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Piccoli motori di ricerca “intelligenti” crescono

Il supporto dell’intelligenza artificiale pare faccia piuttosto bene ai motori di ricerca: Bing, motore di Microsoft, ha annunciato di aver superato i 100 milioni di utenti attivi giornalieri, risultato ottenuto in seguito all’introduzione della preview della sua versione intelligente (o quasi) che è online da circa un mese. Certo, il traguardo del miliardo di utenti attivi (oggi appannaggio di Google) è ancora difficilissimo da raggiungere, ma è meno lontano di qualche mese fa… e sulla scena delle “ricerche intelligenti” cominciano ad affacciarsi anche altri attori.

Se Microsoft negli ultimi tempi non avesse spinto parecchio sugli aggiornamenti di Windows – che includono anche la nuova versione di Edge, da utilizzare come browser predefinito – probabilmente anche quei 100 milioni sarebbero stati difficili da raggiungere. Il mercato in ogni caso si sta ampliando in modo evidente: Brave, ad esempio, si è mosso integrando nel suo motore Brave Search la funzione Summarizer che offre una sintesi descrittiva insieme ai risultati di ricerca, e qualcosa di simile fa DuckDuckGo (se ricordate, di questo motore di ricerca vi ho parlato qualche anno fa) che recentemente ha lanciato la versione beta di DuckAssist, in pratica un assistente virtuale – non un chatbot – che risponde alle ricerche con un recap, che però è limitato alle informazioni “enciclopediche” reperibili tramite Wikipedia e Britannica.

Ma le ricerche intelligenti “fanno bene”? Sicuramente a noi utenti fa piacere ottenere risposte “umanizzate” alle ricerche/domande che poniamo a questi motori così elaborati, probabilmente molti di noi rimangono colpiti da quella pseudo-empatia che oggi riescono ad esprimere, pur nella consapevolezza che è generata da un automatismo. Il livello dei risultati raggiunti oggi è già molto interessante, ma è certo che la tecnologia progredirà ulteriormente e ciò che resta da capire è come ci porremo di fronte a questa nuova tipologia di interlocutori virtuali: gli utenti acquisiranno maggiore senso critico o saranno più passivi? Cercheranno supporto esclusivamente in queste tecnologie anziché affidarsi ad un esperto autorevole?

Nella conclusione al post su Bing ho accennato al tema dell’attendibilità delle informazioni perché intravedo un concreto “rischio disinformazione”: con il passare del tempo e il miglioramento nella generazione automatica dei risultati, se le risposte appariranno sempre più complete, esaustive e convincenti, non escludo che per molti utenti queste migliorie possano rappresentare un disincentivo ad approfondire in modo critico le informazioni ottenute.

Questo può valere per un alunno della scuola primaria alle prese con una ricerca, per un giornalista in cerca di dati per un servizio, per un paziente che vuole avere maggiori informazioni su una patologia, per un consumatore in cerca del miglior prodotto da acquistare, per un elettore che non sa chi votare alle elezioni… sono tutti esempi in cui ottenere informazioni fuorvianti o errate può fare danno, lo so.

L’ancora di salvezza in questo settore saranno le fonti non pilotate che offriranno informazioni oggettive e non manipolate. Spetterà a noi riuscire a individuarle… ma nella giungla del “tutto gratis” – che però qualcuno paga sempre, attraverso inserzioni pubblicitarie – l’impresa sarà sempre più complessa.

 
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Pubblicato da su 9 marzo 2023 in news

 

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Informiamoci per disintossicarci dai pregiudizi

Ma quando un paziente moriva dopo essersi sottoposto alla vaccinazione antinfluenzale, o successivamente ad un altro trattamento, dov’erano tutti coloro che oggi puntano il dito accusatorio contro AstraZeneca (ma tranquilli, già spuntano anche quelli contro Pfizer)?

Beninteso: è sempre necessario fare luce sulle cause di morte di un paziente, sia che si presumesse fosse sano, sia che avesse problemi di salute conosciuti. L’obiettivo è la salvaguardia della salute di tutti e solo con studio e ricerca è possibile migliorare, fatto salvo un principio granitico: la sicurezza assoluta non esiste e l’opportunità di una terapia deriva dall’analisi del rapporto tra i possibili benefici ed effetti dannosi conseguenti.

Certo – penseranno alcuni – al giorno d’oggi è possibile avere una mole di informazioni tempestive che un tempo non era così agevolmente accessibile. “Un tempo certe cose nemmeno si sapevano”, mentre oggi riceviamo frequentissime informazioni sui progressi della situazione sanitaria (tamponi, contagi, ricoveri, indici, rapporti, decessi, talvolta anche guarigioni), sulle evoluzioni dei vaccini (risultati dei ricercatori, nomi di aziende produttrici, percentuali di efficacia, numero di dosi disponibili), per non parlare delle parole di medici, esperti, addetti ai lavori e opinionisti che vengono interpellati da giornali, telegiornali, trasmissioni televisive e chiamati – anche tutti insieme – ad esprimersi su dati oggettivi e opinioni, non raramente in contrasto tra loro.

Questa è quella che io chiamo iperinformazione non gestita, ne’ da chi la genera, ne’ da chi la riceve: il risultato è un’eccessiva e scoordinata diffusione di informazioni, che genera confusione e disorientamento tra i cittadini che, di conseguenza, maturano una propria posizione sulla base di quei dati ricevuti in quantità altrettanto eccessiva e in modo altrettanto scoordinato. Colpa di Internet? Ancora una volta: no. Colpa della mancanza di obiettività e di senso critico: io sono ignorante in materia medica (posto che sia giusto esprimere così la mia mancanza di conoscenza al riguardo), ma non per questo devo maturare fiducia o diffidenza solamente sulla base di “notizie” e informazioni non argomentate che ricevo da qualunque fonte.

Se è vero che Internet agevola la diffusione di informazioni, dando voce a chiunque abbia la possibilità di esprimersi sull’argomento, è altrettanto vero che permette a chiunque verificare dati e informazioni. Ma se siamo ignoranti in materia – ossia se non abbiamo gli strumenti culturali a comprenderne tutti gli aspetti – non possiamo esprimere giudizi e spacciare certezze che non abbiamo. “Io non mi vaccino perché non so cosa c’è dentro” è una considerazione di una superficialità assurda (non volevo scrivere cazzata, ops), se espressa da una persona che non ha competenze e da chi, ad esempio, non si pone alcun problema a a cibarsi di schifezze o a fumare.

Visto che Internet offre la possibilità di informarsi, rimaniamo su una questione semplice, ampiamente argomentata e alla portata di tutti: il fumo da sigaretta (causa di 70/80mila vittime ogni anno nel nostro Paese). Con gli strumenti che ho a disposizione – gli stessi che chiunque può utilizzare per commentare sui social a ragione o a vanvera, per capirci – posso cercare informazioni e qualche dato riesco a trovarlo. E scopro che:

  • In una sigaretta ci sono tabacco, nitriti, nitrati, ammoniaca, acetaldeide
  • La combustione di una sigaretta sprigiona nicotina, monossido di carbonio, acido cianidrico, toluene, acetone, catrame, acroleina, acrilonitrile, cianuro di idrogeno, metilammina, formaldeide, benzene, cumene, arsenico, cadmio, cromo, berillio, nichel, ossido di etilene, cloruro di vinile e polonio-210.
  • Cinque sigarette inquinano quanto una locomotiva a vapore. 

Tornando alla vexata quaestio di partenza, sempre potendoci documentare grazie a Internet, scopriamo che:

  • in Gran Bretagna tra 11 milioni di persone “vaccinate Astrazeneca” sono stati riscontrati 45 casi di trombosi. Su 11 milioni di “vaccinati Pfizer” i casi rilevati sono stati 48; è un’incidenza dello 0,00045% (allineata a quella riscontrabile al di fuori della campagna vaccinale);
  • in Italia, ogni trimestre, su 100mila pazienti che assumono anticoagulanti orali muoiono 2mila persone per emorragia, spesso cerebrale; è un’incidenza del 2%, ma non per questo ne viene bloccata la prescrizione;
  • a Napoli il 13 gennaio una persona è stata colta da malore (e purtroppo è poi deceduta) pochi minuti prima di accedere alla sede vaccinale; fosse accaduto pochi minuti dopo la vaccinazione, la correlazione causa-effetto sarebbe rimasta infondata, ma l’avremmo pensata tutti;
  • ogni giorno muoiono 800 persone anziane che si sono vaccinate contro l’influenza, senza che esista alcun legame tra vaccino e decessi.

Non cerchiamo conforto nelle notizie che assecondano un pregiudizio che non ha basi oggettive. Non fermiamoci ad informazioni che non hanno fondatezza adeguatamente supportata. E’ vero, è accaduto in moltissime occasioni di leggere o sentire opinioni e informazioni contrastanti da medici e persone professionalmente competenti, e questo è dovuto a quella iperinformazione non gestita che sarebbe meglio non esistesse, non in quella forma scoordinata e raffazzonata. Ma che possiamo tentare di gestire con più senso critico, come quando vogliamo riconoscere bufale e fake news,  non diversamente da quello che dovremmo applicare di solito, non solo in questo periodo di emergenza, ma sempre.

NB: non si tratta di una difesa verso questo o quel vaccino, ma di una considerazione nei confronti delle motivazioni contrarie viste finora. E l’ultima cosa da fare è interrompere il percorso che può portare ad una soluzione favorevole.

 
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Pubblicato da su 17 marzo 2021 in news

 

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Attenti al disordine dei giornalisti

Meteorite1-set2015

Secondo voi questo è un allarme? Secondo me sì.

E’ attendibile? Secondo me no. Eppure a lanciarlo è Leggo, Meteorite2-set2015una testata giornalistica italiana, che rilancia – riassumendolo – un articolo del Mirror, una testata britannica, che cita la tesi di un ricercatore, il professor Robert Walsh. Tuttavia il Mirror, pur cedendo alla tentazione di un titolo ansiogeno, spiega anche come alla NASA non sia sfuggita questa catastrofe imminente, perché semplicemente non ci sarà. Se ci fosse stata una minaccia come quella descritta, sarebbe stato impossibile non rilevarla. Lo conferma lo stesso professor Walsh.

Fare informazione implica una responsabilità molto seria verso i destinatari delle notizie che vengono diffuse senza un reale controllo, e la responsabilità non si sposta di un millimetro quando la notizia è tratta da altre fonti. Titolo e immagini della notizia trasmettono un messaggio di impatto diverso rispetto all’articolo. Ergo, mai fermarsi a leggere titoli e a guardare le figure.

 
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Pubblicato da su 17 settembre 2015 in (dis)informazione

 

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