Possono lavorare 24 ore al giorno, senza pause e senza alcun rischio di rivendicazioni sindacali: sono i nuovi IA Anchors, conduttori televisivi virtuali comparsi la scorsa settimana in Cina, frutto di un progetto dell’agenzia di stampa statale Xinhua News Agency. Si tratta di sistemi di machine learning che si presentano sotto le spoglie del classico “mezzobusto” di un presentatore che, attraverso mimica facciale e voce sintetizzata, possono illustrare notizie in un programma televisivo. Una novità che, andando oltre le prime interpretazioni superficiali, potrebbe avere risvolti positivi anche per la qualità dell’informazione.
Il modello espressivo è decisamente limitato: la voce è chiaramente “artificiale” e le espressioni del volto non vanno al di là di qualche piccolo movimento, ma si tratta di particolari che l’evoluzione consentirà indubbiamente di migliorare. Al netto di questo, la realizzazione è comunque impressionante e, già a questo livello, l’impiego del presentatore virtuale presenta sicuramente dei vantaggi: in primo luogo la disponibilità permanente, che permette la messa in onda – anche in caso di edizioni straordinarie – in qualsiasi orario del giorno e della notte (purché esista una notizia da leggere). Lo svantaggio è che, almeno al momento, si tratta solo di una facciata, che dipende totalmente da una notizia ancora redatta da esseri umani.
IA Anchors sembra il primo passo concreto verso la realizzazione di quella fantascienza televisiva che negli anni ’80 era stata ipotizzata con Max Headroom, un personaggio virtuale – interpretato in realtà da un attore in carne e ossa – che “esisteva” solamente su schermi di televisori e monitor di computer.
A seguire, l’evoluzione porterà senza dubbio ad un miglioramento della performance e a sempre minori differenze tra personaggi virtuali e conduttori reali, al punto che un giorno questi ultimi potrebbero non essere più utili. Ma si tratta di un’idea talmente impersonale e asettica che personalmente mi sento di escludere: se un domani, oltre alla presentazione, anche la notizia venisse realizzata attraverso un’intelligenza artificiale, il telegiornale potrebbe “guidarsi da solo” (come le auto), facendo mancare umanità, emozioni e accuratezza al mondo dell’informazione e, per estensione logica, a quello dell’intrattenimento.
Il fatto che questo progetto sia stato realizzato in Cina dall’agenzia di stampa di Stato fa pensare che in quel contesto il giornalismo, il giornalismo di qualità, sia in pericolo, perché in questa prospettiva – chiedo perdono per il paradosso verbale – sarà libero di essere censurato. In realtà differenti, realmente aperte e democratiche, vedo al contrario un orizzonte positivo per chi fa vera informazione: l’intelligenza artificiale potrà essere impiegata in modo virtuoso per dare al pubblico le notizie dell’ultimo minuto e comunicazioni urgenti che richiedono tempestività. I giornalisti avranno così maggior tempo a disposizione da dedicare ad attività di più alto valore aggiunto come approfondimenti, inchieste e servizi di maggior peso, migliorandone l’accuratezza e acquisendo maggiore autorevolezza.
Io personalmente estenderei l’impiego dell’anchorman virtuale al mondo del gossip. Mi piacerebbe vedere “l’effetto che fa” nel sentirlo e vederlo leggere in modo quasi inespressivo le ultime notizie sulle coppie del momento, tipo Chiara Ferragni e Fedez, o Asia Argento e Fabrizio Corona. Forse l’attenzione pubblica posta su un certo tipo di informazioni ne uscirebbe riequilibrata.
Una risposta a “Cosa ci porterà l’intelligenza artificiale dei giornalisti virtuali”