Non trovo nulla di sensato in questa storia raccontata dalla stampa (che richiamo nell’immagine qui riportata), in cui in seguito ad un incidente, una persona di passaggio vede una vittima e – come reazione immediata – si preoccupa solo di filmare la vicenda:
Non trovo nulla di sensato nemmeno nelle parole di questa dichiarazione raccolta dal Resto del Carlino:
«Ero sconvolto, sotto choc, volevo fare qualcosa per quel giovane a terra, mi hanno detto che non dovevo avvicinarmi, che stavano arrivando l’ambulanza e i carabinieri. Mi sono messo a filmarlo e a fare una diretta. Volevo condividere il mio dolore, mi sono sentito solo, nessuno che mi abbracciasse. Non cercavo lo scoop, giuro. Ora ho capito di aver sbagliato e chiedo scusa a tutti, alla famiglia soprattutto. Ma è anche colpa di questa società che vuole tutto in diretta e senza più valori. Ho chiamato in Vaticano per far dire una preghiera per Simone»
Non sono sconvolto dalle contraddizioni (“chi mi segue chiami aiuto” e “mi hanno detto che avevano già chiamato i soccorsi”), ne’ dalla “inversione di posizione” con la vittima (“mi sono sentito solo, nessuno che mi abbracciasse”), poiché comprendo che essere testimone di un incidente o delle sue immediate conseguenze possa generare un impatto sconvolgente: a colpirmi è il fatto che la prima reazione sia stata prendere lo smartphone e filmare l’accaduto in una diretta via Facebook.
In questa vicenda, la presunta necessità di condividere l’accadimento attraverso un social network ha sostituito gli istinti umani. Davanti a situazioni simili c’è chi corre a prestare aiuto, soccorso, protezione. C’è anche chi scappa, per istinto di sopravvivenza (propria), sentendosi incapace di sostenere una simile situazione. E c’è chi filma, perché c’è una società che vuole tutto in diretta. Il telefono va preso in mano per chiamare il 112, non per assecondare un’entità disumana a cui non interessiamo: questo nuovo istinto alla condivisione è frutto di una vera e propria intossicazione, un essere umano non può perdere di vista le priorità reali.
L’assurdità di questi istinti social ci viene confermata dall’esistenza di cartelli come questi, che sono lì a ricordarci – perché è diventato necessario che qualcuno ce lo ricordi – che il valore e i valori della vita non si riducono in un post.