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Non esiste una (nuova) tassa per i possessori di SIM

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Da qualche giorno vedo in circolazione una notizia travisata che spiega come nel DDL 109/2015 sarebbe stata approvata “la nuova tassa per tutti i possessori di SIM card”, una “tassa di  possesso pari a 3,50 euro per i privati e 7 euro per titolari di partita Iva (deducibile all’80%)”.

Per essere precisi, la Legge 109/2015 è la “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 maggio 2015, n. 65, recante disposizioni urgenti in materia di pensioni, di ammortizzatori sociali e di garanzie TFR”. Non c’entra con le SIM card, ne’ lei ne’ alcun altro provvedimento.

Invece di perdere tempo ed energie con queste bufale, sarebbe utile pensare all’eliminazione della tassa di concessione governativa per i contratti di telefonia mobile in abbonamento. Quella esiste realmente, e realmente non ha più senso.

 
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Pubblicato da su 13 ottobre 2015 in truffe&bufale

 

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Canone Speciale Rai, le aziende devono pagare? Una tabella da leggere

Molte aziende – di ogni ordine di dimensioni e di forma giuridica – stanno ricevendo in questi giorni dalla RAI una lettera che informa che le vigenti disposizioni normative impongono l’obbligo del pagamento di un canone speciale a chiunque detenga, fuori dall’ambito familiare, uno o più apparecchi atti o adattabili – quindi muniti di sintonizzatore – alla ricezione delle trasmissioni televisive, indipendentemente dall’uso al quale gli stessi vengono adibiti.

Le vigenti disposizioni normative sono l’art. 27 del RDL 246/1938, l’art. 2 D.L.lt. 458/1944 e l’art. 16 L.488/1999.

Dopo aver riposato gli occhi che avrete debitamente sgranato, constatando che la materia viene regolamentata (oltre che da una Legge del 1999) da una norma letteralmente dell’anteguerra e un’altra risalente comunque all’epoca della Seconda Guerra Mondiale, se avete la responsabilità amministrativa di un’azienda – grande o piccola non importa – vi starete chiedendo se questo canone sia da pagare oppure no.

In questo Canone, a mio avviso, ci sarebbero molti aspetti da approfondire. Quelli che hanno calamitato la mia attenzione, e su cui credo sia opportuno condividere le dovute riflessioni, sono due.

1. Chi deve pagare

La lettera parla di apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni TV, al netto dell’utilizzo che se ne fa, perché muniti di sintonizzatore. In questa categoria, oltre ai semplici decoder e ai televisori muniti di decoder integrato, rientrano – ahimé – anche i cosiddetti Monitor/TV, apparecchi monitor dotati di decoder, spesso commercializzati anche nei punti vendita di elettronica e nei supermercati; se un’azienda ha uno o più apparecchi di questo tipo, ovviamente ricadrebbe nell’ambito di applicazione di questo obbligo di pagamento del canone, se invece l’azienda dispone di monitor normali privi di sintonizzatore, l’obbligo non appare applicabile. Sul sito RAI è presente un prospetto – che riporto nel seguito – in cui è spiegato con chiarezza quali sono gli apparecchi per i quali è necessario pagare il canone, sono indicati nelle prime due colonne.

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2. Quanto e cosa si deve pagare

Argomento non nuovo, ma lo ripropongo a titolo di riflessione perché riguarda un concetto che può sfuggire a molti. Il canone Rai è un’imposta, la Rai non lo dichiara chiaramente, ma se lo fa sfuggire in una pagina del proprio sito web. Al netto della magra consolazione data dalla deducibilità dal reddito d’impresa (micro-privilegio non accessibile ai privati), questa è un’imposta anche se viene devoluta direttamente alla Rai senza passare dall’Erario. Quindi, per la sua natura di tributo, non è comprensibile che – come si legge chiaramente sul bollettino di c/c postale, in basso a sinistra – l’importo del canone Rai sia comprensivo di IVA che, seppur applicata con aliquota del 4%, è anch’essa un’imposta (quella sul valore aggiunto).

Sarebbe tempo di dare regolarizzazione a questa assurda applicazione di un’imposta applicata su un’altra imposta, e questo vale tanto per il canone Rai quanto per qualsiasi altro tributo elevato a potenza.

Ultimo aspetto, non banale: i bollettini di c/c postale – quelli che ho visto io, almeno – non indicano la scadenza, quindi non specificano un termine entro il quale sia necessario pagare. E questo rende ancora più difficile sanzionare qualcuno per non aver rispettato un termine che non esiste.

 
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Pubblicato da su 25 giugno 2014 in news

 

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