Gli apparecchi in grado di ricevere segnali televisivi sono in aumento. Oltre al televisore, da qualche tempo a questa parte ci sono anche i PC e i TVfonini di recentissima introduzione.
Di fronte a queste innovazioni tecnologiche, come ci si pone nei confronti del canone RAI? Il dubbio se la legge italiana ne imponga il pagamento, fruendo o meno dei programmi televisivi trasmessi dalla TV di stato, è fugato da tempo: il canone è stato definito come un’imposta, e non come una tassa. Ciò significa che il suo pagamento è dovuto in base al presupposto che si detenga uno strumento idoneo a ricevere segnali televisivi, anche se viene mantenuto spento. Il fatto che non si usufruisca del servizio erogato dalla TV di Stato non c’entra.
Paolo De Andreis, direttore di Punto Informatico, ha intervistato in merito Vincenzo Busa, direttore centrale Normativa e Contenzioso dell’Agenzia delle Entrate, per fare chiarezza in un quadro di incertezze (chi ha un PC idoneo a ricevere segnali TV, o possiede un TVfonino, deve pagare il canone?).
Sagace come sempre il commento di Massimo Mantellini riguardo all’articolo:
“Paolo De Andreis e’ finito a capofitto dentro un’opera di Pirandello semplicemente chiedendo alla Agenzia delle Imposte se lo Stato pretenda un canone di abbonamento Rai per i TVfonini. Esilarante, peccato non ci sia l’audio da ascoltare in religioso silenzio mentre si citano i decreti regi del 1938”.
A me, leggendo una parte dell’intervista, è però venuta in mente una questione di attualità:
“… si fa presente che l’articolo 17 del Regio Decreto Legge 21 febbraio 1938, n. 246, al fine di consentire un monitoraggio sui potenziali contribuenti, prevede in prima battuta l’obbligo di tenuta di particolari registri di carico e scarico in capo ai riparatori, ai commercianti, ai rappresentanti ed agenti di vendita in genere di apparecchi e materiali radioelettrici, dai quali gli organi competenti, in sede di accertamento, possono desumere le generalità degli acquirenti dei medesimi apparecchi o comunque dei soggetti cui questi sono destinati”.
In pratica, venditori e riparatori di televisori (e per analogia, di PC, TVfonini e quant’altro…) sono tenuti a compilare un registo con i dati dei propri clienti, che gli organi competenti sono liberi di consultare. La questione è: ma il diritto alla privacy qui come viene applicato?
Massimo
31 luglio 2006 at 22:24
Privacy? Quale privacy? Aho’, so’ tasse! Anzi pardon, imposte!!!
Lo stato sa che macchina hai e quindi sa pure quanto devi pagare di bollo. Sa che lavoro fai e quanto devi pagare di imposte sul reddito.
Il comune sa che casa hai e quindi sa quanto devi pagare di ICI e di tassa sui rifiuti…
Lo stato deve sapere, a prescindere!!!