Se bullismo e cyberbullismo sono le minacce che un adolescente su tre teme di più dopo violenze sessuali e droga, è evidente come la tematica non meriti di essere sottovalutata, né derubricata con la falsa rassicurazione “a me non succede”. Anche perché i dati presentati dall’Osservatorio Indifesa meritano una lettura attenta:
Il cyberbullismo è una forma di bullismo, si tratta sempre di un comportamento violento di prevaricazione, oppressivo e offensivo, messo in atto con strumenti tecnologici (messaggi, social network). In questa rilevazione, le due forme di bullismo insieme raggiungono il 30,97%. Nello stesso “sondaggio”, è un valore comparabile a quello del timore di essere vittime di violenza sessuale. Da questi dati emerge quindi che due adolescenti su tre temono di essere vittime di una forma di violenza, di tipo fisico o verbale, e che nel cyberbullismo possono avere declinazioni più subdole.
Dedicare una giornata – domani, 7 febbraio – a bullismo e cyberbullismo a scuola (che ne è il teatro principale, ma non esclusivo) può essere di aiuto a sensibilizzare sul problema. Ovviamente, come in qualunque altro contesto, l’attenzione non deve cadere al termine della giornata, ma deve essere mantenuta costante, perché la percezione del problema non è immediata e perché – nel caso del cyberbullismo – c’è scarsa consapevolezza e comprensione dell’impatto che può avere.
Con un sistema di messaggistica e i social si fa presto a minare la reputazione di una persona e, spesso, la soluzione per chi rischia di essere vittima consiste nel capire come gestire la situazione. Gestirla con ironia e contrastare gli attacchi con garbo e gentilezza è spesso la strategia vincente, ma tutto questo ovviamente non è facile, soprattutto per coloro che – per proprio carattere – non riescono a reagire.
Per questo motivo ad un adolescente non deve mancare il supporto della famiglia. Il dialogo tra genitori e figli non deve mai mancare e gli adulti devono poter sapere ciò che avviene sui dispositivi dei propri figli, non esercitando una mera forma di controllo, ma educando i giovani a sentirsi liberi di condividere in modo consapevole queste informazioni. Il proibizionismo non è mai efficace quanto la condivisione e la consapevolezza.