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Edge, Microsoft si è arresa a Google

Colpisce un po’ vedere Microsoft che pubblicizza la nuova versione del browser Edge enfatizzando, come una referenza, il fatto che “utilizza ora la stessa tecnologia di Google Chrome“.

Esistono utenti nel mondo Windows che usano Edge da anni quasi senza saperlo: sul loro PC c’è quell’icona con la “e” minuscola azzurra, non troppo dissimile da quella di Internet Explorer, e per loro è sufficiente, perché basta avere un browser. Molti altri sono invece consapevoli di cosa sia Edge, ossia quell’erede scarso di Explorer che però spesso ha problemi e spinge gli utenti ad utilizzare browser alternativi. Va precisato che prevalentemente si tratta di problemi che mandano in tilt “EdgeHTML” (quella parte di codice che in Edge “compone” le pagine web), soprattutto quando l’utente utilizza i servizi della famiglia Google, dal motore di ricerca ad altre piattaforme come YouTube. Per questo motivo Microsoft ha pensato di correre ai ripari realizzando un nuovo browser, basato però su Chromium, la stessa tecnologia di Chrome.

Gli utenti di Windows 10 lo stanno ricevendo in queste settimane, nell’ambito di una campagna di aggiornamenti che è in corso. Chi non l’avesse ancora visto comparire sul proprio computer e non vedesse l’ora di provarlo, può scaricarlo da questa pagina: https://support.microsoft.com/it-it/help/4501095/download-the-new-microsoft-edge-based-on-chromium.

Può solamente essere migliore del suo predecessore. E chissà se così Microsoft potrà modificare i contenuti della pagina “Cosa fare quando Microsoft Edge non funziona

 
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Pubblicato da su 3 marzo 2020 in Internet, news, tecnologia

 

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Più stalker che provider

Circa cinque anni fa ho scritto “Google è un grande follower”, per spiegare come fosse estremamente facile – per Google – tracciare tutti gli spostamenti degli utenti che avessero attivato sullo smartphone i servizi di posizionamento, per poi rivederli nella Location History (Cronologia delle posizioni). Allora la prassi di tracciare gli utenti – seguita dalle aziende attive su Internet – era ancora poco conosciuta (ben nota agli addetti ai lavori, ma non alla maggior parte degli utenti). Oggi le informazioni disponibili su questo argomento sono molte di più, tuttavia negli utenti non si riscontra maggiore consapevolezza. In parole povere, ancora oggi pochi si rendono conto di quanto siano estese e capillari le attività di monitoraggio e controllo delle persone che utilizzano servizi in rete. Naturalmente per “servizi” intendo tutto ciò che viaggia su Internet, dai social network ai sempre più diffusi assistenti vocali. È proprio a questo che è necessario porre massima attenzione, sia nei casi di utilizzo personale che in quelli legati a esigenze professionali e aziendali.

Le tracce appetibili che ognuno di noi lascia in rete sono tante, a partire dall’indirizzo IP, una coordinata univoca attribuita ad ogni computer collegato in rete, che permette l’identificazione e la localizzazione dell’hardware utilizzato. Le informazioni sul software, invece, le danno i browser (Chrome, Edge, Explorer, Firefox, Opera, Safari, eccetera) e altre applicazioni che naturalmente possono fornire dati interessanti, direttamente o attraverso i cookie. Tutti i servizi che orbitano ad esempio attorno a Google (il cui motore registra con accuratezza tutte le ricerche effettuate attraverso tutti i servizi ad esso collegati, da Maps a YouTube), nonché Chrome e il sistema operativo Android presente sugli smartphone, fanno largo uso di queste soluzioni che trattano informazioni preziose per chi ha un business che si regge sulla raccolta di inserzioni pubblicitarie e sulla profilazione degli utenti, a cui sottoporre banner pubblicitari e promozioni in modo sempre più preciso.

Certo indicare sul computer l’indirizzo 8.8.8.8 come server DNS preferito è già un consenso automatico e implicito alla trasmissione dei propri dati di navigazione a Google, ma anche il browser Firefox non ce la dice tutta, quando invia le query DNS degli utenti ai server Cloudflare. Se qualcuno non sapesse di cosa sto parlando, mi spiego in parole misere: i server DNS (Domain Name Server) consentono a tutti gli utenti di collegarsi ai siti Internet attraverso un nome, senza doverne conoscere l’indirizzo IP. Ogni computer, per collegarsi ad un servizio o ad un sito web qualunque, interroga di volta in volta il proprio server DNS di riferimento che traduce per lui un dominio (http://www.nomedelsito.it) nel corrispondente indirizzo IP. Chi è in grado di registrare queste operazioni può dunque fotografare l’attività in rete di un utente e comporne un profilo da memorizzare e studiare. Lo scopo potrebbe essere pubblicitario o politico, ma è importante capire che questi dati hanno un mercato.

Per comprendere quanto ci si possa spingere oltre, un esempio su tutti: quando Facebook è finita nell’occhio del ciclone per il caso Cambridge Analytica, il suo frontman Mark Zuckerberg è stato convocato in audizione al Congresso USA in merito ad una serie di questioni, alle quali – oltre alle (poche) spiegazioni immediate – ha risposto in un secondo momento con un report di 454 pagine. In buona parte il documento contiene le medesime informazioni che ognuno può leggere nelle condizioni di utilizzo del social network (sì, quelle di cui il senatore John Kennedy disse “fanno schifo”), ma in mezzo alla molta aria fritta sono emersi alcuni aspetti interessanti: in primis il fatto che Facebook raccoglie anche dati di utenti non iscritti al social network, attraverso app o siti web che utilizzano le sue tecnologie (il “like” o il “commenta” sotto un articolo, per esempio). Si tratta di dati che potrebbero riguardare le letture o gli acquisti effettuati tramite quei siti, ma soprattutto informazioni ottenute dal dispositivo utilizzato in quella connessione.

Questa ammissione va oltre ciò che è già noto da qualche anno e ciò che l’utente ignora è che tutto è registrabile: dalle caratteristiche tecniche di computer e smartphone connessi alle operazioni compiute dall’utente durante la navigazione (finestre mantenute in primo/secondo piano, movimenti del mouse, segnali Wi-Fi e di telefonia mobile, localizzazione, cookie, eccetera). E non mi riferisco ancora a ciò che potrebbe essere possibile acquisire con l’ausilio di assistenti vocali come Alexa, Cortana, Google Assistant, Siri.

Tutto ciò era in ogni caso già intuibile quando – sempre cinque anni fa – scoppiò il Datagate, lo scandalo che coinvolse la NSA, l’agenzia americana per la sicurezza nazionale, che tuttora intercetta le comunicazioni elettroniche e telefoniche che transitano dagli USA, come spiega The Intercept.

E giusto per chiudere in “tranquillità”: per queste attività di intercettazione – che l’agenzia svolge nell’ambito del programma Fairview – vengono utilizzati otto edifici della compagnia telefonica AT&T, dislocati in altrettante città degli Stati Uniti. Il controllo coinvolge ovviamente il traffico di altre compagnie telefoniche. Tra queste troviamo anche Telecom Italia:

Tutto questo per ricordarci quanto è importante un utilizzo consapevole degli strumenti di comunicazione.

 
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Pubblicato da su 3 luglio 2018 in news

 

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Bei tempi

Logomosaic

Vent’anni fa non esistevano Explorer, Firefox, Chrome, Safari o Opera. Però c’era Mosaic, il primo browser “snello” per la navigazione multimediale in Internet, di cui il 22 aprile 1993 fu rilasciata la versione 1.0.

 
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Pubblicato da su 22 aprile 2013 in curiosità, Internet

 

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Internet Explorer fa il sentimentale

SpotInternetExplorer

Nel mondo degli spot pubblicitari ci sono cose belle, spot efficaci e ciofeche assolute. Al netto del gradimento verso il prodotto che rappresenta, questo spot del nuovo MS Internet Explorer non mi sembra affatto una ciofeca, ma per ritenerlo efficace dovrei essere convinto che uno spot pubblicitario serva a vendere far utilizzare un browser.

 
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Pubblicato da su 24 gennaio 2013 in Internet

 

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Google Chrome e Drive pronti per iPhone e iPad

Google è pronta a infilare qualche pezzo di se’ in tutti i dispositivi dotati di sistema Apple iOS 4.3 e superiori (iPhone, iPad, iPod Touch): in particolare, il browser Chrome (installabile ma non configurabile come browser predefinito) e il servizio cloud storage di Google Drive.

 
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Pubblicato da su 28 giugno 2012 in business, News da Internet

 

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…e Microsoft compra Netscape e altri brevetti da AOL

Nelle stesse ore in cui Facebook ha ufficializzato l’accordo per l’acquisizione di Instagram per la modica somma di un miliardo di dollari, un’altra azienda si prepara a scucire la stessa cifra, con altri obiettivi: Microsoft infatti ha reso pubblica un’operazione di acquisto di 800 brevetti da AOL. Tra questi, anche quelli relativi a Netscape, che negli anni ’90 fu protagonista con Internet Explorer  della famosa guerra dei browser.

Qualcuno si chiederà cosa farà Microsoft di questi brevetti, legati anche (ma non solo) al suo competitor del secolo scorso. Nella certezza che non lo vorrà riportare in vita, è opportuno ricordare che tra le proprietà intellettuali del “mondo Netscape” – oggi nella disponibilità di Microsoft – ci sono alcuni mattoncini fondamentali del web che si chiamano Secure Socket Layers (SSL), i cookies, e JavaScript, sul cui utilizzo nessuno si è mai sognato di chiedere i diritti, ma a questo punto sarebbe interessante chiedersi se Microsoft abbia intenzione di continuare su questa strada, oppure cambiare rotta per aprire un’altra guerra dei browser, magari contro il sempre più rampante Google Chrome.

 
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Pubblicato da su 10 aprile 2012 in business, news, News da Internet

 

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