Il concetto di metaverso potrebbe non essere chiaro a tutti, ma a leggere i titoli delle news pare che la confusione in questo momento riguardi il numero di persone che lo “abitano”. A noi poco importa che si tratti di 350 milioni, 350mila o 350 persone: ovviamente questi numeri interessano gli analisti e in particolare coloro che lo vedono come “terreno di business”, augurando loro che siano in possesso di numeri più attendibili di quelli sparati da giornalisti e titolisti, ma soprattutto… che sappiano di cosa si tratta.
Il metaverso oggi in realtà non ha una definizione concreta, ma possiamo dire che sarà l’evoluzione di Internet, costituita da un insieme di ambienti virtuali, esplorabili anche tridimensionalmente, che potranno avere caratteristiche differenti tra loro e spaziare ad esempio da ricostruzioni realistiche di luoghi esistenti a veri e propri luoghi di fantasia, ma possono anche consistere in scenari di gaming. Tutti frequentabili dal nostro avatar, cioè dalla nostra rappresentazione digitale, che può essere fedele o completamente diversa da come siamo nella realtà, e in cui possono essere utilizzate le criptovalute.
Chi pensa che si tratti di un’invenzione di Mark Zuckerberg è fuori strada: a fine ottobre il numero uno di Facebook, Instagram, Messenger e WhatsApp ha annunciato la creazione della holding Meta per mostrare, anche nel nome dell’azienda, il proprio orientamento verso lo sviluppo di nuovi progetti che puntano al metaverso, entità di cui per la prima volta ha parlato, nel 1992, il romanzo Snow Crash di Neal Stephenson, che per primo ha introdotto in letteratura il concetto di un contesto formato da mondi virtuali.
Il metaverso a cui guarda Zuckerberg è un insieme di progetti innovativi a cui in realtà sono interessate molte altre aziende come Apple, Google, Microsoft, Sony che possono essere basati su realtà virtuale o realtà aumentata – e quindi richiedere l’utilizzo di protesi tecnologiche come occhiali che possono cambiare in parte o totalmente la percezione della realtà che ci circonda – ma che in questo momento non hanno ancora una realizzazione concreta. Ambienti di gioco come come Fortnite, Minecraft e Roblox ne sono un esempio iniziale e parziale, ed essendo accessibili anche senza “protesi” sono in questo momento il primo passo per sdoganare questo nuovo approccio presso la massa.
Chi pensa ad esempio a Decentraland e ricorda Second Life potrebbe avere una sensazione di déjà vu, ma si tratta di ben altro: con le sue caratteristiche di virtualità e immersività, Second Life ambiva ad essere il metaverso, ma era – ed è tuttora – una piattaforma proprietaria, che del metaverso vero e proprio potrà essere al massimo un sottoinsieme, e così Decentraland.
Come Facebook o Instagram sono social network e non rappresentano tutta Internet, così anche le varie piattaforme non saranno identificabili come il metaverso, ma come parti di esso, insieme a molte altre soluzioni che presto vi troveranno posto e spazieranno in vari settori, dall’intrattenimento ai mercati finanziari. In questa prospettiva, già oggi, è una direzione in cui molti stanno orientando i propri investimenti e i vantaggi, per il momento, sono i business che queste realtà si stanno “portando a casa”, vendendo come metaverso le loro versioni di realtà virtuale o aumentata.