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Mai lasciare un pc incustodito

Il Comando Strategico dell’Esercito USA domenica ha pubblicato un tweet con questo messaggio:

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Non è il nuovo nome del vaccino anti covid-19 di AstraZeneca e non ci sarebbe nulla di allarmante, se non fosse uscito da uno dei centri di comando del dipartimento americano della difesa, che controlla l’intero arsenale nucleare delle forze armate, comanda la difesa missilistica e svolge altre attività strategiche. Visto il peso dell’ente, messa da parte l’idea di un’incomprensibile violazione da parte di gruppi hacker malintenzionati, le ipotesi che si sono susseguite sono state le più disparate: violazione dell’account da parte di ignoti? Un improbabile messaggio in codice inviato a destinatari altrettanto ignoti? Il tweet poi è sparito, ma il mistero sulla sua pubblicazione è rimasto per qualche ora, finché non ne è stata chiarita la natura: si era trattato semplicemente di un messaggio senza senso, colpa di un’incauta gestione del telelavoro.

“Il gestore Twitter del comando, mentre si trovava in telelavoro, ha lasciato momentaneamente l’account Twitter del comando aperto e incustodito. Il suo giovanissimo figlio ha approfittato della situazione e ha iniziato a giocare con i tasti e purtroppo, inconsapevolmente, ha pubblicato il tweet“.

Questa è la risposta ufficiale data dal Comando a Mikael Thalen, che ne ha scritto su DailyDot, sgombrando il campo da ulteriori congetture nefaste o complottiste. Quindi non è stato il Comando Strategico dell’Esercito USA a pubblicare quel tweet, ma un innocente bambino.

L’aneddoto è utile a mettere a fuoco il tema dell’attenzione richiesta nel lavoro svolto da casa nelle sue varie declinazioni, dal telelavoro allo smart working (che non sono la stessa cosa, ma si inseriscono in un contesto di attività fuori sede che include anche dad o did). In questo caso non è accaduto assolutamente nulla di grave o irreparabile: il rischio comportato dalla leggerezza di lasciare per qualche istante – a casa propria – un computer incustodito con l’account Twitter aperto, mentre per casa si aggira un bambino curioso, è abbastanza irrisorio.

Lo scenario cambierebbe parecchio se il computer rimanesse disponibile e aperto su applicazioni con informazioni più critiche, annullabili da un delete (tasto di cancellazione) o dalla chiusura accidentale di un programma senza aver salvato nulla, o su un messaggio di posta elettronica ancora da correggere prima di essere spedito. Beninteso: probabilmente l’ambiente domestico è foriero di imprevisti meno gravi di quelli che potrebbero verificarsi in un ufficio o un laboratorio in cui un computer possa essere lasciato “aperto” con informazioni sensibili lasciate in bella mostra. Per non parlare del problema che si ripropone quando vengono lasciate incustodite le password. Rimane il fatto che, onde evitare spiacevoli inconvenienti, quando si lascia momentaneamente un computer, anche per pochi istanti, è opportuno bloccarne lo schermo:

  • Ambiente Windows: tasto Windows + L
  • Ambiente Mac: tasti CMD + CTRL + Q
  • Ambienti Linux: una possibilità passa dai tasti CTRL + ALT + L (ma esistono altre possibilità, dovreste saperlo meglio di me!)
 
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Pubblicato da su 31 marzo 2021 in news

 

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Un lockdown meno pesante, grazie Internet

C’è qualcosa che in questo periodo abbiamo dato tutti per scontato, sbagliando, ed è la “tenuta” di Internet. E’ assodato che il traffico sia aumentato in modo progressivo, poiché tra febbraio e marzo è stata registrata un’enorme crescita della domanda di traffico dati, comportata dalle nuove esigenze di formazione e didattica a distanza, telelavoro e smartworking, ma anche da un maggior consumo di intrattenimento online, con un’impennata di gaming e streaming.

Immaginiamo un black-out di Internet, anche solo temporaneo. Oppure pensiamo a cosa sarebbe accaduto se non avessimo avuto le possibilità di connessione attuali e poniamoci qualche domanda…

Cos’avreste fatto senza Internet?

Quanto sareste riusciti a sopportare il lockdown?

 
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Pubblicato da su 20 Maggio 2020 in news

 

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Internet sotto stress

Questa mappa mostra come l’attuale emergenza sanitaria – con le obbligatorie restrizioni sugli spostamenti – stia esercitando una forte pressione sull’infrastruttura a banda larga attiva nel mondo. La crescita di e-learning, telelavoro e smart working, insieme alla maggiore fruizione di streaming HD e del gaming, mettono Internet sotto stress come mai prima d’ora.

Questa grafica è il risultato delle elaborazioni effettuate dal software sviluppato dalla società australiana KASPR Datahaus che raccoglie ogni giorno miliardi di dati sul traffico generato da attività svolte su Internet.

Bisogna pensare ad esempio che ogni streaming video (anche una videochiamata) è costituito da piccoli pacchetti di dati, che percorrono cavi di ​​rame e fibra ottica per lunghe distanze. Se tanti pacchetti percorrono questi cablaggi, il traffico si intensifica e può arrivare ad essere congestionato. In queste condizioni tutto si rallenta. La mappa evidenzia che nelle scorse settimane questo fenomeno si è intensificato particolarmente in Italia, Spagna, Svezia, Iran e Malesia. Nel Regno Unito è in crescita.

 

 
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Pubblicato da su 24 marzo 2020 in TLC

 

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Restate a casa, vi aumentano i Giga

Telelavoro, smart working e didattica a distanza – così come l’intrattenimento domestico – richiedono connettività o, per dirla in termini più pragmatici, richiedono disponibilità di gigabyte. Non tutti coloro che restano a casa, però, hanno una connessione flat con traffico illimitato, molti italiani anzi utilizzano prevalentemente la rete mobile e sfruttano lo smartphone, direttamente o come hotspot per collegare a Internet il proprio computer. E non è affatto scontato che tutti abbiano un piano tariffario adeguato alle nuove esigenze – non prevedibili fino a qualche giorno fa – di questo periodo di emergenza sanitaria e di restrizioni. Non tutti sono però a conoscenza che in questa situazione le compagnie telefoniche – ognuna a proprio modo – hanno… allargato i cordoni della borsa:

TIM

  • Clienti Privati: GB illimitati, chiamate illimitate per gli utenti di linea fissa, accesso gratuito a Tim Vision da rete fissa
  • Clienti Business: 100 GB per linea per 30 giorni, disponibili in Italia e in Europa, per professionisti e aziende

Vodafone

  • Studenti di scuole superiori e università: GB illimitati per un mese per gli studenti dai 14 ai 26 anni
  • Clienti Business: GB illimitati su tutte le SIM voce, per professionisti, aziende e istituzioni

WindTre

  • Clienti voce ricaricabili: dalla seconda metà di marzo, 100 GB gratuiti per sette giorni

Fastweb

  • per tutta la community di clienti mobile: 1 milione di GB gratuiti da condividere sino all’esaurimento del plafond, poi i clienti riprenderanno a utilizzare i dati inclusi nella loro offerta (offerta interessante, anche se poco controllabile per gli utenti, perché non prevede un bundle definito per ognuno, ma un serbatoio comunitario con GB disponibili fino a eusarimento)

Non è escluso che esistano – o vengano proposte a breve – altre offerte destinate alle necessità degli utenti in questo particolare momento, alcune di queste rientrano nell’iniziativa Solidarietà Digitale su cui ho scritto nei giorni scorsi e che prevede altre possibilità (non solo per quanto riguarda la connettività). Una chiamata al servizio clienti del vostro operatore sarà sicuramente più esaustiva.

 
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Pubblicato da su 13 marzo 2020 in news

 

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Telelavoro, smart working, didattica a distanza. Ci voleva il coronavirus?

Necessità di limitare gli spostamenti, scuole chiuse, zone rosse, rischi di contagio: la diffusione epidemica del nuovo coronavirus obbliga ad alcuni cambiamenti nello stile di vita, resi necessari dalle varie misure di contenimento, adeguate giorno per giorno da chi ha la responsabilità di salute e ordine pubblico. Questi cambiamenti hanno portato alla “scoperta” di opportunità già esistenti, ma finora ignorate da molti per impreparazione o refrattarietà culturale, cioè il telelavoro, lo smart working e la formazione a distanza.

I primi due spesso sono confusi ed erroneamente identificati nello stesso concetto, ma anche se possono avere alcuni punti in comune, si tratta di due approcci diversi:

  • il telelavoro (lavoro a distanza) permette di lavorare altrove rispetto al posto di lavoro, solitamente a casa propria, con l’ausilio di strumenti tecnologici che consentono di mantenere un collegamento con la sede lavorativa, nel rispetto degli orari stabiliti dal datore di lavoro, che possono favorire anche la contemporaneità lavorativa con altri colleghi;
  • lo smart working permette di non essere legati ad un unico luogo in cui svolgere il proprio lavoro; può trattarsi di casa propria, di una sede staccata o anche di una panchina al parco; a differenza del telelavoro non ci sono obblighi sul rispetto dell’orario, ma obiettivi da raggiungere. Per favore, però, evitiamo l’etichettatura lavoro agile: si tratta di una prestazione lavorativa (o collaborazione) gestita autonomamente.

La recente crescita italiana di queste attività svincolate dal posto di lavoro è conseguenza dell’emergenza sanitaria di questo periodo. Certo non è sempre possibile avvalersi di queste possibilità in un Paese di piccole e medie imprese, molte delle quali con attività manifatturiera, ma con lo sviluppo dei servizi non è impensabile estenderne la diffusione. Fino allo scorso anno in Europa gli italiani che lavoravano in una di queste forme erano il 4,8%. Per fare un confronto rapido: nei Paesi Bassi si sfiora il 36% di lavoratori che sfruttano queste possibilità, in Svezia il 35%. Vedremo se e come evolverà la situazione in questo senso.

Ma anche il mondo dell’istruzione può – anzi deve – evolversi in questo senso, e qui credo che l’argomento meriti una migliore messa a fuoco. Le scuole chiuse stanno facendo emergere esigenze importanti, non solo perché gli studenti si devono mantenere in esercizio (e quindi gli insegnanti devono assegnare compiti a casa in modo alternativo a quello consueto), ma anche perché si deve seguire quella programmazione che la sospensione e la chiusura dell’attività scolastica hanno interrotto. In quest’ottica, le nuove tecnologie della comunicazione possono essere di supporto alla didattica a distanza. Ma le nostre scuole sono pronte a questo? Insegnanti e studenti sono dotati di risorse e strumenti adeguati?

Quando si è parlato dell’utilizzo degli smartphone a scuola ho avuto modo di evidenziare:

In buona parte delle nostre scuole oggi mancano infrastrutture tecnologicamente adeguate (soprattutto in termini di connettività – ad Internet e interna – e di attrezzature) e sul fronte degli insegnanti è necessario provvedere ad una formazione idonea all’acquisizione di competenze mirate in tal senso. Naturalmente attuare tutto questo non è possibile senza provvedere ai necessari investimenti in questa direzione, un presupposto fondamentale per porre le basi di un serio processo di alfabetizzazione digitale.

In mancanza d’altro, troviamo insegnanti volenterosi che inviano materiale didattico ai propri studenti tramite mail o messaggi WhatsApp, tentativo lodevole all’insegna del “si fa quel che si può”. Ma questa non può essere LA soluzione, anche se supera in modo rudimentale due considerevoli lacune: la mancanza di una piattaforma scolastica per la didattica a distanza e il digital divide culturale di una parte degli insegnanti e degli studenti (e no, nel 2020 la frase “non sono tecnologico” non ha più giustificazione: con uno smartphone sono tutti pronti a chattare e diventare leoni da tastiera, a scattarsi selfie, a pubblicare “stati” e “storie” con foto ritoccate e filtrate, a utilizzare app più o meno utili… ma nel momento in cui c’è una funzione seria e utile da imparare con pochi click, sembra che nessuno sia in grado di farlo).

Le scuole possono trovare una soluzione sfruttando vari supporti: il primo è quello del Ministero dell’Istruzione, che ha messo loro a disposizione la pagina web Didattica a distanza, che offre l’opportunità di utilizzare materiali multimediali Rai per la didattica, Treccani scuola, Fondazione Reggio Children – Centro Loris Malaguzzi e di piattaforme per la formazione a distanza.

Una proposta a mio avviso interessante è inoltre quella di INDIRE – Istituto Nazionale Documentazione Innovazione Ricerca Educativa: sul loro sito web è disponibile edmondo, che viene presentato come “un mondo virtuale 3D online, dedicato esclusivamente a docenti e studenti per l’innovazione della didattica in classe”. Una sorta di Second Life declinato al mondo della didattica, dove questo tipo di mondo virtuale può trovare un’applicazione sicuramente proficua.

Va però ricordato che Indire, inoltre, ha organizzato un’iniziativa di solidarietà tra scuole con il supporto delle reti Movimento “Avanguardie educative” e Movimento delle “Piccole Scuole”, che si presentano pronte alla collaborazione con docenti e dirigenti scolastici degli istituti scolastici che ne faranno richiesta per offrire la propria esperienza nell’utilizzo di tecniche didattiche e strumenti innovativi. L’iniziativa si chiama “La scuola per la scuola” e vi hanno già aderito molti istituti.

Non mancano le soluzioni offerte da due grandi aziende tecnologiche, come Google e Microsoft, attive in questo settore rispettivamente con GSuite for Education e Office 365 Education A1. In tutta onestà, però, sarei molto riluttante ad utilizzare la piattaforma di e-learning di Google: è un’azienda che ha come core business l’utilizzo di dati a scopo di profilazione, per cui non mi meraviglierei se sfruttasse i dati acquisiti dagli studenti italiani per le proprie attività. Verificherei bene le condizioni di utilizzo dei dati conferiti alla piattaforma, prima di avere sorprese.

Per questo motivo – e vista la nulla attenzione al software libero, che le istituzioni dovrebbero invece promuovere – probabilmente punterei su una soluzione come Weschool, una validissima piattaforma per la didattica integrata, che consente a studenti e professori di condividere qualsiasi tipo di contenuto, collaborare a lavori di gruppo, giocare, fare esercizi e ottenere feedback in tempo reale. Nella piattaforma è possibile trovare video, articoli, corsi, video quiz, libri di testo, prodotti collaborativi, lavori di gruppo.

Per quanto riguarda “semplici” strumenti di condivisione di lezioni, si possono sicuramente citare ad esempio Jitsi.org , Zoom.us, Big Blue Button. Esistono inoltre risorse “pronte all’uso” come quelle reperibili su Risorsedidattiche.net e Redooc.

Sicuramente esistono altre soluzioni, tutto sta a vedere quali rappresentano meglio le esigenze di insegnanti e studenti. Questo spazio rimane disponibile per eventuali segnalazioni: si tratta di voler seriamente iniziare e proseguire un percorso. Forse il nuovo coronavirus ha dato lo stimolo per partire.

 
2 commenti

Pubblicato da su 8 marzo 2020 in news

 

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