Pena commutata da parte di Barack Obama per Chelsea Manning, che verrà rilasciata il 17 maggio 2017. L’ex militare americano – prima di iniziare il percorso per cambiare sesso si chiamava Bradley Manning – era stato condannato a 35 anni di carcere per reati contro la sicurezza nazionale: aveva consegnato a WikiLeaks (che poi li aveva divulgati) centinaia di migliaia di documenti classificati “top secret” dal Dipartimento di Stato e della Difesa USA, tra cui molto materiale relativo ai conflitti in Iraq e Afghanistan. Molti ricorderanno Collateral Murder, che documenta un’azione militare a Baghdad avvenuta nel 2007 in cui morirono undici persone (tra esse, un fotografo e un autista dell’agenzia di stampa Reuters) e furono feriti molti altri civili, anche bambini.
Archivi tag: obama
Trump “andrà a comandare” anche in Rete?
Non sono spaventato dal fatto che Donald Trump (pronto a prendere il posto di Barack Obama alla Casa Bianca) abbia poca dimestichezza con la tecnologia, ne’ per la sua manifesta avversione nei suoi confronti, anche se per alcuni aspetti trovo condivisibili le perplessità manifestate da molti addetti ai lavori sulle prospettive che potrebbero delinearsi. Certamente non spreco applausi, ne’ scuoto la testa, poiché semplicemente non so con certezza quali siano le reali prospettive all’orizzonte.
Trump ha raggiunto il suo obiettivo muovendosi con una campagna elettorale affatto diplomatica, ha riscosso un consenso mediatico pressoché nullo eppure ha vinto. E ora possiamo solo prevedere che il suo mandato possa riflettere la sua personalità, ma non possiamo sapere in che modo la sua attività presidenziale sarà condizionata dal suo entourage di staff e consiglieri. Certo, ciò che ha espresso finora non ha nulla a che vedere con l’approccio alla tecnologia manifestato da Hillary Clinton, testimoniato anche dall’appoggio ricevuto da molti grandi nomi del settore e dalla lettera aperta firmata contro Trump dalle stesse persone. Alcuni osservatori, inoltre, sottolineano quanto molte posizioni espresse da Trump, in materia di tecnologia (ma non solo) siano spesso contraddittorie.
Limitandomi ad un punto di vista tecnologico, tuttavia, constato che il World Wide Web ha visto la luce nei primissimi anni ’90, in seguito ad una proficua attività di ricerca, sviluppo e implementazione condotta nei decenni precedenti. Erano gli anni della presidenza di George Walker Bush (1989/1993), che come predecessore ebbe Ronald Reagan (1981/1989), repubblicani conservatori e non propriamente moderati. Di Reagan molti sottolinearono mediocrità e inadeguatezza, tuttavia l’evoluzione in corso non fu frenata dai suoi otto anni di presidenza. Non sto ovviamente esprimendo giudizi sul loro mandato in senso globale, ma rilevo che in quegli anni il mondo ha fatto passi da gigante e ha consolidato le basi di una tecnologia che oggi tutti conosciamo e utilizziamo.
Per questo auspico che l’apparente versione “trumpistica” di “Andiamo a comandare” vada a dissolversi e si trasformi nella convinzione che il percorso della tecnologia non possa essere fermato, ne’ fare inversione di marcia. “Facciamo il tifo perché abbia successo”, come ha detto Barack Obama nei confronti di Trump, confidando che non si tratti di un successo personale con vantaggi personali, ma di un successo a reale beneficio di coloro che è chiamato a rappresentare.
Sostiene Snowden
L’ingresso di Edward Snowden nella famiglia WikiLeaks, anticipato nei giorni scorsi da Julian Assange, viene ora formalizzato dallo stesso Snowden con una dichiarazione pubblicata sul sito dell’organizzazione.
Dichiarazione da Edward Snowden a Mosca
Lunedi 1 luglio 21:40 UTC
Una settimana fa ho lasciato Hong Kong dopo che è apparso chiaro che la mia libertà e la mia sicurezza sono state sotto minaccia per aver rivelato la verità. Il mio attuale stato di libertà è dovuto agli sforzi di amici vecchi e nuovi, della mia famiglia, e di altri che non ho mai incontrato e probabilmente mai incontrerò. Ho messo la mia vita nelle loro mani e hanno trasformato quella fiducia in fede nei miei confronti, di cui sarò sempre grato.
Giovedì, il presidente Obama ha dichiarato di fronte al mondo che lui non avrebbe permesso “intrallazzi” diplomatico per il mio caso. Eppure ora viene riferito che, dopo aver promesso di non farlo, il presidente ha ordinato al suo vice presidente di fare pressione sui leader delle nazioni a cui ho chiesto protezione, per negare le mie suppliche di asilo.
Questo tipo di inganno da un leader mondiale non è giustizia, e nemmeno la punizione extralegale dell’esilio. Questi sono vecchi, brutti strumenti di aggressione politica. Il loro scopo è quello di spaventare, non me, ma chi potrebbe venire dopo di me.
Per decenni gli Stati Uniti d’America sono stati uno dei più forti difensori del diritto umano di chiedere asilo. Purtroppo, questo diritto, proposto e votato dagli Stati Uniti nell’articolo 14 della Dichiarazione universale dei diritti umani, ora viene respinto dal governo in carica nel mio Paese. L’amministrazione Obama ora ha adottato la strategia di usare la cittadinanza come arma. Nonostante non sia stato dichiarato colpevole di nulla, mi ha revocato unilateralmente il passaporto, lasciandomi apolide. Senza alcun provvedimento giudiziario, l’amministrazione ora cerca di impedirmi l’esercizio di un diritto fondamentale. Un diritto che appartiene a tutti. Il diritto di chiedere asilo.
Alla fine, l’amministrazione Obama non ha paura degli informatori come me, Bradley Manning o Thomas Drake. Siamo apolidi, reclusi o impotenti. No, l’amministrazione Obama ha paura di voi. Ha paura di una popolazione consapevole e arrabbiata che pretende il governo costituzionale che gli è stato promesso – e che tale dovrebbe essere.
Sono indomito nelle mie convinzioni e impressionato dagli sforzi compiuti da molti.
Edward Joseph Snowden
Lunedi 1 luglio 2013
A questa dichiarazione, WikiLeaks ha dato seguito con un comunicato di aggiornamento sulle richieste di asilo formulate da Snowden ad alcune nazioni, tra cui Austria, Bolivia, Brasile, Cina, Cuba, Finlandia, Francia, Germania, India, Irlanda, Italia, Nicaragua, Norvegia, Olanda, Polonia, Russia, Spagna, Svizzera e Venezuela, che si aggiungono a quelle già rivolte ad Ecuador e Islanda.