Fa notizia il dietrofront di Amazon per l’offerta della visione gratuita di Prime Video nelle zone a rischio di contagio. Lanciata quando il DPCM dell’8 marzo indicava come “zone rosse” la Lombardia e le altre 14 province e proposta fino al 31 marzo, una volta estese le restrizioni a tutto il territorio italiano l’azienda ha deciso di ritirarla, come si può notare dall’elenco del portale Solidarietà Digitale. Motivo? Be’, innanzitutto è da considerare che il potenziale bacino di utenza di 15/16 milioni è quadruplicato dopo due giorni.
Va detto che Amazon non è l’unica ad aver ripensato la propria partecipazione al progetto Solidarietà Digitale, l’iniziativa del Ministero per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione per promuovere i servizi gratuiti che aziende e associazioni hanno messo a disposizione della cittadinanza colpita dall’emergenza sanitaria. Altri servizi sono comparsi e poi spariti: ai residenti delle zone interessate dal decreto ministeriale, ad esempio, il provider Eolo aveva offerto un mese di connettività gratuita (ritirato), mentre Mondadori aveva pensato di offrire gratuitamente un e-book gratis a tutti, poi limitato a 10mila copie, a cui però ha aggiunto 10mila abbonamenti digitali per tre mesi ad un magazine. Il Gruppo GEDI (editore de La Repubblica, La Stampa, Il Mattino di Padova) aveva offerto abbonamenti gratuiti per tre mesi alla popolazione della Lombardia e delle 14 province indicate nel provvedimento di domenica, salvo poi ridimensionare a 25mila il numero degli abbonamenti offerti a tutta l’Italia. Va anche detto, inoltre, che Amazon non si è ritirata completamente: è rimasta la proposta di webinar di formazione per docenti della scuola primaria e secondaria di I° grado. E c’è chi ha pensato addirittura di rilanciare, come Mediaset che ha deciso di raddoppiare l’offerta della piattaforma Infinity, passando da uno a due mesi gratuiti di prova del servizio.
Ma quanto sono disinteressate queste partecipazioni al progetto Solidarietà Digitale? A me questi dietrofront fanno pensare al fatto che – per certe aziende – l’allargamento del bacino di utenza abbia reso meno conveniente un’operazione con il retrogusto di un’iniziativa di marketing mirata ad accalappiare clienti, da consolidare successivamente con servizi a pagamento una volta superata (auspicabilmente) l’emergenza sanitaria.
Chapeau invece ad Armani, Esselunga, Eurospin, Unicredit, Intesa Sanpaolo e altre aziende, che hanno pensato direttamente a donazioni in denaro da destinare ad ospedali e all’acquisto di materiali utili all’emergenza. Certo, rendere note queste iniziative offre grande visibilità, ma trattandosi di aiuti concreti sono comunque da apprezzare. Last but not least, menzione d’onore per due gruppi di tifosi: gli ultrà dell’Atalanta avevano acquistato il biglietto per vedere la partita con il Valencia; la partita a porte chiuse ha impedito loro di partecipare, così hanno preferito devolvere il rimborso del biglietto all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Stesso discorso per i tifosi della Roma, che dovendo rinunciare alla partita con il Siviglia, hanno deciso di girare il rimborso del biglietto all’Ospedale Spallanzani di Roma.