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Arriva GoodWill, il ransomware “etico” (forse)

I ransomware non sono tutti uguali: oltre a quelli che “rapiscono” i file presenti sui computer per poi “liberarli” solo dietro pagamento di un riscatto, ora scopriamo che ci sono anche quelli “etici”, che non chiedono denaro, ma… buone azioni. Come GoodWill, una nuova forma di minaccia informatica recentemente scoperta. Minacciosa solo all’apparenza? No, minacciosa come le altre.

La dinamica iniziale è quella tipica dei ransomware: quando il computer viene colpito, i file memorizzati vengono “blindati”. Per ottenere la chiave, però, non si deve cedere ad un’estorsione: più o meno come nel film Pay it forward (Un sogno per domani), l’utente si vede presentare l’invito ad eseguire tre buone azioni. Il motivo è nel messaggio che compare all’utente:

Il team di GoodWill non ha fame di denaro e ricchezza, ma di gentilezza. Vogliamo fare in modo che ogni persona sul pianeta sia gentile e vogliamo dare a tutti una forte lezione, per aiutare sempre i poveri e i bisognosi. Quindi, sarà necessario che tutte le nostre vittime siano gentili, per riavere i file (…)

E quindi quali sono le richieste? Donare abiti e coperte a chi vive e dorme per strada, donare una cena a cinque ragazzini bisognosi (di età inferiore ai 13 anni), e infine recarsi in un ospedale, andando dalle persone che si trovano in fila per una prestazione, e donare denaro a chi non si può permettere di pagarla. In ognuno di questi tre casi, la buona azione deve essere documentata con foto, video o registrazioni audio che possano testimoniarne l’esito, che dovranno poi essere pubblicate sui social network. Il link al post così pubblicato dovrà poi essere inviato agli autori di GoodWill che, accertata l’esecuzione delle buone azioni, permetteranno all’utente il download alla chiave utile a decifrare i file bloccati.

L’intento sembra originale e apparentemente non estorsivo, ma parliamoci chiaro: vedere i propri file bloccati da un ransomware, che chieda denaro o buone azioni, è comunque una rogna, evitabile con un buon backup periodico dei propri dati che oggi potrà mettere al riparo i vostri dati da ransomware sia tradizionali che “moralizzatori”, e domani vi proteggerà da altre minacce che potrebbero rivelarsi ben più inquietanti: a questa stregua, chi può escludere che un giorno un ransomware, per la liberazione dei file crittografati, chieda di eseguire cattive azioni?

 
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Pubblicato da su 26 Maggio 2022 in news

 

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Un “virus informatico” può essere un’arma letale

10 settembre – Düsseldorf (Germania): la rete informatica dell’ospedale universitario della città tedesca viene bloccata da un attacco informatico. Una paziente, bisognosa di cure immediate, viene così trasferita al più lontano ospedale di Wuppertal, ma le sue condizioni sono troppo gravi e muore proprio perché non è stato possibile curarla tempestivamente. Secondo quanto riportato dalla stampa tedesca, si tratterebbe del primo caso di morte conseguente ad un ransomware, un malware che attiva un blocco sui contenuti dei computer colpiti, che possono essere sbloccati in seguito al pagamento di un vero e proprio riscatto.

21 settembre – Milano, Belluno, Padova – la rete di alcune sedi di Luxottica subisce un attacco sferrato allo stesso scopo (criptare i dati aziendali). L’azione non ottiene l’effetto sperato da parte dei malintenzionati, ma causa disagi che spingono l’azienda a disattivare alcuni servizi online e sospendere l’attività di alcuni reparti produttivi. Nel giro di alcune ore un problema analogo viene segnalato dal gruppo Carraro: attività lavorativa bloccata, settecento dipendenti in cassa integrazione per alcuni giorni, fino al ripristino dei sistemi informatici dell’azienda.

Sono solo due esempi recenti di quanto pericolisi possano essere attacchi di questo tipo. Gli ultimi in ordine di tempo, ma del tutto simili ad altri che sono accaduti in precedenza, ai danni di molte altre aziende, più o meno note al grande pubblico. Molto spesso – da chi non ha mai subìto conseguenze di rilievo – il “virus informatico” viene ritenuto un problema di lieve entità, con conseguenze superabili, da risolvere con un backup effettuato senza troppa attenzione. La realtà è ben diversa e naturalmente i problemi sono maggiori se l’attività dell’organizzazione ha importanza critica, coinvolge molte persone e viene svolta con un’infrastruttura complessa.

Non è necessario spiegare la criticità dell’attività di un ospedale, che si impegna nel curare e salvare vite umane (e si attendono conferme sulla possibilità che in un ospedale americano siano deceduti quattro pazienti per motivi analoghi), ma non deve sfuggire che un’azienda manifatturiera o di servizi che non può accedere alle proprie informazioni, può essere messa improvvisamente in ginocchio con conseguenze paragonabili alle peggiori crisi di mercato. Gli imprenditori, che sanno cosa significa avere un’azienda ferma e sanno cosa comporta dover mandare a casa i propri dipendenti, comprenderanno sicuramente la necessità di dotarsi di misure di sicurezza adeguate, che non devono più essere considerate un costo, ma un investimento.

Ma anche chi gestisce un servizio di interesse collettivo può cogliere l’occasione di riflettere su quanto possa essere a rischio un’attività il cui funzionamento tutti danno per scontato: dagli acquedotti agli enti che distribuiscono la corrente elettrica, fino alla gestione della viabilità di una città (semafori inclusi), i servizi che possono andare il tilt e creare danno estremamente seri sono moltissimi.

Proporzionalmente, questa necessità riguarda tutti noi: anche il privato cittadino ha solo da perdere, se non mette al sicuro i propri dati. Quindi cominciamo a vedere la sicurezza dei dati come una necessità, non come qualcosa in più.

 
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Pubblicato da su 28 settembre 2020 in news

 

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Malware, Italia fra le più colpite in UE

L’Italia è seconda classificata in Europa – e trentesima nel mondo – nella classifica dei Paesi più colpiti dai malware su computer e dispositivi mobili, secondo Check Point Software Technologies. Fra i protagonisti spiccano sempre Conficker – che viene diffuso tipicamente da chi utilizza Facebook, Skype, Gmail e YahooMail – e Hummingbad, che prende di mira i dispositivi Android. Numericamente meno significativo, ma dagli effetti nefasti e per certi versi devastanti, rimane Cryptolocker nelle sue innumerevoli varianti.

Non stancatevi mai di fare un backup periodico dei vostri dati. Decidete voi quando e in che modo farlo (preferendo supporti esterni al dispositivo che contiene i dati): nessuno meglio di voi sa cosa significa perdere foto e documenti, personali e aziendali. A volte basta un backup settimanale, per alcuni è necessario giornaliero, per altri mensile: ognuno sa quanto lavoro c’è dietro a ogni file memorizzato (e che ci sono file ripetibili, ma anche irripetibili, come accade con le foto). Un backup in più non è mai di troppo.

 
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Pubblicato da su 29 giugno 2016 in news

 

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Meglio un backup in più (troppi ransomware in circolazione)

Nei giorni scorsi le società di sicurezza informatica hanno rilevato un impressionante aumento di infezioni nel traffico e-mail in circolazione. Secondo Eset, venerdì 11 marzo, il trojan Nemucod ha raggiunto il picco di infezioni del 42%. Si tratta di un malware (un “software malevolo” e malefico, aggiungo io) che si diffonde attraverso messaggi ingannevoli inviati con documenti fasulli (bollette, fatture o altri documenti ufficiali) che invitano ad aprire un allegato o a cliccare un link, che porta ad un programma (un file JavaScript). Una volta aperto, senza che l’utente se ne possa accorgere, il programma scarica e installa sul computer il malware che cripta i file office. I file diventano inaccessibili e, per ripristinarli, viene richiesto il pagamento di un riscatto per la decodifica.

Questo è un esempio di messaggio “infetto”:

FalsaBollettaOnline

Ci sono vari indizi che permettono di identificarlo come messaggio ingannevole:

  • MITTENTE FASULLO – non raramente, accanto ad un nome apparentemente affidabile e coerente con il tipo messaggio ricevuto, compare un indirizzo che non ha nulla a che vedere con chi dovrebbe aver spedito il messaggio
  • DESTINATARIO – c’è il vostro nome, che è ripetuto nell’oggetto e nel testo del messaggio. E’ stato ricavato dall’indirizzo mail, potrebbe non corrispondere all’intestatario della bolletta
  • CODICE FISCALE – è palesemente errato

Che fare? Non aprire gli allegati, non cliccate sui link. Eliminate il messaggio, anche dal cestino.

Misure di sicurezza preventive: dotarsi di software antispam e antivirus aggiornati con frequenza è sicuramente d’aiuto, ma spesso questi messaggi non vengono identificati, soprattutto se – anziché avere un allegato infetto – basano la propria azione su un link. Quindi, oltre a  prevenire e mantenere gli occhi aperti, ricordate di effettuare frequentemente il backup dei vostri dati, ovviamente su un supporto diverso. Questa è una misura di sicurezza fondamentale, non sottovalutatene l’importanza.

Chi cade in trappola si ritroverà a non poter più accedere ai propri file: se il computer è collegato ad una rete aziendale o domestica, il rischio è di compromettere anche il frutto del lavoro di altre persone. Generalmente, infatti, il malware cripta documenti, fogli elettronici, foto e altre immagini, presenti sull’hard disk del computer e su tutti i supporti di memorizzazione collegati (inclusi drive USB e di rete) mentre non tocca sistema operativo, programmi e applicazioni. Il suo obiettivo è quello di bloccare l’accesso ai file a cui tenete di più, su cui avete lavorato e investito tempo.

Considerazione non trascurabile: questo particolare tipo di malware si chiama ransomware, dal termine inglese ransom che significa riscatto e si lega al concetti di estorsione, che è un reato. Chi pone in essere la minaccia punta ad ottenere un pagamento di denaro (in bitcoin, con transazioni non tracciabili) per finanziare chissà quali attività. E’ comprensibile che, per la disperazione di perdere file realmente importanti, si possa cadere nella tentazione di pagare il riscatto, in seguito al quale ricevere la soluzione per liberare i file bloccati. Tuttavia è bene sapere che non sempre il risultato è garantito: non sono rari i casi in cui la chiave non è stata recapitata alle vittime, così come ad altri è accaduto di recuperare solo una parte dei file criptati. Quindi, in mancanza di un backup valido, se proprio ci si vede costretti a dover recuperare i file dalla cifratura, anziché foraggiare un criminale è consigliabile affidarsi ad esperti in grado di recuperare dati criptati da un ransomware.

 
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Pubblicato da su 17 marzo 2016 in Buono a sapersi, security

 

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CD rotto, giustizia è sfatta

CDrotto

Un CD-ROM può diventare inutilizzabile? Assolutamente sì. Nel nostro Paese, però, può accadere che un CD-ROM contenente gli atti di un’inchiesta giudiziaria diventi illeggibile e per questo motivo i giudici, dal momento che non è possibile consultarne il contenuto, annullino un’ordinanza di custodia cautelare e rimettano in libertà gli indagati (poi tornati agli arresti per la riemessione dell’ordinanza, visti i gravi indizi di colpevolezza).

“La tecnologia non sempre aiuta e certamente l’uso del vecchio sistema cartaceo elimina questo tipo di inconvenienti”, aveva commentato uno dei difensori con una frase che farebbe rodere il fegato a chiunque conosca i concetti di copia e di backup, che dovrebbero essere prassi consueta soprattutto per chi gestisce informazioni importanti, sensibili o critiche, ma essere anche riconosciuti per legge. In questo caso non so se esista una norma che esclude l’ammissibilità degli atti contenuti in una copia del CD (che renderebbe vana ogni opportuna cautela eventualmente adottata), ma comunque da questa notizia emerge ancora una volta il digital divide culturale che regna nel nostro Paese. Perché – contrariamente a quanto osservato dall’avvocato – un uso consapevole della tecnologia, in realtà, avrebbe aiutato!

 
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Pubblicato da su 4 aprile 2013 in News da Internet, security, tecnologia

 

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