arrivare la musica alla gente. Il processo industriale serve solo a sottrarre guadagni agli artisti e a rendere il disco sempre più costoso”.

Chi si è fermato alla notizia – non completamente vera – che il 60-70% degli utenti che hanno scaricato l’album In Rainbows non ha pagato un centesimo non ha tenuto conto che l’iniziativa dei Radiohead non può essere confrontata con la tradizionale commercializzazione di un disco e quindi il risultato conseguito non può assolutamente essere misurato con i canoni tradizionali: tra i milioni di downloader c’è molta gente che, non conoscendo la band, ha provato a scaricarne l’album per sentire se valeva la pena di essere acquistato. Molti hanno fatto come un lettore (Andrea D.C., citato con il suo permesso) che mi ha scritto: “ho scaricato In Rainbows due volte: la prima volta non ho pagato niente, ho voluto sentirlo come una demo o una ‘evaluation copy’. L’album mi e’ piaciuto e mi sono sentito un po’ in colpa, e allora l’ho riscaricato per 4 sterline”.

Una media di 6 euro ad album su 1,2 milioni di download significa 7,2 milioni di euro. Se vi sembra un risultato fallimentare…

 
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Pubblicato da su 3 dicembre 2007 in media, news

 

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Scuola, videocellulari e megamulte

Da Reuters:

Gli studenti che diffondono foto o filmati realizzati a scuola rischiano multe da 3.000 a 30.000 euro.

Lo stabilisce una direttiva inviata a tutte le scuole e presentata oggi dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni e dal garante per la protezione dei dati personali Francesco Pizzetti, che hanno sottolineato l’importanza di rendere i giovani consapevoli degli effetti che possono derivare da certi comportamenti.

La circolare stabilisce che chi diffonde immagini con dati personali altrui non autorizzate, tramite Internet o mms, rischia anche a scuola multe da 3.000 a 18.000 euro e da 5.000 a 30.000 euro nei casi più gravi, che possono essere irrogate dall’Autorità garante della privacy, insieme a sanzioni disciplinari che spettano invece alla scuola.

La nuova direttiva ricorda solo le sanzioni che già esistono in materia di violazione della privacy. Diffondere immagini senza autorizzazione è già vietato dalla legge, non servono norme ad hoc da applicare al cosiddetto cyberbullismo.

Ovviamente, in caso di minori, le multe saranno pagate dai genitori, che in tal modo saranno i primi in famiglia a essere “consapevoli degli effetti che possono derivare da certi comportamenti”.

Io sono sempre stato convinto, e continuo ad esserlo, che alla base di tutto ci sia la mancanza di una vera educazione. Che deve avere inizio in famiglia e proseguire a scuola.

E’ passato oltre un anno, ma rimane sempre di estrema attualità l’inchiesta I bulli del terzo millennio (di Irene Privitera, Chiara Pucci e Silvia Tolve, studentesse presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza”).

 
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Pubblicato da su 30 novembre 2007 in media, news

 

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Amazon come iTunes

La notizia circola da almeno un paio di giorni, ma per eccesso di concentrazione su altri fronti (che può essere facilmente scambiata per distrazione) me l’ero persa:

NEW YORK, 19 novembre (Reuters) – Il negozio online Amazon.com (AMZN.O: Quotazione, Profilo) ha annunciato oggi la prossima vendita di un lettore di libri elettronici con accesso wireless incorporato, nell’ultimo tentativo in ordine di tempo di attrarre l’interesse dei consumatori verso l’uso degli apparecchi che consentono di leggere e immagazzinare ebook.

Costerà 399 dollari (più o meno 275 euro) e “potrà contenere fino a 200 libri elettronici, scaricati dal sito di Amazon a un prezzo di circa 10 dollari a nuovo titolo”. Potrebbe essere davvero definito la declinazione editoriale dell’iPod (a parte la questione legata alla diffusione del formato non-standard dei file, che meriterebbe una riflessione diversa), anche in virtù del fatto che l’utente potrà collegarsi ad Internet in modalità wireless per scaricare i libri acquistati (Amazon come iTunes).

Penso che tutti questi presupposti gli diano i numeri per avere miglior fortuna del Librofonino. A proposito (citazione), che fine ha fatto?

 
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Pubblicato da su 21 novembre 2007 in media, Mondo, news

 

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Milano si eccita per il telefonino in Metro

Stamattina ho trovato testate agenzie di stampa che danno risalto a una notizia la cui straordinarietà a mio avviso è un po’ sopravvalutata.

Intendiamoci, niente da dire su titoli come questi:

La notizia è che nella linea 1 della Metropolitana di Milano, nelle stazioni Cordusio e Cairoli, è stata attivata la copertura delle reti di telefonia mobile. Il servizio è fruibile anche a bordo dei treni e nelle gallerie tra le due stazioni, leggo. La copertura permette di telefonare, spedire e ricevere SMS ed MMS, ma anche videochiamare e navigare in Internet sul cellulare durante il viaggio alla velocità (massima, ndr) di 384Kbps. Che è quella consentita dalla tecnologia UMTS. Entro fine 2007 la copertura dovrebbe arrivare anche in altre tre stazioni: Cadorna, Conciliazione e Pagano. Successivamente arriverà anche nelle gallerie che le collegano e si dovrebbe portare il servizio in una ventina di stazioni. L’obiettivo è di arrivare alla copertura delle tre linee attuali entro il 2010.

Va tutto bene, trovo solo eccessivamente roboante il titolo dedicato da Adnkronos: Milano batte New York: si potrà telefonare anche in Metro. Mi sembra che il progetto di New York (su PI Telefonia ne parlai a febbraio 2006), come quello del BART di San Francisco, sia ben più ampio e preveda di portare in due anni la copertura a qualcosa come 280 stazioni. A Milano le stazioni sono 88 e al momento ci sono due stazioni coperte (largo Cairoli e piazza Cordusio sono unite da via Dante e distano circa 300 metri l’una dall’altra).

E comunque Torino era più avanti già a febbraio 2006

 
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Pubblicato da su 18 novembre 2007 in media, news

 

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Google, everything but the phone

Google ha sempre più sete di telefonia mobile e comunicazione wireless. Una sete in grande stile, come dice il Wall Street Journal, tanto da essere pronta ad un’offerta da 4,6 miliardi di dollari per aggiudicarsi le licenze che saranno bandite all’asta in gennaio dalla FCC, l’Authority delle comunicazioni in USA: “Il nostro obiettivo è fare in modo che i consumatori americani abbiano più scelte in un competitivo e aperto settore della telefonia wireless”.

A Google forse non interesserà fare un telefonino (il più volte chiacchierato e smentito Googlephone o Gphone), ma sicuramente è molto orientata al business generato da quello che c’è dentro (Android, piattaforma open per la telefonia mobile) e intorno (il network). Del resto, rende di più vendere cellulari o servizi per i cellulari?

 
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Pubblicato da su 16 novembre 2007 in media, news

 

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