Immuni sarà pronta “per i primi di giugno”, parola del viceministro della Salute Pierpaolo Sileri, intervenuto durante la trasmissione 24Mattino in onda su Radio24, a proposito della app che, ha aggiunto Soleri, “è un tracing importantissimo e quando sarà attivo darà ulteriori informazioni su tracciamento e diffusione della malattia”. Non è tutto: a giugno sarà attiva – per una fase sperimentale – in tre regioni italiane: Liguria, Abruzzo, Puglia. Oltre a queste è prevista la partecipazione delle sedi Ferrari di Modena e Maranello, in cui è stato varato il progetto “Back on Track” (patrocinato dalla Regione Emilia Romagna) per il riavvio dell’attività produttiva in sicurezza.
Al netto di ogni critica sulle problematiche legate alla riservatezza dei dati personali degli utenti, nonché di tutte le criticità evidenziate dal Copasir, si può vedere con favore il fatto che sia stato adottato un approccio open, ma non si può fare a meno di constatare che un punto critico di questa app potrebbe essere proprio la sua efficacia: iniziare un test a giugno, dopo un’oggettiva fase di rallentamento, in contesti di contagio che escludono le zone maggiormente coinvolte, senza alcun obbligo di utilizzo (che non può essere introdotto), sono tutti fattori che abbassano le probabilità di successo.
Altro nodo da sciogliere: nel momento in cui la app dovrà agire con gli alert in seguito al rilievo di contatti con soggetti “positivi”, i vari sistemi sanitari (regionali) dovranno affrettarsi a correlare i tamponi effettuati (auspicabilmente numerosi) agli utenti da avvisare affinché si possa provvedere al loro opportuno isolamento, e alla conseguente attivazione di nuove analisi (nuovi tamponi) per chi a sua volta è entrato in contatto con i soggetti posti in isolamento. Per puntare alla maggiore efficacia si dovrebbe lavorare in modo che non esistano barriere tra le regioni, soprattutto perché – anche in una fase di ridotta mobilità – vanno considerati anche i contatti avvenuti tra persone di regioni diverse, scenario non infrequente, soprattutto se riguarda aree di confine. E’ necessario che le regioni, con le loro aziende sanitarie, siano pronte e sollecite a queste operazioni, altrimenti sarà tutto inutile. Già una sperimentazione mirata a sole tre aree – non in contatto tra loro – abbatte in partenza queste opportunità.
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