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Non solo Signal

Elon Musk qualche giorno fa ha twittato “Use Signal, indicando questa app come alternativa a WhatsApp che, con le nuove condizioni di utilizzo, sta preoccupando molti utenti. Stabilito che per Unione Europea e Regno Unito le modalità di condivisione di informazioni con Facebook non cambieranno rispetto a quelle già in uso da qualche anno, è comunque legittimo guardarsi in giro, possibilmente nella direzione di servizi più rispettosi dei dati personali degli utenti. Ma in questo scenario esiste più di una soluzione.

Signal ha l’etichetta di app sicura perché non acquisisce la mole di dati che altre app raccolgono, oltre che per il suo sistema crittografico. L’organizzazione alle sue spalle, la Signal Foundation, è guidata da Matthew Rosenfeld, in arte Moxie Marlinspike, fra gli autori del Signal Protocol, un sistema di crittografia end-to-end che ha il vantaggio di essere open source e che è alla base dei sistemi di cifratura utilizzati da Skype, Messenger… e WhatsApp.

Un fattore che richiede attenzione sono i metadati: si tratta di informazioni relative agli interlocutori di una conversazione (con chi), ai dati temporali (a che ora e quanto tempo, quanto rimani al telefono, quanto sei online). Signal non li acquisisce, mentre WhatsApp sì. In verità li raccoglie anche Telegram che inoltre, al pari di Messenger, non applica la crittografia end-to-end in modalità predefinita (deve essere l’utente ad attivarla; Signal invece non permette neppure di disattivarla). Altro plus di Signal: la possibilità di avere messaggi che si autodistruggono.

Ma tra le app sicure disponibili ci sono anche Threema e Wire. L’utente che inizia ad utilizzare Threema rimarrà colpito dal fatto che questa app non utilizza il numero telefonico come identificatore, prassi invece seguita da WhatsApp e Signal, ad esempio. L’ID utente è una sequenza alfanumerica frutto dello scorrimento del dito della mano mentre sul display compare una matrice di lettere e numeri che cambiano continuamente. Contatti e gruppi rimangono memorizzati solo sul telefono (non nell’applicazione e quindi non vengono trasmessi al cloud). Un minus di Threema è che non è gratuita, è quindi da valutare l’investimento di Eur 3,99.

Anche Wire assicura la crittografia end-to-end (a chat e chiamate vocali e video, anche di gruppo), consente la condivisione del proprio schermo con un utente e un gruppo, e può essere utilizzata da otto dispositivi differenti (sincronizzati). Fra i suoi plus, chiamate di gruppo fino a 300 interlocutori e la possibilità – a pagamento – di invitare un non-utente (privo di account) in una room protetta, accessibile da browser. Minus: raccoglie i metadati.

 
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Pubblicato da su 14 gennaio 2021 in news

 

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WhatsApp, chiamate attive (ma evitate le bufale)

WhatsappChiamate

Gli utenti di WhatsApp da oggi possono anche chiamarsi, almeno da smartphone Android (per gli altri è necessario pazientare ancora qualche giorno).

L’attivazione della nuova opzione è automatica e avviene con l’ultimo aggiornamento utile, non più su invito. Tutte le comunicazioni a catena che invitano a cliccare su link e a girar messaggi e inviti ad altri utenti sono bufale truffaldine, da cestinare senza remore.

P.S: a margine della notizia, vorrei smorzarne il carattere rivoluzionario ricordando – a chi oggi scopre il VoIP – che Skype, ad esempio, esiste dal 2002 e permette chat, chiamate e videochiamate. E prima di WhatsApp sulle chiamate erano arrivati da tempo Viber e soprattutto BBM (app BlackBerry con le medesime funzionalità, disponibile anche per iOS e Android)

 
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Pubblicato da su 1 aprile 2015 in telefonia, VoIP

 

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Datagate e novità che fanno cadere dalle nuvole

Nei giorni scorsi il Guardian è tornato a  parlare del Datagate, divulgando ciò che la stampa ha etichettato come “nuove rivelazioni” di Edward Snowden. La notizia che sembra suscitare più stupore e scalpore riguarda Microsoft: secondo il nuovo scoop, l’azienda collabora con la NSA in relazione ai servizi di Outlook.com (intercettazioni delle chat online e impatto sulle mailbox della creazione di alias) e delle comunicazioni effettuate con Skype.

Io non capisco lo stupore di questi giorni, non sulle operazioni descritte. Il 6 giugno – oltre un mese fa – sono state pubblicate dal Guardian le ormai famose slide relative a PRISM. Una di esse delineava una linea temporale con le aziende coinvolte e la data in cui ha avuto inizio il loro coinvolgimento nel sistema di raccolta dati e informazioni sui servizi di comunicazione di queste aziende.

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Come si può notare dalla figura (cliccare per ingrandire), Microsoft e Skype sono indicate chiaramente (la prima con data 11 settembre 2007, la seconda 6 febbraio 2011). Quindi mi chiedo: oltre un mese fa, cosa pensavano coloro che oggi si stupiscono? Nessuno, nell’apprendere di queste “collaborazioni” – a scopo di raccolta dati e intercettazioni – ha considerato che Microsoft offre da anni servizi di comunicazione (con Outlook.com, e prima Hotmail.com, ma ricordiamoci anche di Messenger), così come Skype, attiva anche prima di far parte del gruppo Microsoft? Quando è uscita quella slide pensavano che la NSA, con Microsoft e Skype, scambiasse figurine? Che si recapitassero piccioni viaggiatori?

L’unica verà novità che è emersa – ma pochi ne parlano – è che Microsoft ha lavorato con l’FBI per agevolare alla NSA l’accesso, attraverso PRISM, dei contenuti di SkyDrive, servizio di cloud storage che vanta oltre 250 milioni di utenti in tutto il mondo.

Quindi, nei prossimi giorni, nessuno cada dalle nuvole se si dovesse scoprire che la NSA, allo stesso scopo, ha sfruttato e sfrutta anche la collaborazione delle altre aziende come GoogleFacebook  e Yahoo, visto che si tratta di aziende che offrono mail, VoIP, piattaforme cloud per applicazioni e storage, social network con chat e servizi per condividere di tutto.

Ah, ricordo che di questo gruppo di aziende fa parte anche Apple. E che tutte queste aziende hanno utenti anche tra i cittadini italiani (ma all’orizzonte non si vedono istituzioni nostrane in allarme).

 
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Pubblicato da su 15 luglio 2013 in news, privacy, security

 

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PRISM, riassunto per chi si fosse perso qualcosa

La vicenda che sta colpendo l’amministrazione USA guidata da Barack Obama è complicata, ne tento un riassunto che potrebbe essere utile per capire perché è utile seguire questo argomento.

Premessa: oltreoceano è attiva la NSA – National Security Agency (Agenzia per la sicurezza nazionale), che da tempo ha sotto controllo le comunicazioni dei cittadini USA che si trovano all’estero (e, per determinati casi, di cittadini che dagli USA comunicano all’estero). Questa attività viene condotta con un sistema che si chiama PRISM con la collaborazione di (almeno) nove grandi realtà private che operano nel mondo dell’informatica e offrono servizi di comunicazioni. Si tratta di Microsoft, Yahoo, Google, Facebook, PalTalk, YouTube, Skype, AOL e Apple. Tutto avviene secondo quanto stabilito da una legge USA, il Foreign Intelligence Surveillance Act (FISA).

Attualità: nei giorni scorsi, Guardian e Washington Post – dopo che è stato reso noto che la NSA ha accesso anche ai tabulati con i dettagli del traffico telefonico degli utenti Verizon – hanno pubblicato due inchieste, diffondendo documenti riservati della NSA relativi a PRISM. Secondo il Guardian, anche i servizi di intelligence del Regno Unito possono utilizzare PRISM.

Microsoft, Google e Apple si dichiarano estranee al progetto e di essersi attenute agli obblighi loro imposti dalla legge. Barack Obama, la scorsa settimana, ha precisato che la NSA opera per la sicurezza nazionale, che PRISM non riguarda gli americani ne’ chi vive negli USA, che “nessuno ascolta le vostre telefonate”, ma che “non si può  coniugare la sicurezza al 100% con il rispetto della privacy al 100%”. E comunque, qualcuno, le telefonate le mantiene sotto controllo.

 
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Pubblicato da su 17 giugno 2013 in Mondo, news

 

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Viber va anche sul desktop

viberdesktop

Ora che Viber ha anche la sua versione per desktop, la competizione con Skype (e WhatsApp) si fa ancora più interessante. Anche se, dal mio punto di vista, sarà dura scalzare la decennale presenza di Skype sul mercato: oggi Viber ha 200 milioni di utenti, Skype 600 milioni, e dalla sua parte ora c’è l’appartenenza al mondo Microsoft e la prospettiva di essere integrato nella piattaforma Office. Penso quindi che le possibilità di Viber consistano nel rimanere l’alternativa indipendente a Skype nella visione degli utenti che ormai lo ritengono uno standard per effettuare videochiamate.

 
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Pubblicato da su 9 Maggio 2013 in news, telefonia, VoIP

 

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Skype, problemi di reset della password

Su Skype è stato disattivato il reset della password: Microsoft si è vista costretta a questa contromisura a causa di una grave vulnerabilità che potrebbe portare, attraverso l’e-mail dell’utente, a violarne la password e la riservatezza del suo account.

La pericolosa falla riguarda utenti che hanno più account su Skype, ma associati ad un unico indirizzo e-mail. Ad un malintenzionato sarebbe sufficiente conoscere una di queste associazioni (account+e-mail) per creare un nuovo account Skype farsi inviare da Skype il reset token della password. Opzione che ora è stata temporaneamente bloccata e che sarà ripristinata non appena Microsoft avrà risolto il problema.

 
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Pubblicato da su 14 novembre 2012 in news, News da Internet

 

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Hotmail si raffredda e diventa Outlook.com

Fra i primi servizi di posta elettronica su Internet a costo zero (è nato nel 1996), Hotmail è pronto a trasformarsi e a cambiare nome in Outlook.com, cosa che personalmente apprezzo molto perché quel hot messo come prefisso a mail mi ha sempre fatto pensare ad una declinazione postale delle hotline (ma il servizio è rimasto lì con quel nome per ben sedici anni, arrivando a servire 350 milioni di utenti assolutamente indifferenti a questa mia perversa concezione).

Come ha annunciato la stessa Microsoft nel blog di Office, è tempo di cambiare e avvicinarsi alle dinamiche di Windows 8 e Windows Phone.

L’avvicinamento, però, è anche a tutti quei servizi che si sono affermati ed evoluti negli ultimi anni, come le Google Apps: il nuovo look minimalista di Outlook.com ne è la conferma più evidente, ma anche la possibilità di sincronizzare l’agenda con i contatti già presenti in altre applicazioni (come Gmail, Facebook, LinkedIn) denota la volontà di raggiungere chi ha già consolidato la propria leadership in un mondo in cui l’azienda di Redmond non è ancora riuscita ad alzare la voce. Di rilievo l’integrazione con Skype (acquisita da Microsoft oltre un anno fa).

In questo video, la presentazione della nuova piattaforma:

 
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Pubblicato da su 1 agosto 2012 in cloud, Internet

 

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Google Voice, “pronto” anche in italiano

Google Voice

E’ stato presentato all’inizio del 2009, è stato aperto al pubblico USA un anno fa e – dopo qualche test – eccolo pronto a parlare in 38 lingue diverse, tra cui l’italiano: Google Voice, il servizio VoIP made in Mountain View, ora fa le cose sul serio e si mette in concorrenza con Skype, proponendosi sul mercato della telefonia su Internet con un numero telefonico convergente – che permetterà all’utente di ricevere le telefonate sia su rete fissa che su rete mobile – e con un servizio che consentirà ovviamente di chiamare verso le medesime direttrici (fissa e mobile).

In Italia – come in altri Paesi – il servizio partirà in forma limitata, senza numero convergente e per il momento sarà accessibile da Gmail, nella sezione Chat. Se non lo trovate, non abbiate paura: Google dice We’re rolling out this feature over the next few days, per cui arriverà a breve. Una volta disponibile, l’utente dovrà ovviamente acquistare il suo credito (è possibile farlo in Euro, Sterline, Dollari USA e canadesi) e si vedrà applicare le tariffe Google che – IVA inclusa – permettono di chiamare un telefono fisso a 2,2 centesimi di euro al minuto e un cellulare a 13,2 centesimi al minuto (telefonare verso 3 Italia, però, costa 16,8 centesimi).

UPDATE: Punto Informatico – che ringrazio per la citazione – in un articolo pubblicato oggi e aggiornato nel pomeriggio, precisa che si tratta del servizio Phone Call, una funzionalità analoga ma non identica al servizio offerto da Google unicamente negli USA. In realtà, alla base c’è sempre Google Voice: il sito a cui Google rimanda per maggiori dettagli è gmail.com/call che rinvia alle condizioni di servizio (nonché alle tariffe già citate sopra) di Google Voice.  Inoltre, nell’Official Google Blog, si legge che If you’re a Google Apps user, your domain administrator must have Google Voice and Google Checkout enabled in the administrator control panel in order to be able to use this feature.

 
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Pubblicato da su 3 agosto 2011 in Internet, news, News da Internet, telefonia, VoIP

 

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