Nuove condizioni in materia di privacy in arrivo per WhatsApp: la capogruppo Facebook spinge l’acceleratore per l’integrazione tra l’app di messaggistica e l’intero ambiente del social network guidato da Mark Zuckerberg, e per questo motivo le modalità di gestione dei dati degli utenti cambieranno. In breve: per continuare ad utilizzare Whatsapp, l’utente dovrà accettare le nuove condizioni di utilizzo e condividere le informazioni relative al proprio account con Facebook, azione che finora sembra debba rimanere facoltativa per Unione Europea e Regno Unito, stando a una nota diffusa nel pomeriggio. Ma di quali dati si tratta?
Le informazioni che condividiamo con le altre aziende di Facebook includono le informazioni sulla registrazione dell’account (come il numero di telefono), i dati delle transazioni, informazioni relative ai servizi, informazioni su come interagisci con gli altri utenti (comprese le aziende) quando utilizzi i nostri Servizi, informazioni sul tuo dispositivo mobile e sul tuo indirizzo IP. Possono includere anche altre informazioni indicate nella sezione “Informazioni raccolte” dell’Informativa sulla privacy o raccolte previa comunicazione o con il tuo consenso
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Facebook Payments Inc. (https://www.facebook.com/payments_terms/privacy) e Facebook Payments International Limited (https://www.facebook.com/payments_terms/EU_privacy)
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Facebook Technologies, LLC e Facebook Technologies Ireland Limited (https://www.oculus.com/store-dp/)
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WhatsApp Inc. e WhatsApp Ireland Limited (http://www.whatsapp.com/legal/#Privacy)
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CrowdTangle (https://www.crowdtangle.com/privacy)
Oltre alle società “Payments” che si occupano delle transazioni degli utenti (una per l’Unione Europea, l’altra per il resto del mondo), troviamo il nome di Onavo, azienda israeliana rilevata nel 2013 – la cui app era funzionale proprio alla raccolta di informazioni personali degli utenti – e di CrowdTangle, che ha sviluppato l’omonimo strumento di statistica che elabora e analizza informazioni sui contenuti pubblici sui social media.
Non c’è dubbio che la sinergia tra queste realtà verrà sfruttata per una profilazione sempre più accurata e per coinvolgere anche la platea di WhatsApp nel magico mondo della pubblicità mirata, che verrà proposta in base ai gusti espressi sulle varie piattaforme, alle tematiche su cui gli utenti hanno mostrato interesse, nonché alla loro localizzazione. Contestualmente sarà più agevole contrastare fenomeni sgraditi come abusi e spam, ma è sulla raccolta pubblicitaria che si fonda il business del mondo di Facebook.
Pertanto, come detto sopra, non accettare la condivisione di informazioni comporterà l’impossibilità di utilizzare WhatsApp. Poco male, se l’utente mal digerisce la novità avrà sempre la possibilità di orientarsi su altre app, come ad esempio Signal oppure Telegram. Ma a proposito di quest’ultima, attenzione: Pavel Durov (il fondatore) ha già messo le mani avanti sulla possibilità, a partire proprio dal 2021, di introdurre soluzioni “non invasive” per generare ricavi, almeno nei canali pubblici Telegram. Verosimilmente si tratterà di inserzioni pubblicitarie, e presto si capirà in quale forma verranno proposte.
Rimane qualche dubbio sul fatto che le novità rimangano facoltative (come già erano in precedenza) per i cittadini europei: se così fosse, non si avrebbe una reale modifica dei termini di utilizzo ai sensi della privacy. Quindi, perché costringere gli utenti ad accettare le nuove condizioni, pena l’impossibilità di utilizzare WhatsApp?
Per come la vedo io, questa vicenda interessa più di una Authority: indubbiamente il Garante Privacy per l’oggetto delle variazioni, ma anche l’AGCM (per gli amici Antitrust) – in quanto garante della concorrenza e del mercato – ha titolo di esprimersi per la condotta di WhatsApp che, da questo punto di vista, è analoga a quella degli operatori di telefonia che “propongono” ai clienti una modifica unilaterale delle condizioni contrattuali ogni volta che ritoccano (rincarando) il piano tariffario che, all’epoca della sottoscrizione, l’utente aveva accettato con la promessa che la validità di quei prezzi sarebbe stata “per sempre”.
AGGIORNAMENTO:
Un amico mi ha segnalato un confronto tra la vecchia e la nuova versione delle condizioni che entreranno in vigore da febbraio, si può trovare qui: diffchecker.com/qXIa6Z30. La nuova versione è più lunga e particolareggiata, ma per quanto riguarda la condivisione dei dati con le altre società del gruppo non ci sono cambiamenti e questo è dato dagli obblighi imposti dal GDPR. In caso di violazione, trattandosi di un gruppo di imprese e non di un’aziendina, la sanzione può arrivare a 10 milioni di euro, o “fino al 2 % del fatturato mondiale totale annuo dell’esercizio precedente”. Quindi, ad esempio, se il 2% del fatturato globale fosse 20 milioni di euro, l’importo della sanzione potrebbe arrivare fino a quella cifra.