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Vodafone: I governi hanno accesso diretto alle telefonate

Un anno fa esplodeva il Datagate. Oggi, da un articolo di Martina Pennisi sul Corriere, leggiamo:

La rivelazione di Vodafone: «I governi hanno accesso diretto alle telefonate»

L’operatore britannico esce allo scoperto: «Cavi associati alle reti per ascoltare le conversazioni senza mandato». Dall’Italia il maggior numero di richieste di dati

L’Italia è il Paese che ha inoltrato a Vodafone il maggior numero di richieste di informazioni su indirizzi e numeri di telefono e su luogo, orario e contenuto di chiamate e messaggi nel 2013: 605mila. Il dato è stato pubblicato inizialmente dal Guardian, che ha contestualmente riportato come l’operatore britannico abbia rivelato l’esistenza di cavi associati alle sue reti che permettono alle agenzie governative di ascoltare le conversazioni e controllare gli scambi degli utenti in 6 dei 29 Paesi in cui opera. Accesso permanente e senza mandato alcuno, quindi […]

Seguono altri dettagli (tra cui il grafico che segue, relativo alle richieste ricevute da Vodafone dai vari Paesi). L’azienda a questo proposito ha pubblicato un report.

Teniamo presente che questi dati riguardano solamente una compagnia telefonica. Prepariamoci, potrebbe trattarsi dell’inizio di un nuovo diluvio estivo.

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Pubblicato da su 6 giugno 2014 in Inchieste, News da Internet, privacy

 

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Dal Datagate è nato The Intercept

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Si chiama The Intercept – ed è online da ieri – il nuovo sito web di informazione diretto da Glenn Greenwald, l’avvocato e giornalista che lo scorso anno ha pubblicato sul Guardian la documentazione fornita da Edward Snowden che ha dato il via al Datagate.

E’ questa, quindi quella “opportunità giornalistica da sogno” che Greenwald aveva dichiarato di voler cogliere quando ha scelto di lasciare il Guardian. La nuova realtà ha una redazione di una dozzina di giornalisti e fa capo a First Look Media, gruppo editoriale di Pierre Omidyar, già fondatore e presidente di eBay e di altre iniziative editoriali. 

Al momento sono stati pubblicati due servizi che svelano alcuni aspetti delle attività condotte dalla NSA (un reportage fotografico con immagini aeree dell’agenzia e un approfondimento su attacchi effettuati con droni e operazioni di geolocalizzazione), preceduti da un post di presentazione/benvenuto, in cui The Intercept viene presentato come piattaforma giornalistica libera e indipendente, in cui tutti potranno pubblicare notizie di importanza critica senza timore di conseguenze. La sicurezza dei contatti è affidata ad un server SecureDrop che consente di condividere messaggi e file con la redazione in modo sicuro e anonimo.

Da leggere e inserire nella readlist.

 
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Pubblicato da su 11 febbraio 2014 in Inchieste, media, news

 

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Chiavetta di lettura al G20

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E’ un po’ strana la notizia sui gadget spia (chiavette USB e caricabatterie per cellulari) che sarebbero stati distribuiti al G20 che ha avuto luogo in settembre a San Pietroburgo, in Russia: gli unici a diffonderla sono stati La Stampa e il Corriere della Sera. Le altre testate, anche straniere, citano esplicitamente i due giornali italiani, informati da non precisate fonti diplomatiche UE.

Il presidente del consiglio europeo Herman Van Rompuy – unico nome citato – rientrato a Bruxelles dal summit, avrebbe consegnato i dispositivi ai servizi di sicurezza per verificarli. I servizi di intelligence tedeschi avrebbero poi accertato l’idoneità di chiavette USB e alimentatori a catturare clandestinamente dati da computer e telefoni cellulari (pare attraverso due trojan-horse).

La Russia smentisce, ma la notizia viene data in pasto all’opinione pubblica, che la assimila perché verosimile, almeno in senso astratto: è difficile immaginare che operazioni di spionaggio e monitoraggio su larga scala vengano attuate solo da USA, Regno Unito e pochi altri. Anzi, dopo questa che coinvolge la Russia, ora mi aspetto la diffusione di notizie che facciano entrare in scena altri protagonisti: al momento girano rumors su altri Paesi occidentali (gli USA già dicono che molte informazioni riservate in possesso della NSA provengono da servizi di intelligence europei), ma non mi stupirei se, a breve, l’attenzione si dovesse spostare su nazioni medio-orientali e orientali. La bilancia del sospetto ritroverebbe un proprio equilibrio.

La notizia rimane di dubbia attendibilità, per essere più verosimile sarebbe opportuno approfondire qualche aspetto, ad esempio:

  • di questa notizia parlano solo due giornali italiani, ma il bubbone sembra sia scoppiato in seguito ai sospetti del presidente del consiglio europeo, perché nessun’altra testata europea è stata in grado di ottenere notizie di prima mano al riguardo?
  • quanti tipi di chiavette USB (e caricabatterie, non dimentichiamoceli!) hanno distribuito al G20? che caratteristiche hanno (cosa c’è dentro)?
  • è possibile capire se i dati catturati da questi dispositivi siano stati trasmessi (e a quali destinatari)?
 
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Pubblicato da su 30 ottobre 2013 in Inchieste, news, News da Internet

 

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La nuova libertà di stampa di Glenn Greenwald

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Glenn Greenwald lascia il proprio incarico al Guardian per inseguire una “opportunità giornalistica da sogno”. Greenwald è l’avvocato-blogger-giornalista che ha raccolto le testimonianze di Edward Snowden e dato il via alle inchieste su NSA, PRISM e Datagate e il Guardian è il quotidiano britannico per cui ha lavorato finora.

Greenwald ha fatto questa scelta perché – spiega – gli è stata proposta “un’opportunità giornalistica da sogno, che capita solo una volta nella carriera e che nessun giornalista potrebbe rifiutare”. Si tratta di una nuova testata giornalistica “senza censure istituzionali predefinite”, che lo vedrà impegnato con un incarico di primissimo piano (direttore?) e che sarà sostenuta finanziariamente da Pierre Omidyar, filantropo, imprenditore, fondatore e presidente di eBay, fondatore di Democracy Fund, ed editore di Honolulu Civil Beat, una testata con sede alle Hawaii. Con la benedizione di WikiLeaks.

 
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Pubblicato da su 16 ottobre 2013 in comunicazione, Inchieste, news

 

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Smartphone spia?

Per impegni personali e di lavoro sono stato un po’ fuori dal blog, ma dal momento che qualcuno mi chiede informazioni sulla vicenda dgli smartphone che geolocalizzano gli utenti, ecco un riassunto indicativo e non esaustivo delle puntate precedenti:

  • Due esperti di sicurezza –  Pete Warden e Alasdair Allan – hanno scoperto e svelato al mondo che dentro iOS, il sistema operativo di iPhone e iPad, c’è un file non criptato denominato consolidated.db che contiene un database SQLite in cui sono memorizzate le coordinate geografiche in cui si è mosso il dispositivo. In pratica, c’è la storia dei movimenti dell’utente che possiede un iPhone o un iPad.
  • Il file – a detta di Steve Jobs – non viene trasmesso ad Apple, ma la memorizzazione è sempre attiva, anche se l’utente disattiva le funzioni di localizzazione.
  • Molti utenti e addetti ai lavori vogliono vederci chiaro e hanno denunciato Apple nella quale minacciando una class action e, già che ci sono, intendono chiedere un risarcimento danni per non avere ricevuto un’adeguata informazione preventiva; nel frattempo, dal Senato USA, una commissione ha fissato un’audizione per il 10 maggio, chiedendo chiarimenti ad Apple e Google (visto che l’argomento tocca anche il gruppo di Mountain View).
Il seguito alla prossima puntata.
 
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Pubblicato da su 26 aprile 2011 in cellulari & smartphone, Inchieste, Internet, Life, Mondo, mumble mumble (pensieri), news, News da Internet, privacy, security, social network, tecnologia, telefonia

 

WikiLeaks protegge tutte le sue fonti. Anche finanziarie

La missione che WikiLeaks si è attribuita in questi anni – ma che ha conquistato notorietà globale solo dopo la pubblicazione del video Collateral Murder e di Afghan War Diary, 2004 – 2010 –  implica un paradosso: favorire la trasparenza senza praticarla per se’. Lo ha evidenziato ieri un articolo del Wall Street Journal, in cui si parla del massimo riserbo mantenuto sulle fonti e le reali entità dei finanziamenti su cui il sito può contare, a cui si è riusciti a risalire solo in modo molto superficiale, ossia fino al livello minimo consentito dall’intricato sistema di sostentamento impostato dal fondatore Julian Assange.

Presentandosi come un servizio pubblico multi-giurisdizionale progettato per proteggere informatori, giornalisti e attivisti in possesso di informazioni sensibili da comunicare al pubblico, WikiLeaks non raccoglie solamente informazioni di carattere militare, ma notizie confidenziali di vario interesse: fra quelle in lingua italiana vi si possono trovare ad esempio il famoso Rapporto Caio sulla situazione delle telecomunicazioni in Italia, la Richiesta d’Iscrizione ai Servizi Religiosi della Chiesa di Scientology, alcuni dettagli gestionali sul Comune di Mascali, la trascrizione di un incontro (con registrazione audio) in cui un assessore svela un accordo con i servizi segreti sulla possibilità di divulgare notizie sulla gestione dei rifiuti della propria regione.

Si tratta di informazioni generalmente coperte da segreto per la tutela di determinati interessi, portate alla luce del sole allo scopo dichiarato di favorire la democrazia e un miglior governo:

“Crediamo che la trasparenza nelle attività svolte dai governi porti ad una riduzione dei fenomeni di corruzione ridotto, a un governo migliore e a democrazie più forti. Tutti i governi possono beneficiare di un controllo maggiore da parte della comunità mondiale, così come da parte del loro stesso popolo. Crediamo che questa attività di controllo richieda informazioni.La storia insegna che l’informazione può essere molto costosa, in termini di vita umana e di diritti umani. Ma con i progressi tecnologici – Internet e la crittografia – i rischi legati alla divulgazione di informazioni importanti possono essere ridotti”.

Tutto questo comporta dei rischi e, come ha dichiarato Assange in un’intervista “è molto difficile gestire un’organizzazione costantemente spiata e messa sotto processo”. Per questo comprensibile motivo – e per cautelarsi dalle possibili conseguenze derivanti da eventuali ritorsioni attuate dai soggetti a cui vengono tolti determinati veli – WikiLeaks tutela in modo particolare la gestione delle informazioni relative alle proprie fonti di finanziamento.

A qualcuno – con alle spalle qualche anno in più del sottoscritto, o che conosce la storia – questa vicenda potrebbe apparire come la versione 2010 dei Pentagon Papers, un dossier formato da documentazione top secret raccolta da Daniel Ellsberg e pubblicata dal New York Times nel 1971, che svelò molti retroscena della guerra in Vietnam (una storia ripercorsa da un recente film – documentario), e in effetti WikiLeaks si dichiara allineato ai contenuti della storica sentenza espressa in quel caso dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, che statuì: “solo una stampa libera e senza vinvoli può rivelare efficacemente l’inganno in un governo”.

Testate ritenute autorevoli che si occupano anche di giornalismo investigativo (anche il Washington Post non fa mistero della propria ostilità verso il sito fondato da Julian Assange) oggi sembrano profondere un certo impegno nel mettere WikiLeaks all’indice dell’opinione pubblica. Potrebbero invece orientare le proprie risorse nell’affiancare lo staff guidato da Julian Assange, anziché combatterlo: il frutto di questa collaborazione sarebbe la diffusione di informazioni con un notevole valore aggiunto, che gli stessi giornali potrebbero capitalizzare.

 
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Pubblicato da su 24 agosto 2010 in Inchieste, Internet, Life, media, Mondo, mumble mumble (pensieri), news

 

WarrantLeaks

Oggi per Julian Assange qualcuno ha staccato un biglietto di andata e ritorno per il nono cerchio dell’Inferno: dopo la diffusione della notizia che il numero uno di WikiLeaks era ricercato in Svezia per due differenti accuse (molestie e violenza sessuale), la stessa procura che aveva spiccato i due mandati di cattura li ha ritirati.

Difficile credere alla genuinità delle accuse mosse contro il fondatore del sito web che ha pubblicato i documenti segreti sulla guerra in Afghanistan riuniti nell’Afghan War Diary che il Pentagono voleva censurare. La notizia pubblicata dal tabloid svedese Expressen ha l’aria di essere parte di una campagna diffamatoria, che peraltro non sembra aver colto di sorpresa Julian Assange: nella pagina Twitter di WikiLeaks, infatti, è comparso un primo tweet con la frase “Ci avevano avvertito che avremmo dovuto aspettarci sporchi trucchi, ora ecco il primo” con il link  alla traduzione in inglese dell’articolo del giornale svedese. Assange, sempre via Twitter, ha poi dichiarato che “Le accuse sono senza fondamento e il loro rilascio in questo momento è profondamente inquietante”.

Curioso che la vicenda abbia avuto luogo proprio in Svezia: la scorsa settimana Assange, in una conferenza stampa tenuta a Stoccolma, ha ribadito l’intenzione di pubblicare altri 15 mila documenti militari confidenziali sulla guerra in Afghanistan. Alcuni giorni fa, Kristinn Hrafnsson di WikiLeaks ha confermato a France Presse l’intenzione dell’organizzazione di collaborare con la Difesa USA, con particolare riguardo ai nominativi contenuti nei documenti ancora da pubblicare, che potrebbero essere cancellati onde evitare rischi per la vita di quelle persone. Secondo la Hrafnsson, il Petnagono avrebbe “espresso la sua intenzione di aprire un dialogo al riguardo, hanno detto che sono pronti ad aprire una discussione”. Dagli USA è però giunta una smentita da parte del portavoce del ministero della Difesa Usa, Bryan Withman, che ha precisato “non siamo interessati a trattative volte a raggiungere un versione impersonale dei documenti classificati”.

I mandati di cattura verso Julian Assange sono arrivati poco dopo, ma sono stati revocati nel giro di poche ore. Bufala? Campanello d’allarme? Avvertimento? La vicenda sulla ubblicazione dei documenti confidenziali sulla guerra in Afghanistan non finisce certo qui.

 
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Pubblicato da su 21 agosto 2010 in Inchieste, Internet, Life, media, Mondo, mumble mumble (pensieri), news

 

Cosa cerca l’utente in Internet?

“Finalmente una classifica tecnologica nella quale noi italiani sappiamo farci valere” commenta Massimo Mantellini nell’esporre i numeri della ricercaThe State of Social Porn” pubblicata su Woork up da Antonio Lupetti.

Finalmente qualcosa in cui l’Italia può primeggiare, osserverà qualcuno…

 
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Pubblicato da su 25 giugno 2010 in Inchieste, Internet, Life, media, Mondo, mumble mumble (pensieri)

 

Google va verso il social networking?

Così pare, vista l’introduzione dei nuovi e più ricchi profili utente (nuove forme di identità elettronica) che consentono la condivisione di dati personali e contenuti pubblicati con altri iscritti. Somiglia un po’ a Facebook e ad altri servizi analoghi, anche se per Google questo sembra essere uno strumento in più per veicolare i propri utenti verso specifiche inserzioni di AdSense.

Del resto, la pubblicità è l’anima del commercio, e per Google il commercio e la pubblicità sono business.

 
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Pubblicato da su 22 aprile 2009 in Inchieste, media, Mondo, news

 

Italia.it, accanimento terapeutico?

Italia.it, quello vecchio, quello messo off-line, è vivo e spende senza senso in mezzo a noi.

E’ la chiave di lettura del post odierno di ScandaloItaliano, dedicato al mega-portalone turistico Italia.it. Da leggere tutto, anche per capire quanto ha senso la domanda “ma i soldi stanziati che fine hanno fatto?”

E già che ci siamo, in proposito anche su The Million Portal Bay c’è qualcosa di interessante da leggere.

 
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Pubblicato da su 31 gennaio 2008 in Inchieste, Internet, Mondo, news

 
 
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