Monitoraggio dei telefoni cellulari per contrastare la diffusione del nuovo coronavirus: Sì o no? Tra gli addetti ai lavori si fa sempre più caldo il dibattito su una app per tracciare gli spostamenti e contrappone chi considera le problematiche legate alla privacy dei cittadini a chi ritiene che l’obiettivo della salute pubblica giustifichi una minor attenzione alla riservatezza.
La app consisterebbe in pratica in uno strumento di geolocalizzazione – che con uno smartphone può essere attuata con l’ausilio del GPS (di cui sono dotati gli smartphone) e delle celle corrispondenti. E sull’affidabilità di queste rilevazioni mi vengono in mente due aspetti non trascurabili.
Il primo consiste nella concreta possibilità di far rilevare ad uno smartphone una posizione geografica fasulla, alterando il GPS per depistare le app che lo utilizzano; ok, non è un’operazione alla portata di chiunque, ma tenete presente che ci sono ragazzi che giocano a Pokemon Go che lo fanno per trovare i Pokemon in giro per il mondo.
La rilevazione attraverso le celle è utile più che altro ad accertare uno spostamento: in teoria, dalle antenne è possibile misurare la distanza da un certo terminale in base all’intensità del segnale e facendo una triangolazione tra celle è possibile essere più precisi. In pratica le celle possono avere conformazioni differenti, e soprattutto fuori città la triangolazione può essere anche molto approssimativa. Se l’obiettivo è individuare un contatto ravvicinato tra persone, potrebbe non essere il massimo dell’affidabililtà. Anche perché nell’ambito della rilevazione degli spostamenti di una persona si può arrivare ad un risultato simile a quello ottenuto dal tracking effettuato da Google e riprodotto nella figura sotto riportata: come si può osservare in questo dettaglio di un mio viaggio effettuato in una giornata, secondo la rilevazione io avrei tagliato per i campi e attraversato il fiume anziché percorrere la strada indicata in rosso (cosa che ho fatto in realtà sia in andata che al ritorno).