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Bufale di quarta mano? No, grazie!

 

In questo periodo il passaparola sui social network sta veicolando una notizia pazzesca, propagata da più fonti. Intendiamoci, è una colossale bufala, ma per come viene presentata è quantomeno ansiogena.

Affaritaliani ci svela infatti che a settembre il nostro pianeta verrà obliterato da un asteroide e l’impatto genererà tsunami e migliaia di morti.

TifiamoAsteroid

 

Panico? Allarmismo? Tutti nel bunker? Ma de che? L’articolo in realtà cita il Mirror che riporta quanto riferito dai ricercatori dell’Università di Southampton, in virtù di uno strumento che permetterebbe di capire le conseguenze dell’impatto di un asteroide sulla Terra, in base alla sue dimensioni, con studi e previsioni da qui all’anno 2100.

In precedenza (un mesetto fa) una notizia analoga è stata pubblicata dal quotidiano Libero, che riprendeva un articolo di Leggo che aveva attinto ad un pezzo pubblicato dall’edizione britannica di Metro che a sua volta citava il blog  800 Whistleblower, bollando il tutto come congetture basate su teorie complottiste. Di quarta mano, visti i passaggi da una fonte all’altra.

TifiamoAsteroide

Esistono lettori che si limitano ai titoli e si allarmano, ma soprattutto esiste chi chlicca e legge. Tra questi troviamo chi non ci capisce nulla e chi, leggendo, comprende che l’articolo dice tutt’altra cosa rispetto al titolo. Ma, per chi lo pubblica, non è importante che la notizia in realtà sia aria fritta: ciò che conta, innanzitutto, è che l’articolo venga cliccato da più persone possibili, dal momento che gli inserzionisti pubblicitari pagano in base alle pagine visitate. Più click, più denaro.

Nelle realtà in cui i lettori vengono attirati dal sensazionalismo, anziché dalla qualità dell’informazione, la catastrofe si è già abbattuta.

 

 

 
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Pubblicato da su 9 luglio 2015 in media, News da Internet

 

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Dal Decreto Fare (Casino) al Decreto BOH!

Dalla padella nella brace, o –  come scrive Marco Valerio Principato su The New Blog Times – “di male in peggio”! Sull’accesso pubblico a Internet, con gli ultimi emendamenti al Decreto Fare siamo passati dal Decreto Fare a Casaccio al più intricato Decreto Fare Casino! Ma in realtà, oltre alla confusione, la nuova stesura del provvedimento porta incertezze e lacune.

Infatti, per quanto riguarda l’articolo 10, oltre alle già citate perplessità sul titolo che ne dovrebbe circoscrivere l’ambito di applicazione (“Liberalizzazione dell’allacciamento dei terminali alle interfacce della rete pubblica”, che scritto così potrebbe anche riguardare la rete del gas) e sul testo sottostante, dalla Camera si apprende dell’approvazione di tre emendamenti, il cui assemblaggio porta a questo:

Sostituire i commi 1 e 2 con i seguenti:

  1. Quando non costituisce l’attività commerciale prevalente del gestore del servizio, l’offerta di accesso ad internet al pubblico tramite tecnologia WIFI non richiede la identificazione personale degli utilizzatori. Non trovano applicazione l’articolo 25 del decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259 e l’articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155. Resta fermo l’obbligo del gestore di garantire la tracciabilità del collegamento attraverso l’assegnazione temporanea di un indirizzo IP e il mantenimento di un registro informatico dell’associazione temporanea di tale indirizzo IP al MAC address del terminale utilizzato per l’accesso alla rete internet. 
  2. Il trattamento dei dati personali necessari per garantire la tracciabilità del collegamento di cui al comma 1 è effettuato senza consenso dell’interessato, previa informativa resa con le modalità semplificate di cui all’articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e non comporta l’obbligo di notificazione del trattamento al Garante per la protezione dei dati personali.

Nel primo comma, dunque, si stabilisce in primis che solo chi offre un accesso in modalità WiFi non sarà tenuto a richiedere l’identificazione degli utenti. Per cui questa norma non si applica a chi offre un collegamento ad Internet tramite un computer dedicato, oppure concedendo l’uso di una propria porta di rete per chi intende collegarvi il proprio computer per accedere ad Internet. In questi casi diversi dal WiFi, stando al testo approvato, pare proprio che sarà necessario chiedere l’identificazione degli utenti.

Al già previsto obbligo di rilevare il MAC Address, inoltre, si aggiunge ora anche quello di abbinarvi l’indirizzo IP assegnato al momento della connessione, e di compilare un registro informatico dell’associazione temporanea di tale indirizzo IP al MAC address del terminale utilizzato per l’accesso alla rete internet. Soluzione assolutamente inutile, poiché l’indirizzo assegnato temporaneamente sarà un indirizzo IP privato interno simile a tutti quelli utilizzati in qualunque LAN (ad esempio 192.168.x.x), e quindi in qualunque esercizio, abbinato ad un MAC Address di cui nessuno conosce il titolare (all’acquisto di uno smartphone, tablet o notebook dotato di scheda WiFi, qualcuno vi ha mai identificato?). Ancora una volta, niente che sia unico, ne’ che identifichi in modo certo un utente.

Per i gestori dei locali pubblici intenzionati ad offrire il WiFi, si conferma quindi l’obbligo di avere uno strumento per registrare le connessioni attuate dal suo esercizio, per cui si deve attuare – senza consenso da parte dell’interessato – un trattamento dei dati personali che in precedenza era stato escluso, ma che ora è necessario per garantire la tracciabilità del collegamento di cui al comma 1 è effettua to senza consenso dell’interessato. 

Dati che verranno conservati, non per dodici o ventiquattro mesi, come stabilito in precedenza dal  Decreto Legislativo 109/2008, ma per… A proposito, per quanto, quanto tempo? Non si sa, questo provvedimento non ne parla.

Quindi bisognerà conservare questi dati per sempre? Oppure è possibili cancellarli il giorno dopo la registrazione? Non si sa, questo provvedimento non ne parla.

Ci sono sanzioni a questo proposito? Non si sa, questo provvedimento non ne parla!

 
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Pubblicato da su 22 luglio 2013 in news

 

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Decreto Fare, sull’accesso a Internet nulla di chiaro

DecretoFareWiFi

Il Decreto Fare è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale venerdì 21 giugno. Ricordo che le promettenti anticipazioni recitavano:

Nel Decreto Fare il Consiglio dei Ministri ha previsto la liberalizzazione dell’accesso ad internet (wifi), come avviene in molto Paesi europei.

L’offerta ad internet per il pubblico sarà libera e non richiederà più l’identificativo personale dell’utilizzatore. Resta però l’obbligo del gestore di garantire la tracciabilità mediante l’identificativo del dispositivo utilizzato.

Veniamo quindi al testo ufficiale. Nel decreto legge n. 69 del 21 giugno 2013 troviamo l’articolo 10 dedicato alla Liberalizzazione dell’allacciamento dei terminali di comunicazione alle interfacce della rete pubblica.

Interfacce della rete pubblica de che? Ah, forse è perché non riguarda esclusivamente il WiFi. Vedremo. L’articolo si apre così:

L’offerta di accesso ad internet al pubblico è libera e non richiede la identificazione personale degli utilizzatori. Resta fermo l’obbligo del gestore di garantire la tracciabilità del collegamento (MAC address)

Ma è il Decreto del “Fare un po’ a casaccio”? La prima frase sembra dire che chiunque può offrire l’accesso a Internet nel modo che ritiene opportuno. L’unico obbligo è in capo al gestore. Però manca una definizione del soggetto (o dei soggetti) a cui questa norma fa riferimento: “gestore” di cosa?

  1. Di un locale pubblico (ad esempio un bar, un ristorante…) che concede l’accesso a Internet come servizio accessorio e collaterale all’attività principale, e quindi non è un provider?
  2. Oppure gestore di un’attività tipo Internet Point, dove l’attività commerciale consiste proprio nel concedere accesso a Internet?
  3. Oppure ancora gestore di telecomunicazioni? Questo decreto permette ai provider di offrire agli utenti un accesso ad Internet senza essere tenuti ad identificarli?

Inoltre, il riferimento al MAC Address è abbastanza risibile: si tratta di un codice che identifica una scheda di rete (Ethernet o wireless) abbinata ad un terminale. E’ il produttore che lo assegna alla scheda ed è univoco, ma può essere modificato via software. Detto questo, e ammesso che non venga modificato, se un computer è accessibile a più utenti (come quelli di una biblioteca, o di un Internet Point di un albergo), e nessuno può risalire all’identità di ognuno, in caso di utilizzi non consentiti o addirittura illeciti che senso ha identificare solo il computer?

Segue una precisazione che, in realtà, contiene un’imprecisione:

La registrazione della traccia delle sessioni, ove non associata all’identità dell’utilizzatore, non costituisce trattamento di dati personali e non richiede adempimenti giuridici

Innanzitutto sarebbe opportuno capire una cosa: la registrazione della traccia delle sessioni come va effettuata? Quali dati deve contemplare? Il MAC Address? La data? Ora di inizio e ora di fine navigazione? Gli indirizzi dei siti visitati? Di tutto e di più?

Se l’utente non viene identificato, questa registrazione non è riconducibile ad alcuna persona, quindi non esiste alcun trattamento di dati personali. Ma questo, in realtà, vale solo finché un utente si limita ad un’attività di consultazione, ad esempio leggere il giornale via web… Se invece si iscrive ad un servizio online, o se consulta un proprio account (il conto corrente bancario, la pagina personale sul social network, la propria webmail, o altro ancora), la registrazione potrebbe contenere informazioni assolutamente personali, e quindi il trattamento di dati personali c’è.

Ergo, il provvedimento di liberalizzazione dell’accesso a Internet contenuto nel Decreto Fare, così com’è oggi, è talmente vago e approssimativo da essere pressoché inutile.

 
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Pubblicato da su 25 giugno 2013 in diritto, Internet

 

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WiFi e Decreto Fare. Cosa c’è di nuovo?

WF_testonotizia

Il Ministero dello Sviluppo Economico annuncia:

Nel Decreto Fare il Consiglio dei Ministri ha previsto la liberalizzazione dell’accesso ad internet (wifi), come avviene in molto Paesi europei.

L’offerta ad internet per il pubblico sarà libera e non richiederà più l’identificativo personale dell’utilizzatore. Resta però l’obbligo del gestore di garantire la tracciabilità mediante l’identificativo del dispositivo utilizzato.

Per la serie “Forse non tutti sanno che…” segnalo che nel 2005 – in seguito agli attentati di Londra, ma non solo – con un decreto legge fu introdotto l’obbligo, per i gestori di un locale con servizio WiFi, di acquisire i dati anagrafici dell’utente prima di concedergli l’accesso. Questo obbligo di identificazione è poi stato alleggerito, fino ad essere eliminato – a partire dal 2011 – con il decreto legge 225/2010. Molti gestori hanno proseguito nella conservazione dei dati relativi al traffico Internet generato dai clienti (come previsto in precedenza dalla legge), ma comunque a suo tempo il Garante della Privacy aveva chiarito:

“Gli esercenti che ancora dispongono di strumenti per il monitoraggio e l’archiviazione dei dati possono eliminarli, senza il rischio di alcuna responsabilità, rendendo così realmente libero il servizio di Wi-Fi offerto. Altrimenti, se vogliono continuare ad utilizzare tali sistemi in maniera legittima, sono tenuti a rendere informati i propri avventori dell’utilizzo che viene fatto dei dati monitorati, attraverso la sottoscrizione da parte loro del consenso al trattamento degli stessi”

Il Decreto Fare, almeno leggendo il comunicato stampa che ne anticipa i contenuti (quindi è tutto da verificare con il testo definitivo), non sembra prevedere nulla di diverso da ciò che già la legge consente. Al massimo, in materia di identificazione degli utenti potrebbe confermare l’interpretazione data fino ad oggi dagli addetti ai lavori, ma senza apportare modifiche sostanziali. Quindi di quali novità si parla?

Update: Guido Scorza spiega che, nei testi delle bozze del decreto e diversamente da quanto anticipato nel comunicato del ministero, il provvedimento prevede effettivamente una liberalizzazione, ma che non c’entra con l’identificazione degli utenti. La novità consiste nell’abolizione dell’obbligo di far installare apparati di rete (modem, router, ecc.) solamente da parte di un’impresa “abilitata” ed iscritta in un apposito albo.

 
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Pubblicato da su 17 giugno 2013 in istituzioni, News da Internet

 

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Italia OnLine, rinata da Libero e Matrix

ItaliaOnLine

 

La notizia del ritorno di Italia OnLine fa tornare indietro la memoria di qualche anno. E’ lo stesso nome di un Internet Service Provider nato nel 1994, il cui portale costituì in quegli anni uno dei punti di riferimento per chi iniziava a navigare in Internet in Italia. Si abbreviava con IOL, quasi a richiamare un’italianizzazione del ruolo da protagonista che aveva AOL). Il logo è simile a quello di allora, ma adesso è una realtà ben diversa, molto più strutturata e articolata in varie soluzioni, si occupa di pubblicità e servizi Internet alle imprese, e nel mercato web italiano è alle spalle di Google e Facebook.

 
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Pubblicato da su 8 febbraio 2013 in business, Internet

 

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Libero non significa gratis

usafreewifiIl Washington Post nei giorni scorsi ha dato notizia di un progetto, da parte della FCC – (agenzia governativa che regola le comunicazioni negli USA) per la realizzazione di una Super rete WiFi con copertura nazionale e gratuita, basata su un progetto per l’ampliamento dello spettro utilizzato nel WiFi che sembrerebbe poter convergere con un piano varato per dare ai gestori di telefonia mobile le frequenze TV non assegnate. L’articolo sul Post (che, come scrive Mante in un tweet, in realtà non dice niente), ha scatenato gli entusiasmi da parte della stampa e dela rete, che ne stanno parlando ancora adesso anche in Italia, con termini di paragone con il nostro Paese e con toni che potremmo sostanzialmente sintetizzare con “l’erba del vicino è sempre più verde”. Peccato che nessuno dia risalto alla dichiarazione – sostanzialmente una smentita – data dal portavoce della stessa FCC e raccolta da TechCrunch:

The FCC’s incentive auction proposal, launched in September of last year, would unleash substantial spectrum for licensed uses like 4G LTE. It would also free up unlicensed spectrum for uses including, but not limited to, next generation Wi-Fi. As the demand for mobile broadband continues to grow rapidly, we need to free up significant amounts of spectrum for commercial use, and both licensed and unlicensed spectrum must be part of the solution.

L’obiettivo sarebbe quindi di liberare frequenze per il 4G, la tecnologia broad band LTE utilizzata nelle reti mobili, e si potrebbe liberare spettro senza licenza per altri utilizzi, come il WiFi di prossima generazione, ma non in via esclusiva per quell’impiego. Dal momento che la domanda di banda larga mobile è in aumento, si rende necessario liberare spettro per utilizzi commerciali. E’ questo il significato della dichiarazione.

Tra l’altro, l’articolo del Post potrebbe basare le proprie certezze su un puro fraintendimento del significato della parola free, utilizzata anche da Julius Genachowski, capo della FCC (agenzia governativa che regola le comunicazioni negli USA) in questa dichiarazione, citata nella notizia:

Freeing up unlicensed spectrum is a vibrantly free-market approach that offers low barriers to entry to innovators developing the technologies of the future and benefits consumers.

Verrebbe da pensare che chi ha scritto l’articolo (ma soprattutto a chi l’ha rilanciato) abbia frainteso o sopravvalutato quel free, che in questo contesto non significa gratis, ma libero. In questa affermazione Genachowski osserva in realtà che liberare spettro non assegnato rappresenta un approccio vivace al libero mercato, che offre una riduzione delle barriere all’ingresso di quegli innovatori che sviluppano le tecnologie del futuro, e avvantaggia i consumatori. Ma il libero mercato è un mercato in cui operano più concorrenti in regime di concorrenza, non ha nulla a che vedere con il tutto gratis.

 
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Pubblicato da su 6 febbraio 2013 in cellulari & smartphone, Internet, WiFi

 

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Libero compra Matrix, Virgilio cambia casa

Telecom Italia vende Matrix a Libero.it per 88 milioni di euro:

Telecom Italia ha annunciato la vendita del 100% della partecipata Matrix a Libero, società controllata da Weather Investment II, sulla base di un enterprise value di 88 milioni di euro. Il colosso italiano tlc, in coerenza con la politica di valorizzazione degli asset non strategici, ha deciso di cedere la società attiva nel settore internet. Tale operazione, si legge in una nota, è stata avviata dopo un processo di “internalizzazione” di alcune attività captive come lo sviluppo e la gestione delle piattaforme interne. La cessione di Matrix concorrerà al raggiungimento dell’obiettivo di riduzione dell’indebitamento finanziario netto del gruppo per l’anno 2012. Il perfezionamento dell’operazione è atteso intorno alla fine di novembre dopo l’esito delle verifiche da parte delle autorità competenti.

Il finanziare egiziano Naguib Sawiris (socio di minoranza di Wind, controllata dal gruppo russo Vimplecom) mette così le mani sulla società che controlla le attività legate al portale Virgilio e si espande nel mercato dei contenuti distribuiti via web. Obiettivo: diventare la piattaforma internet di riferimento per le PMI.

 
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Pubblicato da su 9 agosto 2012 in business, Internet

 

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