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Italia sempre più connessa e sempre più mobile

rapportoagcom2016

Non è vero che le Authority non servono a niente: un esempio è il rapporto “Il consumo di servizi di comunicazione: esperienze e prospettive”,  pubblicato dall’Agcom (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) in seguito ad un’indagine sugli strumenti di comunicazione (telefonia, Internet, servizi postali) che ha coinvolto utenti tra i 14 e 74 anni (male, conosco utenti in età più avanzata). Il risultato più evidente? La gente è sempre più connessa e, mentre i giovani conoscono molto bene ogni opportunità del settore, con l’aumentare dell’età diminuisce la dimestichezza con gli strumenti disponibili: solo il 33% dei Matures, formato da persone con età dai 65 ai 74 anni, dispone di un accesso Internet.

Altri aspetti molto rappresentativi sono quelli legati al mercato , con particolare riguardo a quello degli strumenti hardware (ossia i dispositivi) di connessione a Internet, sempre più mobile e quindi sempre più wireless:

internetitaliamercato2016

Il grafico ci fa capire dove si orientano e si orienteranno gli investimenti dei maggiori operatori del settore, sia in termini di infrastruttura che di sviluppo hardware e software. Intuendo una sempre più rilevante importanza del mobile, c’è un altro dato significativo e importante da sottolineare:

cellulariitaliamercato2016

L’attuale distribuzione degli utenti per compagnia telefonica mostra una leadership di TIM evidente, ma con un margine alquanto sottile. Nella prospettiva – in avvicinamento – della fusione tra Wind e H3G, appare chiaro come il nuovo operatore che ne nascerà conquisterà fin da subito una quota di mercato pari almeno al 35% (la somma dei clienti oggi vantati rispettivamente dalle due compagnie), superando Tim e Vodafone.

Operatori del settore e addetti ai lavori ringraziano l’Agcom per l’accurata indagine di mercato.

 
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Pubblicato da su 25 ottobre 2016 in news

 

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Google Home alla conquista del mondo

In Italia non arriverà subito, ma meglio essere pronti per quando sarà il momento: Google Home è già in procinto di raggiungere i mercati di alcuni paesi, al prezzo di 129 dollari. C’è un sistema di intelligenza artificiale alle spalle di questo smart speaker (ma soprattutto uno smart microphone), in grado di gestire i dispositivi connessi nell’ambito di una casa o di un ufficio, tramite comandi vocali, da impartire in modo naturale e – in futuro – personale, dato che è in fase di sviluppo una funzionalità che gli permette di capire chi sta parlando, riconoscendone la voce.

Avvertenza basata sul realismo: inserire Google Home a casa propria – ça va sans dire – significa aprire la propria abitazione ai server di Google, pronti ad ascoltare tutto ciò che si potrà sentire. Verosimilmente, all’ascolto seguirà una registrazione e un’elaborazione dei dati acquisiti attraverso questo nuovo canale. Il machine learning consentirà al sistema di raffinare le proprie prestazioni e migliorare la propria efficienza.

 
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Pubblicato da su 7 ottobre 2016 in news

 

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TIM e Vodafone, cosa si paga da oggi

TelefoninoMonete

TIM e Vodafone da oggi inizieranno a far pagare alcuni servizi che fino ieri erano a costo zero. Si tratta di LoSai ChiamaOra per TIM, e di Chiamami e Recall per Vodafone. Sicuramente le due compagnie telefoniche hanno avvisato tempestivamente i propri utenti, ma è bene ricordarlo perché questi servizi generalmente sono attivi per default.

L’introduzione del servizio a pagamento è a tutti gli effetti una modifica contrattuale legittima – se avviene con opportuno preavviso – ma da parte del cliente è altrettanto legittimo poter disattivare a costo zero un’opzione che diventa per lui onerosa: TIM addebiterà al cliente 1,90 centesimi a quadrimestre, quindi 5,70 euro all’anno. Vodafone chiede un po’ di più: 6 centesimi di euro per ogni giorno di utilizzo. Quindi, in caso di utilizzo giornaliero, in un anno si potrà arrivare a pagare fino a 21,90 euro.

Per disattivare questi servizi, il cliente TIM deve rivolgersi al numero 40920 (attenzione: i servizi viaggiano in coppia e non possono essere disabilitati disgiuntamente), mentre il cliente Vodafone può scegliere cosa disattivare chiamando il 42070 (per disattivarli entrambi, chiamare il 42593) o utilizzando l’area Fai da te del sito web di Vodafone.

Mentre Vodafone attiverà gli addebiti a partire da oggi senza distinzioni, TIM  ha previsto cinque scaglioni differenziati , fissando altrettanti appuntamenti per l’attivazione del pagamento dei servizi. Questo significa che, per i clienti prepagati o ricaricabili, il servizio diventa a pagamento da oggi, mentre per altri la data di partenza potrebbe essere 4 agosto, 18 agosto o 1 settembre (l’informativa ricevuta da ogni utente dovrebbe chiarirlo). I titolari di un contratto con abbonamento si vedranno addebitare questi servizi a partire dal 7 settembre (per loro l’addebito sarà mensile e pari a 48 centesimi di euro).

 
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Pubblicato da su 21 luglio 2014 in business, cellulari & smartphone, news, telefonia

 

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Da cabina telefonica a hotspot WiFi

La diffusione di cellulari e smartphone ha segnato il destino delle cabine telefoniche: ce ne siamo accorti da qualche tempo, con il passare degli anni sono sempre meno utilizzate ed è ormai in corso uno smantellamento progressivo. Ciò che accade in Italia si verifica ovunque si sia allargato il mercato della telefonia mobile, ma non tutti vogliono eliminarle. A New York, ad esempio, è partito un progetto di riconversione per trasformarle in HotSpot WiFi.

Iniziativa interessante che potrebbe essere replicata anche nel nostro Paese… Gli obiettivi sono molteplici: il primo ovviamente consiste nel fornire – in questo caso gratuitamente – accesso ad Internet nel raggio d’azione delle antenne installate (circa un centinaio di metri). Inoltre, c’è da considerare lo stato di degrado in cui versano attualmente i telefoni pubblici della Grande Mela: su oltre 13mila telefoni pubblici, metà sono fuori servizio e in molti casi sono già stati “riconvertiti”, ma si tratta di hot spot di altro genere, perché divenuti “punti di ritrovo per attività criminali, compreso lo spaccio di sostanze stupefacenti, il consumo di alcool, attività sessuali e persino come orinatoi pubblici” (sigh).

 
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Pubblicato da su 12 luglio 2012 in News da Internet, WiFi

 

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IVA al 21%, idee confuse?

Questo è uno di quei rari post in cui scrivo un’informazione non propriamente tecnologica, ma che molti troveranno comunque utile in seguito all’introduzione della nuova aliquota IVA al 21% in vigore da sabato 17 settembre, novità che anche tra vari colleghi ha generato dubbi e false convinzioni.

Il principio di base è che, a partire da quella data, tutte le prestazioni o cessioni con aliquota ordinaria andranno fatturate con IVA al 21%, ma esistono fattispecie particolari.

  • Fatture di acconto: se un acconto è stato incassato prima del 17 settembre, l’emissione della relativa fattura deve avvenire con aliquota al 20%, mentre la fattura di saldo – se emessa dal 17 settembre in poi – dovrà essere emessa con IVA al 21%.
  • Fatture differite: se la merce è stata consegnata con DDT entro il 16 settembre, la relativa fattura dovrà essere emessa con aliquota al 20%, proprio perché – per il principio seguito dalla norma – è la data di consegna dei beni che fa fede.
  • Note di credito: si applica sempre l’aliquota che era in vigore al momento dell’operazione oggetto di variazione (il 20% per fatture emesse con IVA al 20%).
Le tre fattispecie indicate sopra riguardano le operazioni di cessioni di beni mobili, in cui fa fede la data di consegna del bene. Per le cessioni di beni immobili, a far fede è la data della stipula. Per le prestazioni di servizi, invece, fa fede la data del pagamento o della fatturazione (se avvengono entro il 16 settembre, IVA al 20%, altrimenti IVA al 21%). Se un professionista emette una nota che anticipa una parcella (proforma, preavviso, o altra forma di comunicazione non formale che “non costituisce fattura o altro documento fiscale”), ovviamente fa fede la data della fattura che sarà emessa.
Non poche persone trascurano il fatto che l’aliquota del 21%  non viene applicata su tutto ciò che si acquista o si vende. Esistono infatti anche l’aliquota minima del 4%, che si applica ai cosiddetti beni di prima necessità (tra i quali alcuni generi alimentari, stampa quotidiana o periodica, fertilizzanti, mangimi vegetali; case non di lusso ad uso di abitazione principale, costruzioni rurali destinate ad uso abitativo, apparecchi di ortopedia, protesi, poltrone e veicoli simili per invalidi, alimenti e bevande somministrati nelle mense o in distributori automatici, eccetera) e l’aliquota ridotta del 10% (che riguarda ad esempio altri generi alimentari, acqua, legna da ardere, energia elettrioca ad uso domestico, gas metano  per usi civili fino a 480 metri cubi annui, affitto di abitazioni in edilizia convenzionata, eccetera).
Inutile dire che, a mio avviso, tutti i servizi di telecomunicazioni (telefonia, accesso ad Internet, eccetera), essendo di prima necessità andrebbero fatturati per legge al 4%.
Altre indicazioni utili si possono trovare ad esempio su Leggioggi.it, Fiscoetasse.com ed Ecodeldenaro.it.
 
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Pubblicato da su 20 settembre 2011 in business, news

 

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