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Regali, cafoneria e incompetenza

27 Dic

Vorrei riallacciarmi al post “La coda corta dei regali di Natale” di Massimo Mantellini per aggiungere una considerazione. Prima però vorrei evidenziare una sua osservazione:

La cafoneria dei commessi dei negozi mi pare in costante aumento. Difficile meritarsi un sorriso, difficilissimo intercettare qualcuno per una informazione, quasi impossibile ascoltare un “Grazie” alla cassa. Chi viaggia un po’ sa che si tratta di una caratteristica solo italiana e che in tutti i paesi civili la gentilezza e’ un obbligo e non un optional. Da noi avviene il contrario.

Ca…spita, quanto è vero! Per carità, non vorrei fare di tutta l’erba un fascio e devo dire che a me capita spesso di incontrare anche persone molto gentili e disponibili, ma quelli che si distinguono per cafoneria sono proprio in aumento. E spesso capita di incontrarne alcuni (o alcune) che sembrano non voler affatto vendere: ti guardano con sufficienza, buttano lì qualche informazione di malavoglia, magari neanche si preoccupano di verificare se hanno a disposizione il modello o la taglia richiesta (per un indumento). Insomma, l’approccio è spesso controproducente. E il cliente scappa.

Ma oltre alla gentilezza, c’è un’altra caratteristica di cui si sente sempre di più la mancanza (anch’essa utile a trattenere il cliente): la competenza. Ora, io posso capire che il commesso di un negozio in cui si vendono beni di varia natura non possa sapere tutto, ma mi aspetterei almeno di non sentirlo dire fesserie, di cui io – come cliente – mi accorgo senza fatica.

L’ultimo esempio (fra i molti che potrei citare) l’ho avuto la scorsa settimana, in un punto vendita di una nota catena di distribuzione di elettrodomestici / elettronica / hi-fi / eccetera, per acquistare un forno a microonde. Sullo scaffale affollato ce ne sono due, apparentemente identici tranne che per il colore (uno bianco, l’altro grigio). La medesima sigla, impressa su entrambi i prodotti, conferma l’identicità; l’unica differenza è dunque solo il colore, che determina un prezzo di 10 euro inferiore per quello bianco.

Chiedo informazioni ad una commessa di passaggio che, con gentilezza, mi asseconda, si ferma a leggere superficialmente le indicazioni riportate dai cartellini appiccicati agli scaffali e quindi mi decanta quello grigio:

“sa, questo ha 1950 Watt, quello bianco è simile ma ha solo 850 Watt”. Le manopole di entrambi hanno il fondoscala che finisce a 850, del resto sono lo stesso modello. Mi soffermo un secondo a pensare cosa potrebbe accadere impostando una cottura a 1950 Watt, poi continuo ad ascoltare.

Apre i due sportelli: “questo poi (sempre quello grigio) ha l’interno ceramizzato, per essere pulito meglio, così non si graffia… quell’altro ha anche lui una protezione, ma diversa, vede? anche il colore è più chiaro”. In realtà quello che vedo è che sono proprio identici, quello bianco è su uno scaffale più alto ed è più illuminato, quello grigio è quasi per terra ed è quasi all’ombra, gode di meno luce e solo in apparenza il suo interno sembra più scuro.

“Questo grigio metallizzato costa dieci euro in più di quell’altro (quello bianco) perché… è… un lancio promozionale di fine anno, in realtà credo dovrebbe costare molto di più perché ha molte più cose”. La differenza di 10 euro, come vedo confrontando tutti gli altri prodotti esposti, in realtà caratterizza tutte le versioni “metallizzate” dei modelli disponibili anche in colori “pastello”. Un po’ come il sovrapprezzo (non si quanto giustificato) delle tinte della carrozzeria di un’auto.

La spiegazione prosegue e si conclude con informazioni abbastanza standard. Quella del lancio promozionale però è un’invenzione estemporanea molto evidente e la commessa sembra quasi compiacersi di aver dato questa spiegazione, che potrebbe essere motivante all’acquisto da parte del cliente. Il forno che mi interessa, però, oltre a possedere determinate caratteristiche deve entrare in una cucina bianca, per cui scarto quello grigio, con lieve disappunto della commessa, che poi compila la bolletta per il ritiro del magazzino.

Ecco, riassumerei in cortesia e competenza le qualità principali che dovrebbero caratterizzare coloro che si occupano di commercio e che vendono al pubblico. Alla commessa di cui ho raccontato non mancava il garbo (che ad un cliente meno attento sarebbe stato sufficiente), ma un po’ di preparazione, anche per correttezza. Per vendere un elettrodomestico qualche piccola nozioncina di base (saper leggere l’etichetta di un modello, oltre a quella che il punto vendita mette sullo scaffale) è necessaria. Mi è capitato molte volte di non acquistare un prodotto perché il venditore (titolare di negozio o commesso) non mi ha dato informazioni utili o è stato sgarbato. Non credo di essere molto esigente, in genere se dimostro interesse ad acquistare qualcosa, dall’altra parte mi aspetto che ci sia almeno altrettanto interesse a vendere.

Del resto, il mio interesse (e un po’ anche il mio portafoglio), sommato a quello di tutti gli altri clienti, è quello che fa campare il venditore. E la mancanza di cortesia e di competenza sono decisamente controproducenti.

P.S.: Il commento scritto qui sotto da AlphaKappa (che ringrazio) rende obbligatoria una puntualizzazione: ribadisco, non voglio generalizzare facendo di tutta l’erba un fascio e spezzo volentieri una lancia per i commessi precari, sottopagati e quindi anche demotivati, spesso sfruttati e spremuti da un certo tipo di esercenti. Come cliente, in effetti, io sono più infastidito dai venditori (commessi o titolari di negozio) spocchiosi del tipo tanto-se-non-compri-tu-ne-trovo-un-altro. E, naturalmente, da quelli che dicono una montagna di sciocchezze invece di dire meno cose, ma più utili. 

 
3 commenti

Pubblicato da su 27 dicembre 2007 in Mondo, news

 

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3 risposte a “Regali, cafoneria e incompetenza

  1. Alfredo

    27 dicembre 2007 at 12:34

    Per prima cosa buone Feste 🙂

    Comunque e’ vero, l’incompetenza e la superficialita’ regnano sovrane. Ecco l’episodio mio di qualche giorno fa per l’acquisto di un navigatore satellitare esposto con la confezione che in bella vista dice “Mappe Italia”.

    Il commesso “…allora, questo qui e’ molto versatile, ha la ventosa per essere collegato al parabrezza ma puo’ anche essere portato a piedi… no? ha presente no? lei scende dalla macchina e continua a dirigersi verso la meta”

    Io “ma versatile perche’? fa anche altro? non so, lettore mp3… legge le schede di memoria…”

    Il commesso “no, mica fanno cosi’ tante cose questi aggeggi, versatile perche’ ha le mappe di tutta Europa”

    Io “ma qui dice solo mappe Italia”

    Il commesso “ah, vabbe’, pero’ le puo’ scaricare da Internet”

    Io “ah ecco”.

     
  2. AlphaKappa

    27 dicembre 2007 at 12:46

    non dovreste prendervela con le commesse e i commessi.

    non escludo che fra loro ci sia una certa percentuale di cafoni o arroganti (alta o bassa, non so), ma, poverini, sono precari anche loro: fanno lavoro extra per le feste, turni spesso non concordati, in punti vendita spesso carenti di personale per le feste, con clienti spesso petulanti e insopportabili – perché siamo così quando acquistiamo qualcosa, fateci caso -, a perenne rischio di calcio in culo e licenziamento; e tutto per nemmeno mille euro al mese!

    in più, essendo dipendenti sfruttati e sottopagati, che interesse hanno a vendere qualcosina in più e leccare il cliente? sono così poco remunerati, così poco incentivati e motivati a fare bene, così precari che quasi li compatisco.
    e questo è valido per tutti i punti vendita di grandi catene commerciali (abbigliamento, telefonia, elettronica, etc.).

    fateci caso, i più giovani sono anche i più acidi. perché?
    mi è capito di ascoltare le lamentele di due ragazze dietro alla cassa di un negozio di abbigliamento in periodo pre-natalizio, effettivamente a volte hanno le proprie ragioni…

    io me la prenderei con chi li assume e fa loro certi tipi di contratto.

     
  3. Ferd

    27 dicembre 2007 at 14:06

    AlphaKappa,
    la tua riflessione e’ corretta, molto spesso si trovano infatti addetti alle vendite arruolati solo per determinati periodi e da cui non si puo’ certo pretendere l’esperienza di un commesso piu’ navigato.
    Direi che l’esempio di Bonacina e quello citato da Alfredo pero’, piu’ che sottolineare la cafoneria di cui parla Mantellini evidenziano la mancanza di competenza e la superficialita’ di certi inservienti comunque garbati e intraprendenti.
    Sono d’accordo nel pensare che anche questi potrebbero non aver ricevuto una formazione adeguata (pero’ qualcosa mi dice che sono stati ben indottrinati). E sono anche d’accordo nel dire che la colpa e’ tutta da ricondurre agli esercenti.

     
 
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