Siamo in molti a raccomandarlo da anni e finalmente l’invito viene anche da Facebook che, insieme al Ministero della Giustizia, ha presentato la campagna “Pensa prima di condividere”, che si concretizza in una “guida per la sicurezza online e per un uso consapevole dei social media”.
L’idea di partenza – va detto – non è originalissima: si tratta di un adattamento del testo canadese Think Before You Share del 2013, opportunamente integrato da contenuti curati dal Dipartimento per la Giustizia Minorile del Ministero della Giustizia e dall’Ifos, per offrire a tutti gli utenti alcune conoscenze di base utili a curare con attenzione la propria identità virtuale, i propri dati personali e a prevenire fenomeni come il cyber-bullismo. Pensare all’utilità e alle conseguenze di ciò che viene condiviso online è fondamentale per salvaguardare innanzitutto noi stessi, oltre a rispettare gli altri.
Nell’ambito dell’attività formativa e preventiva di questa campagna, però, manca – a mio avviso – un aspetto che sarebbe stato altrettanto coerente con il titolo della guida: la disinformazione. Spesso i social network vengono utilizzati come veicolo di diffusione di notizie false (le vere e proprie bufale) o quantomeno tendenziose e faziose (le verità parziali) che, condivise spesso in modo acritico, vengono propagate in modo esponenziale a contatti, follower, amici, amici di amici e così via, raggiungendo agevolmente migliaia o milioni di persone.Così agendo, si contribuisce a generare almeno tre effetti:
- il perdurare dell’ignoranza e della supponenza, supportata dalla falsa convinzione di sapere verità che altri non sanno (con conseguente svalutazione della propria reputazione);
- si fomenta odio verso altre persone partendo da presupposti infondati;
- si contribuisce a far guadagnare gli autori della disinformazione (avete mai notato quanti banner e inserzioni pubblicitarie acchiappa-click sono presenti nei loro siti?).
Non sarebbe male ricordarlo, ogni tanto.