Se ne parla poco, ma da qualche giorno Google ha lanciato Allo, un’applicazione di messaggistica per contrastare la concorrenza delle due app della famiglia Facebook, ossia Messenger e WhatsApp. Ad oggi, pare che sia stato installato e scaricato su un milione di dispositivi.
Dal momento che su questo tipo di app pende sempre il sospetto di uno scarso rispetto della privacy degli utenti, anche su Allo i dubbi non mancano: alla presentazione, infatti, era stato detto che Allo non avrebbe memorizzato alcun messaggio, mentre in realtà oggi si scopre che i messaggi vengono memorizzati sui server di Google per impostazione predefinita (a meno che non si utilizzi la navigazione anonima con la modalità “incognito”), condizione necessaria affinché i messaggi possano essere analizzati per il “miglior” funzionamento di Google Assistant.
Certo, un assistente virtuale preparato e in grado di rispondere coerentemente alle esigenze dell’utente è una comodità, ma se arriva gratis al solo costo della nostra privacy forse è bene esserne consapevoli. Non a caso Edward Snowden – che sulla riservatezza ha ormai costruito la propria filosofia di vita – non si dichiara esattamente un testimonial di Allo. Messaggi e conversazioni restano sui server di Google. Naturalmente l’utente li può cancellare tramite la app (ed è possibile impostare un timer per fissare una scadenza, oltre la quale vengono automaticamente rimossi), ma non esiste una reale garanzia che vengano eliminati anche dai database già storicizzati. Così come non si può escludere – visti i tempi che corrono – che questi database non vengano violati da qualche malintenzionato.
Per cui, volendo utilizzare Allo, il suggerimento è di non sfruttarlo per trasmettere informazioni personali da mantenere riservate. Perché – come già detto in altre occasioni – nel mondo digitale la sicurezza assoluta non esiste.