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Trump all’attacco delle Big Tech

Donald Trump attacca le Big Tech, le grandi aziende del mondo della tecnologia, colpevoli a suo dire di attuare una censura nei suoi confronti, in vista delle elezioni presidenziali 2020. L’attacco del presidente USA alle Big Tech parte dalla app di Twitter sul suo iPhone.

Non deve aver digerito molto bene il bollino del fact checking che Twitter ha appiccicato ai suoi tweet sul Governatore della California e sul voto per corrispondenza: prima di questa dichiarazione, sempre tramite Twitter, aveva scritto:

Twitter sta interferendo con le elezioni presidenziali del 2020. Dicono che la mia dichiarazione sulle votazioni per corrispondenza, che porterà a una massiccia corruzione e frode, non è corretta, sulla base del controllo dei fatti da parte delle fake news di CNN e del Washington Post di Amazon. Twitter sta soffocando completamente la libertà di parola, e io, in qualità di Presidente, non permetterò che ciò accada!

Riaffiorano quindi anche i contrasti con Jeff Bezos, proprietario di Amazon e del Washington Post, già ai ferri corti dai tempi del bando per il progetto JEDI per la gestione dell’infrastruttura cloud del Pentagono.

La corsa elettorale americana si sta arroventando e Donald Trump passa ai provvedimenti di prevenzione censoria

 
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Pubblicato da su 28 Maggio 2020 in news

 

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Datagate, le sorprese non finiscono

Prism

Il Datagate nato dalla fuga di notizie legata a PRISM è rappresentato dalle ormai celebri slide pubblicate dal Guardian e dal Washington Post, ritenute credibili anche perché poco curate nella forma grafica (tant’è che alcuni grafici, forse per sfruttare il momento propizio, si sono impegnati a ridisegnarle). Ieri sera il Guardian ha diffuso altro materiale sull’argomento, tra cui un elenco – datato settembre 2010 – che annovera 38 luoghi definiti “obiettivi” della vasta attività di “sorveglianza”, che potremmo anche chiamare spionaggio. Si tratta di sedi diplomatiche presenti a Washington di Paesi alleati degli USA, tra cui anche l’Italia (notizia che ha portato il presidente Giorgio Napolitano alla viva e vibrante reazione: “E’ una questione spinosa, e dovrà trovare delle risposte soddisfacenti”; dalle altre istituzioni non è dato capire se la questione non sia compresa, ne’ se sia ben nota, ma ritenuta da minimizzare).

Le ultime rivelazioni sembrano costituire un approfondimento di quel Cablegate che nel 2010 era esploso proprio in seguito alla divulgazione di documenti diplomatici ad opera di WikiLeaks che, contrariamente a quanto avvenuto in passato, in questa vicenda non ha rivestito dall’inizio il consueto ruolo di collettore di informazioni. Il suo coinvolgimento è emerso quando Edward Snowden è partito da Hong Kong alla volta di Mosca, con un biglietto aereo pagato appunto dall’organizzazione di Julian Assange.

Certo, molte cose suscitano meraviglia e danno da pensare: non passa settimana – in alcuni casi potremmo dire “non passa giorno” – senza che emerga una novità riguardo al Datagate. Notizie dichiarate come top secret vengono pubblicate e commentate in continuazione dalla stampa estera (anche il tedesco Der Spiegel ha pubblicato notizie in proposito), al punto che – agli occhi dell’opinione pubblica – il mondo dell’informazione sembra pronto a riprendersi un ruolo da protagonista.

Personalmente, sono meravigliato dal fatto che tra gli obiettivi ci sia ancora l’Italia (e forse è un dato che dovrebbe addirittura inorgoglire gli italiani, ritenuti ancora importanti dall’intelligence d’oltreoceano), ma in generale sono sorpreso da molte cose, in primis dal modo in cui stanno emergendo queste informazioni. E tra le molte cose ancora da capire, ci sarebbe il destinatario reale di quelle slide, talmente brutte da sembrare false (nel senso di “create appositamente con poca cura per farle sembrare documenti interni e riservati”) e da indurre a chiedersi quanto sia davvero incontrollata la fuga di quei dati.

Nel frattempo non perdetevi Verax, il primo cortometraggio sul Datagate, già online:

 
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Pubblicato da su 1 luglio 2013 in news

 

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Libero non significa gratis

usafreewifiIl Washington Post nei giorni scorsi ha dato notizia di un progetto, da parte della FCC – (agenzia governativa che regola le comunicazioni negli USA) per la realizzazione di una Super rete WiFi con copertura nazionale e gratuita, basata su un progetto per l’ampliamento dello spettro utilizzato nel WiFi che sembrerebbe poter convergere con un piano varato per dare ai gestori di telefonia mobile le frequenze TV non assegnate. L’articolo sul Post (che, come scrive Mante in un tweet, in realtà non dice niente), ha scatenato gli entusiasmi da parte della stampa e dela rete, che ne stanno parlando ancora adesso anche in Italia, con termini di paragone con il nostro Paese e con toni che potremmo sostanzialmente sintetizzare con “l’erba del vicino è sempre più verde”. Peccato che nessuno dia risalto alla dichiarazione – sostanzialmente una smentita – data dal portavoce della stessa FCC e raccolta da TechCrunch:

The FCC’s incentive auction proposal, launched in September of last year, would unleash substantial spectrum for licensed uses like 4G LTE. It would also free up unlicensed spectrum for uses including, but not limited to, next generation Wi-Fi. As the demand for mobile broadband continues to grow rapidly, we need to free up significant amounts of spectrum for commercial use, and both licensed and unlicensed spectrum must be part of the solution.

L’obiettivo sarebbe quindi di liberare frequenze per il 4G, la tecnologia broad band LTE utilizzata nelle reti mobili, e si potrebbe liberare spettro senza licenza per altri utilizzi, come il WiFi di prossima generazione, ma non in via esclusiva per quell’impiego. Dal momento che la domanda di banda larga mobile è in aumento, si rende necessario liberare spettro per utilizzi commerciali. E’ questo il significato della dichiarazione.

Tra l’altro, l’articolo del Post potrebbe basare le proprie certezze su un puro fraintendimento del significato della parola free, utilizzata anche da Julius Genachowski, capo della FCC (agenzia governativa che regola le comunicazioni negli USA) in questa dichiarazione, citata nella notizia:

Freeing up unlicensed spectrum is a vibrantly free-market approach that offers low barriers to entry to innovators developing the technologies of the future and benefits consumers.

Verrebbe da pensare che chi ha scritto l’articolo (ma soprattutto a chi l’ha rilanciato) abbia frainteso o sopravvalutato quel free, che in questo contesto non significa gratis, ma libero. In questa affermazione Genachowski osserva in realtà che liberare spettro non assegnato rappresenta un approccio vivace al libero mercato, che offre una riduzione delle barriere all’ingresso di quegli innovatori che sviluppano le tecnologie del futuro, e avvantaggia i consumatori. Ma il libero mercato è un mercato in cui operano più concorrenti in regime di concorrenza, non ha nulla a che vedere con il tutto gratis.

 
5 commenti

Pubblicato da su 6 febbraio 2013 in cellulari & smartphone, Internet, WiFi

 

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