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Clubhouse, abbiamo un problema. Di privacy

Clubhouse ha qualche problema di privacy. Nel nuovo audio social network, su cui già esistevano perplessità in materia di riservatezza, a un utente è stato infatti possibile condividere gli audio di una “stanza” e ritrasmetterli esternamente in streaming tramite un sito web. Il leak è stato confermato dalla Alpha Exploration (l’azienda che ha realizzato la piattaforma), ed è stato reso noto solo pochi giorni dopo la scoperta, da parte dello Stanford Internet Observatory (SIO), di una vera e propria falla nella sicurezza del sistema, foriera di intrusioni non autorizzate e trasmissioni di dati.

Secondo quanto rilevato, la piattaforma si basa su tecnologie sviluppate della società cinese Agora, che secondo i ricercatori del SIO potrebbe accedere agli audio degli utenti e fornirne i contenuti al governo cinese. A quanto pare, però, esiste una vulnerabilità che è stata sfruttata, appunto, da un utente che ha scoperto come condividere le conversazioni, rendendole accessibili anche a utenti non iscritti, semplicemente sfruttando un sito esterno, chiamato OpenClubhouse.

Secondo quanto riferito da Bloomberg, Clubhouse ci ha messo una pezza bannando l’utente e dichiarando di aver apportato opportune contromisure, azione che presso il SIO non viene ritenuta credibile. Un problema non da poco e indubbiamente da risolvere in modo concreto, considerando la crescita esponenziale registrata in queste ultime settimane, in cui il social ha raggiunto quota 8 milioni di download, grazie anche all’ingresso di numerosi personaggi come Elon Musk, Kanye West e Mark Zuckerberg, che hanno indubbiamente contribuito ad accrescerne la popolarità.

Ma senza un deciso cambio di rotta sul fronte della sicurezza, tanta popolarità dopo l’entusiasmo per l’app del momento potrebbe tradursi in un problema di cattiva reputazione, per risolvere il quale una pezza non può essere sufficiente.

 
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Pubblicato da su 26 febbraio 2021 in news

 

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Truffa Bitcoin su Twitter, cos’hanno in comune i profili hackerati?

Cosa hanno in comune Barack Obama, Joe Biden, Bill Gates, Jeff Bezos, Elon Musk, Michael Bloomberg, Kanye West, Kim Karsashian? Dagli account Twitter di questi personaggi – insieme a quelli aziendali di Apple e Uber e moltissimi altri (tra Bitcoin, Coinbase o Binance) – ieri sono apparsi messaggi fasulli e truffaldini, che invitavano i follower a effettuare un pagamenti in Bitcoin con la promessa di vedersi riaccreditare un ammontare raddoppiato. Un’operazione attuata verosimilmente da hacker, che secondo Twitter hanno colpito prima l’account di uno o più dipendenti con credenziali di administrator e quindi con ampie possibilità di accesso a sistemi e strumenti utilizzati internamente per il controllo degli account (dettagli tecnici in un articolo di Joseph Cox su Vice).

Di questo hacking, tecnicamente, si occuperanno Twitter e chi è stato incaricato di indagare (ieri intanto tutti i “profili verificati” sono rimasti bloccati in attesa della messa in sicurezza dei sistemi). Certo, i messaggi truffaldini sono decisamente poco credibili, ma nei grandi numeri di Internet qualche boccalone può sempre cadere in trappola. Io però resto ancora senza risposta alla domanda iniziale: cos’hanno in comune, o meglio perché sono stati scelti, i profili Twitter di quei personaggi e quelle aziende per veicolare quei messaggi?

Oltre all’evidente visibilità data dalla loro popolarità nei campi della politica, del business e dello spettacolo, questi profili potrebbero avere in comune un certo obiettivo politico, non dimentichiamo l’imminenza delle elezioni presidenziali USA. Ma ancora più a monte, non deve sfuggire che questa operazione è stata un “dirottamento” di comunicazioni messo a segno ai danni di personaggi e aziende che, come detto sopra, hanno un’enorme visibilità. E se è stato possibile farlo con loro, chi può escludere che ciò possa avvenire anche per profili istituzionali o governativi, con conseguenze dall’impatto ancor più vasto e pericoloso?

Alla base di tutto, il problema è di Twitter e della dubbia efficacia dei sistemi di sicurezza a tutela degli account, comunque preoccupante, vista la portata delle conseguenze che possono avere queste criticità.

 
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Pubblicato da su 16 luglio 2020 in news

 

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