“I pesci d’aprile hanno stufato”. E’ un po’ la sintesi dell’opinione di coloro che stanno cominciando a boicottarne la tradizione:
Ciao a tutti,
siamo in quel periodo dell’anno in cui le aziende tech cercano di mostrare la loro creatività per il giorno dei pesci d’aprile. A volte i risultati sono divertenti e a volte non lo sono. In entrambi i casi, i dati ci dicono che queste trovate hanno un impatto positivo limitato e possono effettivamente causare flussi di notizie indesiderati.
Considerando i venti contrari che l’industria tecnologica sta affrontando oggi, chiedo a tutti i team in Microsoft di non fare pesci d’aprile. Apprezzo che le persone abbiano dedicato tempo e risorse a queste attività, ma credo che abbiamo più da perdere che guadagnare tentando di essere divertenti in questo giorno.
Per favore estendete ai vostri team e propri partner interni, per assicurare che le persone siano a conoscenza della richiesta di smettere di fare pesci d’aprile.
Questa comunicazione è stata scritta da Chris Capossela, responsabile marketing di Microsoft, azienda che in passato si era mostrata molto attiva nell’organizzazione di scherzi e iniziative curiose (come il rilascio di MS-Dos per gli smartphone o la modifica dell’homepage del suo motore di ricerca Bing pubblicata con la grafica di Google), ma che da quest’anno ha deciso di porre fine alla propria partecipazione a questa tradizione.
Al di là dei risvolti legati a possibili vantaggi o svantaggi derivanti dall’aderire o meno a questa tradizione – che ha ormai 500 anni – le considerazioni potrebbero riguardare un altro aspetto. Pensandoci bene, in un’epoca come la nostra, in cui un’informazione potrebbe essere verificata agevolmente grazie all’uso intelligente di Internet, il pesce d’aprile ha poco senso. Pensandoci meglio, se questo uso intelligente di Internet fosse così conosciuto, bufale e fake news non esisterebbero. Tuttavia prosperano, nonostante il dichiarato impegno di molte aziende ad ostacolarne la diffusione.
Questo cosa ci porta a concludere?
Innanzitutto che il pesce d’aprile non ha più senso perché esiste tutto l’anno. O meglio, che il primo aprile è probabilmente l’unico giorno in cui una bufala può essere diffusa con l’intenzione di fare uno scherzo innocente. Per tutto il resto dell’anno vengono rese pubbliche notizie ingannevoli in malafede.
In secondo luogo possiamo concludere che, dopo decenni di esistenza di Internet e dei suoi servizi (dal World Wide Web in poi), gran parte degli utenti non ha ancora maturato un’esperienza attiva tale da permetterne un utilizzo virtuoso. Troviamo persone che sembrano saper utilizzare benissimo computer e smartphone perché trascorrono una marea di tempo su app e social network, ma che non riescono a spingersi appena poco oltre, perché non pensano di poter sfruttare un motore di ricerca per verificare un indirizzo o una qualsiasi informazione, reperibile sfruttando due briciole di cervello.
Sarebbe bello e auspicabile che, a partire dalla scuola, venisse trattato seriamente il tema dell’educazione digitale, con l’obiettivo di un uso corretto e intelligente delle risorse tecnologiche disponibili al giorno d’oggi. Un tema che si lega però alla già nota necessità di investimenti in infrastrutture pronte e insegnanti preparati, come ho già spiegato in precedenza.
Se tutto girasse nel verso giusto, esisterebbero solo i pesci d’aprile e non le fake news. Perché i primi sarebbero accettati “con spirito” e le seconde, a quest’ora, sarebbero già un ricordo a cui guardare con compatimento.