Sicuramente nessuno al mondo aveva la necessità di un’app per fotoritoccare un “selfie” in chiave kawaii, ma dal suo lancio sul mercato, Meitu ha colmato questo inesistente bisogno: abbinando funzioni di riconoscimento facciale all’applicazione di particolari filtri, permette di trasformare esteticamente il protagonista di un autoritratto da smartphone, spesso rendendolo simile ad un personaggio di fumetti e cartoni animati giapponesi.
Problemino di sicurezza/privacy: l’app non dovrebbe far altro che sfruttare la fotocamera del dispositivo ed eventualmente accedere al la galleria delle immagini presenti, quindi – a rigor di logica – perché un utente Android, prima di installarla, dovrebbe concedere l’autorizzazione all’accesso alla cronologia dell’app e del dispositivo, alla posizione, alle informazioni sulla connessione WiFi, all’ID dispositivo e ai dati sulle chiamate? E perché ad un utente iOS, in più, la raccolta dati attuata dall’app include informazioni sulla compagnia telefonica e sull’eventuale jailbreak?
Le informazioni raccolte vengono sicuramente trasmesse, almeno a scopo di profilazione pubblicitaria, se non con altre finalità.
Possiamo farne a meno