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TikTok vietato ai dipendenti pubblici. Solo da ora?

Solo io trovo assolutamente normale che TikTok – così come il profilo personale personale esistente su ogni altro social network – non debba trovare posto sui dispositivi dei dipendenti pubblici che hanno accesso ai sistemi dell’ente per cui lavorano? Ovviamente stiamo parlando di dispositivi “aziendali” e non di quelli privati, che non accedono ai servizi di telefonia mobile degli enti pubblici. Se lo smartphone o il tablet sono personali e sono attivi con account privati, che nulla hanno a che vedere con l’attività lavorativa svolta, naturalmente l’utente ha la massima libertà di usare qualunque app lecita gli interessi, chiaramente mantenendo un comportamento consapevole e sui rischi che si possono correre utilizzandola.

Il fatto che solo adesso le pubbliche amministrazioni si pongano il problema di un divieto fa pensare che finora non sia mai esistita un’indicazione in questo senso a livello di regolamento per i dipendenti, una regola banalmente basilare che deve essere sicuramente definita a scopo di sicurezza, ma in primo luogo per correttezza verso il “datore di lavoro”. Per cui – leggendo titoli e articoli sul “bando” di TikTok dagli smartphone aziendali dei dipendenti pubblici – si potrebbe pensare che al personale retribuito con il denaro dei contribuenti fosse consentito il trastullo attraverso un dispositivo pagato con il denaro dei contribuenti. Ovviamente non è così, tuttavia sembra sempre sia necessario perdere del tempo per vietare ciò che già non è consentito, solamente per il fatto di non essere specificamente ed espressamente vietato. Certo, sarebbe sufficiente adottare una soluzione di gestione centralizzata dei dispositivi mobili (MDM) per impedire a monte (e per tutti) ogni installazione di app non conforme all’attività lavorativa. Nelle organizzazioni in cui questo è stato già fatto, non esiste la necessità di ulteriori provvedimenti di divieto.

Il “bando” deriva dal fatto che i tecnici TikTok che lavorano in Cina – come riportato dal Guardian – hanno accesso ai dati personali degli utenti. Quali informazioni si possono ottenere? Sicuramente la posizione dello smartphone, le app installate, quanto tempo sono state utilizzate, i contenuti della rubrica dei contatti e del calendario. Quando gli utenti vengono invitati a condividere audio e immagini mentre utilizzano l’app, di fatto condividono quei contenuti multimediali con TikTok. Ora forse non tutti sanno che nel partito comunista cinese esiste una commissione di cui fanno parte alcuni dipendenti della ByteDance, l’azienda che è alle spalle di TikTok. I legami con il governo di Pechino sono dunque piuttosto stretti e questo induce molti addetti ai lavori a pensare che i dati personali degli utenti possano essere trasmessi a enti delle istituzioni cinesi, sebbene l’azienda l’abbia sempre smentito.

Questi presupposti a me basterebbero per spegnere ogni smania di utilizzo di TikTok, soprattutto se fossi nei panni di uno qualunque fra i politici italiani che da poco tempo hanno aperto un profilo su questo social, nella speranza di conquistare i voti dei suoi giovani frequentatori.

 
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Pubblicato da su 1 marzo 2023 in news

 

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Certificati anagrafici: dobbiamo ancora stamparli?

Ottima mossa, quella di scegliere come testimonial il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per l’annuncio della nuova piattaforma informatica che consente ai cittadini di ottenere i certificati anagrafici senza il pagamento di competenze o marche da bollo. E indubbiamente l’attivazione online dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) rappresenta una tappa importante nel percorso verso la vera digitalizzazione della pubblica amministrazione e dei servizi per la collettività. L’importante è che non si tratti solo di un’inversione di ruolo per quanto riguarda chi stampa il certificato, perché finché qualcuno avrà ancora bisogno del “pezzo di carta stampato”, il traguardo della vera digitalizzazione non sarà raggiunto.

Andando con ordine: da oggi, lunedì 15 novembre, è possibile ottenere dal sito anagrafenazionale.gov.it – in modo gratuito e autonomo – pressoché tutti i certificati che fino alla scorsa settimana erano ottenibili solamente presso l’ufficio anagrafe del proprio comune. Dal punto di vista del cittadino si tratta già di un cambio di passo considerevole perché non deve più recarsi presso gli uffici del municipio, non ci saranno più attese né orari di sportello da rispettare (talvolta con la necessità di chiedere ferie o permessi al datore di lavoro). L’importante è che il cittadino sia dotato di SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) il sistema di identificazione e di autenticazione digitale utile all’accesso a molti servizi pubblici, oppure di CIE (Carta di Identità Elettronica) o di CNS (Carta Nazionale dei Servizi), la tessera sanitaria che abbiamo tutti insomma, che però va abilitata e utilizzata con un apposito lettore da collegare al computer. Il certificato può anche essere richiesto per un componente del nucleo famigliare.

Osservando il sistema dall’alto, sarebbe molto importante raggiungere il traguardo dell’inutilità della stampa del certificato: vedere il Presidente Mattarella stampare e prendere in mano il suo certificato numero uno mi ha fatto piacere, perché in pochi secondi ha trasmesso il messaggio di un servizio attivo e facilmente fruibile a tutti i cittadini (purché dotati di connettività e di CIE o SPID, va ricordato), ma nel contempo penso al fatto che si tratta di un documento nato digitale con un proprio QR Code univoco e per il quale la necessità di stamparlo dovrebbe essere superata, dal momento che è già possibile mantenerlo digitale, scaricandolo o ricevendolo via e-mail e, di conseguenza, è altrettanto possibile ritrasmetterlo via e-mail o caricarlo in un sito web, per non parlare del fatto che – grazie a questo sistema digitalizzato – le informazioni anagrafiche potrebbero essere ottenute direttamente e immediatamente dalle Pubbliche Amministrazioni che le dovessero richiedere. Mi aspetterei inoltre, a breve, di poter accedere a questa stessa piattaforma attraverso i servizi disponibili sulla app IO (attraverso la quale, a proposito di certificati anagrafici, il mio comune di residenza al momento offre solo il pagamento dei diritti di segreteria).

Sicuramente ci arriveremo a breve, o almeno è auspicabile. Tornando allo stato attuale: che certificati si possono ottenere? Quelli normalmente ottenibili presso l’ufficio anagrafe: nascita, matrimonio, residenza, cittadinanza, esistenza in vita, stato di famiglia, stato civile, di residenza in convivenza, di stato di famiglia con rapporti di parentela, di stato libero, di unione civile e di contratto di convivenza. La disponibilità dipende dal profilo del cittadino e dai suoi dati registrati presso l’anagrafe del proprio comune, pertanto se un cittadino non è in una determinata condizione non potrà ottenere il certificato corrispondente a tale condizione (ad esempio un “coniugato” non avrà modo di richiedere un certificato di unione civile).

Nota dolente, ma anche questa auspicabilmente di breve – anzi brevissima – durata: all’appello dell’ANPR mancano ad oggi ancora 63 comuni italiani, i cui cittadini non potranno accedere alla nuova piattaforma finché il loro comune non avrà completato l’iter di adesione. L’elenco aggiornato è disponibile presso il sito web dell’anagrafe nazionale, ma per una ricerca più immediata basta digitare il nome di una località nel box “A che punto è il tuo comune?” alla pagina https://www.anagrafenazionale.interno.it/.

 
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Pubblicato da su 15 novembre 2021 in news

 

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App IO in tilt per il Cashback? Per forza…

Una valanga di lamentele si è rovesciata nelle scorse ore sulla app IO: ieri, 8 dicembre, ha preso il via la fase natalizia del Cashback di Stato (che proseguirà a regime da gennaio) e per moltissimi utenti intenzionati a parteciparvi il suo utilizzo è stato un vero supplizio, tanto che ancora oggi si segnalano problemi. Lamentele giustificate? Sì, dal punto di vista degli utenti che si aspettano che un servizio, annunciato e attivato, debba funzionare nel suo complesso, anzi: nella sua complessità. Una complessità di cui però è necessario essere consapevoli per capire meglio i motivi per cui, come da ieri si sente spesso, “il cashback non va”.

Non ignoriamo che esistono utenti della app IO che non se ne lamentano, perché per loro funziona e non c’è stato alcun tipo di problema. Innanzitutto va detto che si tratta di utenti che verosimilmente avevano già scaricato la app in precedenza: non dimentichiamo infatti che non è stata realizzata solo per il cashback, ma per agevolare la digitalizzazione del rapporto fra cittadini e Pubblica Amministrazione in un più ampio contesto di servizi e iniziative. Questi utenti, dunque, sono riusciti ad inserire i propri dati prima del picco di contatti che si sono abbattuti sulla piattaforma in questi giorni. A chi è riuscito ad inserire tutte le informazioni necessarie, nel Portafoglio potrebbe apparire qualcosa del genere (oscuro i nomi di banche e circuiti):

Chi desidera che questi strumenti di pagamento siano considerati ai fini del cashback, non deve limitarsi ad aggiungerli alla app, deve attivarli. Per farlo è necessario aprire la app IO, selezionare Portafoglio dal menu in basso e poi il tab “Cashback”: lì si deve attivare ogni singolo strumento, spostando il cursore sulla destra. Senza questa attivazione, ogni acquisto effettuato con le carte o gli strumenti indicati non sarà calcolato per il rimborso che l’utente vorrà vedersi accreditare sul conto corrente (e a tale fine dovrà aver inserito il proprio Iban nella stessa sezione).

Anche per chi si è mosso con tempestività, tuttavia, non tutto è andato liscio: la app ha avuto (e continua ad avere) numerosi aggiornamenti proprio perché alcune funzioni non sono state disponibili fin da subito. L’attivazione del cashback ha avuto luogo lunedì scorso, un giorno prima della partenza effettiva dell’iniziativa. La possibilità di aggiungere le carte PagoBancomat, ad esempio, è stata aggiunta solo nelle scorse ore e pertanto, per molti utenti, gli acquisti effettuati con questa modalità non sono stati registrati ai fini del cashback fin dall’inizio. Si può dunque dire che uno dei problemi principali consiste nell’aggiunta di funzionalità essenziali avvenuta praticamente all’ultimo minuto, che ha reso inevitabile l’affollamento rilevato proprio in questi giorni sulla piattaforma e che ora rappresenta l’aspetto critico più rilevante, come avviene in un qualunque click day.

Alla base di tutto, quindi, ci sono tre elementi da considerare:

  1. la modalità di attivazione last minute di un’iniziativa annunciata da mesi e resa operativa per gli utenti solo poche ore prima della partenza;
  2. il dimensionamento dei sistemi, che nei momenti di picco fatica (molto) a reggere la mole di contatti che riceve. Di per se’, la app funziona, ma i problemi si presentano perché si interfaccia con altri sistemi;
  3. la qualità del servizio di connettività utilizzato, che può contribuire – se non molto performante – a rallentare il tutto.

Ma come dicevo sopra, non va dimenticata la complessità del sistema. Basti pensare, ad esempio, alla rilevazione automatica delle carte PagoBancomat: per aggiungerne una ai sistemi di pagamento, all’utente viene richiesto solamente di selezionare l’istituto bancario di riferimento. L’utente non sa – e non è tenuto a sapere – che ad inserire i dati di quella carta provvede un altro sistema, che rintraccia i collegamenti tra la banca selezionata e l’utente, con il compito di restituire il dato che corrisponde alla carta di cui è titolare. Non è la app a compiere direttamente questo link, ma è la app a darne il risultato ed è per questo motivo che non si può dar torto ad un cittadino che, avendo fornito le informazioni necessarie e rilevato un disservizio, dice “il cashback non va”. Soprattutto se si tratta di un utente “poco preparato” dal punto di vista digitale, che non ha modo di avere supporto da parte di qualcuno più esperto o smaliziato.

Per quanto riguarda il flusso di contatti contemporanei, la cui mole comporta saturazioni e rallentamenti, certamente l’attenzione va focalizzata al dimensionamento di un sistema che deve reggere servizi distribuiti a milioni di utenti. Chi è abituato a vedere il traffico che si abbatte sulle piattaforme di gaming potrebbe sorridere di fronte a questa empasse. Indubbiamente c’è molta strada da fare sulle infrastutture alla base dei servizi digitali per i cittadini, soprattutto nel contesto della Pubblica Amministrazione.

Passato il “picco” di queste ore si capirà se il sistema sarà più fluido e fruibile e, quindi, se tutti i problemi attuali sono realmente riconducibili all’ingente volume di contatti contemporanei che la piattaforma deve gestire. Nel frattempo a me sorgono un paio di osservazioni,:

  1. il cittadino deve fare sempre una coda: la digitalizzazione di un servizio permette – tra l’altro – di evitare di rimanere pazientemente in fila ad attendere davanti ad uno sportello, ma episodi come questi testimoniano che la necessità mettersi in coda (nel senso di attesa) rimane in ogni caso, senza neppure avere visibilità su quando sarà il proprio turno;
  2. in pochi giorni, la app IO è arrivata a 8 milioni di download; se questa è la misura del suo successo, si può dire che è stata sicuramente più apprezzata di Immuni. Per forza, verrebbe da dire, a velocizzare il tutto c’è stata la prospettiva di un cashback da riscuotere. Ergo, suggerimento per il governo: infilare Immuni nella app IO 😉

P.S: se avete trovato (su App store o Play store) una app a pagamento che si chiama Cashback di Stato o qualcosa del genere, sappiate che non è quella che vi permette di partecipare all’iniziativa.

 
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Pubblicato da su 9 dicembre 2020 in news, PA

 

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Un americano su due è schedato con riconoscimento facciale. Prossimamente anche in Italia?

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Metà della popolazione americana è schedata attraverso sistemi di riconoscimento facciale, secondo quanto emerge da una ricerca americana sui sistemi di riconoscimento facciale condotta da The Center on Privacy & Technology, istituto della Georgetown University che, nell’ambito del dipartimento di Giurisprudenza) si occupa, come si intuisce dal nome, di studiare il complesso rapporto esistente tra tecnologia e privacy. E’ possibile trovarne risultati e considerazioni sul sito dedicato a tale ricerca, The Perpetual Line-up, il cui titolo richiama i Line-up, i confronti all’americana.

In questo caso, però, il riconoscitore è un software che riceve un’immagine, estrapolata dalle riprese di una telecamera, e la confronta con un database di foto, alla cui formazione concorrono le fototessere delle patenti di guida e foto di volti ripresi da sistemi di videosorveglianza cittadini, un archivio composto da dati appartenenti prevalentemente da cittadini incensurati.

Su La Stampa di oggi leggiamo che questi sistemi, stando ad un’azienda leader del settore, hanno un tasso di accuratezza che può arrivare al 95%. Di conseguenza, se le forze dell’ordine ne dovessero fare uso per identificare un sospetto, avrebbero una probabilità di errore minima del 5%.

Anche l’Italia vuole dotarsene, con l’obiettivo dichiarato di un potenziamento dei sistemi di sicurezza nazionale, e a questo scopo lo scorso anno ha indetto una gara pubblica da 56,7 milioni di euro, sulla cui aggiudicazione, però, nulla è stato reso noto. Se venisse adottato dalle forze dell’ordine del nostro Paese, è verosimile pensare che il database di confronto potrebbe essere formato dalle foto di documenti di identità digitali (carta di identità, patente, eccetera), e abbinato ai dati degli altri sistemi digitali di identificazione. Una volta a regime, pertanto, la schedatura potrebbe avere copertura completa, ossia riguardare tutti i cittadini censiti nei sistemi anagrafici pubblici.

Una prospettiva da tenere sotto controllo.

 
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Pubblicato da su 21 ottobre 2016 in news

 

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25 novembre, black-out dell’Agenzia delle Dogane

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Nella giornata di oggi, 25 novembre, cade una scadenza fiscale: le aziende che, in funzione del proprio proprio volume d’affari, devono provvedere mensilmente alla presentazione degli elenchi riepilogativi INTRASTAT delle cessioni e degli acquisti intracomunitari, sono tenute a farlo entro oggi per via telematica. Un vero peccato che oggi il sito web di riferimento dell’Agenzia delle Dogane risulti irraggiungibile.

La causa – secondo quanto riferisce l’agenzia AGI – è riconducibile a problemi tecnici della Sogei (società di Information and Communication Technology del Ministero dell’Economia e delle Finanze):

“A causa di problemi tecnici della Sogei al momento non e’ possibile accedere al sito Internet dell’Agenzia ne’ chiamare il call center. Per lo stesso motivo l’attivita’ di assistenza degli uffici locali e’ fortemente limitata. La Sogei ha assicurato all’Agenzia delle Entrate che risolvera’ il problema quanto prima. Sara’ cura dell’Agenzia delle Entrate informare i cittadini della ripresa dei servizi”

Se è vero che un’azienda non deve attendere l’ultimo minuto per attuare un adempimento fiscale, è altrettanto vero che il servizio telematico che lo veicola dovrebbe essere disponibile anche all’ultimo minuto. In ogni caso, vista l’indisponibilità dovuta a problemi tecnici, la scadenza è stata rinviata a domani. Con l’auspicio che il sistema funzioni.

PS: i problemi sembrano essere estesi e interessare anche le piattaforme legali di gioco online.

 
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Pubblicato da su 25 novembre 2013 in news, PA

 

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