A mezzogiorno di oggi, 14 dicembre 2023, Threads ha aperto le porte agli utenti europei. Si era intuito dal countdown pubblicato nei giorni scorsi da Meta (l’azienda che controlla Facebook, Instagram, WhatsApp e molto altro) dopo il debutto dello scorso luglio.
Ma quindi cos’è Threads? Attenzione: contrariamente a quanto appariva inizialmente, non si tratta semplicemente della versione Meta di Twitter, anche se si presenta come una piattaforma di microblogging alternativa a X (cioè la ElonMusk-version di Twitter). Threads è una costola di Instagram che permette di pubblicare post fino a un massimo di 500 caratteri e video di lunghezza fino a cinque minuti, e l’integrazione con Instagram (scusate la ripetizione) è molto spinta.
L’iscrizione a questa nuova piattaforma prevede una procedura decisamente semplice, ma la premessa rimane essere utenti di Instagram. Pertanto, se scaricate l’app Threads per iPhone o Android è sufficiente inserire le credenziali Instagram per accedere. Da lì in poi, sarà possibile postare, seguire gli account di amici o altri utenti e, per ogni post, mettere un like, commentare, condividere, ripubblicare… come per altre piattaforme social.
Threads seppellirà X, cioè l’ex-Twitter? È ancora presto per dirlo. Per capirlo analizzeremo i risultati che raggiungerà a breve, nella consapevolezza del vantaggio dato dal nutrito bacino di utenza a cui può attingere, cioè gli utenti di Instagram.
Che provengano da pubblicità o esperimenti di qualche media, le immagini qui riprodotte hanno in comune una caratteristica fondamentale: sono tutte state generate con piattaforme di intelligenza artificiale, all’insaputa dei personaggi che vi compaiono. Nel caso delle pubblicità, lo scopo è addirittura truffaldino e si abbina al reato di furto di identità. Ma questo uso è sempre più diffuso e significa che, anche in questo caso, dobbiamo porre molta attenzione e diffidare delle apparenze.
Qui sopra vediamo – per richiamare solo alcuni nomi – Alberto Matano, Mara Venier, Chiara Ferragni, Elon Musk e Tom Hanks nelle foto tratte da video pubblicitari che sfruttano la loro immagine, ricreata e adattata artificialmente, senza consenso. Nel caso dei video che promuovono servizi di investimento, verosimilmente si tratta di prodotti finanziari non particolarmente sicuri o tutelati, ma il fatto che l’immagine di personaggi famosi sia stata utilizzata senza alcuno scrupolo induce a pensare a qualcosa di truffaldino. In un’altra foto troviamo insieme Jennifer Lawrence, Scarlett Johansson, Megan Fox ed Emma Watson. Nessuna pubblicità-truffa in questo caso, bensì una foto pubblicata dall’account social Celeb Nation a fine settembre che è diventata virale in pochissimo tempo, naturalmente per il carattere provocante dell’immagine, anch’essa creata ad arte (nella realtà la situazione in cui le quattro attrici sono state ritratte insieme non è mai avvenuta).
Scarlett Johansson è stata inoltre vittima a sua volta di un utilizzo indebito della sua immagine: la sua versione “artificiale” è apparsa nello spot della app Lisa AI: 90’s Yearbook & Avatar. L’attrice non ha perso tempo, ha sporto denuncia e lo spot è stato ritirato.
La tecnologia che permette la creazione di deepfake con tecniche di intelligenza artificiale si evolve rapidamente: se è vero che alcune immagini sono facilmente individuabili come false (come nei video sopra citati con protagonisti i falsi Elon Musk e Tom Hanks, il primo impersonato da qualcuno che ha evidentemente una corporatura diversa, il secondo con un’immagine molto somigliante ma imperfetta), è altrettanto vero che un occhio poco attento potrebbe essere tratto in inganno dai video pubblicitari che sono comparsi nelle ultime settimane, in cui le sembianze sono più credibili, anche se in alcuni casi l’animazione si rivela piuttosto “rigida”. In breve tempo, però, sarà possibile avere una qualità delle immagini e delle animazioni talmente alta da rendere molto più difficile, se non impossibile, distinguere il falso dal reale: già oggi è possibile ricreare una voce assolutamente credibile e presto sarà possibile accostarla ad un labiale più preciso di quello ottenibile oggi.
Molti di questi video vengono diffusi tramite pagine social, certamente già segnalate per farle chiudere perché – almeno in questo caso c’è la certezza – violano palesemente gli standard della community delle piattaforme che le pubblicano. È necessario che venga attivato al più presto un sistema che possa filtrare queste pubblicazioni, distinguendo i contenuti truffaldini da quelli leciti. Ma questa logica si scontra con quella di Facebook, Instagram, TikTok e di altri social “gratuiti” che in realtà si sostengono grazie ai profitti che provengono dalle pubblicità, lecite o truffaldine che siano. In attesa di provvedimenti di legge che stabiliscano un obbligo concreto a contrastare questi fenomeni, al momento l’unica vera difesa per noi utenti è rappresentata dalla nostra consapevolezza e dall’attenzione che dovremo mantenere durante le nostre attività online.
Ieri nella testa di Elon Musk si è improvvisamente riaccesa una lampadina: si è ricordato di non aver ancora cambiato nome e logo a Twitter, dopo aver dichiarato di volerlo ribaltare come un calzino già a ottobre 2022. Così alle 6.06 ha scritto: “Se stasera viene pubblicato un logo X abbastanza buono, domani lo renderemo attivo in tutto il mondo” e dopo 15 minuti esatti ha presentato la nuova identità di X con il logo realizzato da Sawyer Merritt, spazzando via l’uccellino blu senza nemmeno una lacrimuccia.
Se la risposta al quesito stilistico vi è sembrata troppo rapida, pensate al fatto che in quel quarto d’ora le meningi dell’autore si sono spremute sopra il font Special Aphabets 4 per capire quale fosse, tra 0058 e 0078, il codice giusto da scegliere.
Dopo nemmeno 24 ore Musk ha scritto: “Si opta per l’art déco minimalista in alto a destra. Probabilmente in seguito cambierà, sicuramente sarà raffinato”. Mentre attendiamo trepidanti le evoluzioni di questa X, il logo provvisorio – ritenuto forse già “abbastanza buono”, ma probabilmente non ancora eccellente – è stato piazzato un po’ ovunque e proiettato persino sulla facciata dell’edificio in cui c’è la sede di Twitt… ehm, di X Corp.
Il nome con la X ha origini relativamente remote: x.com era il nome dell’azienda di servizi bancari online fondata da Musk nel ’99 e che, dopo un paio d’anni, si è concentrata sui servizi (nonché sul nome) di Paypal. Ma Musk non ha mai abbandonato la sua ambizione e lo scorso novembre, in seguito all’acquisizione di Twitter, ha spiegato di volerla concretizzare nel social network con una super app, protagonista (anche) del mercato degli strumenti di pagamento alla stessa stregua del cinese WeChat. Vedremo in quanto tempo.
Nel frattempo nel 2019 ha riacquistato il diritto di utilizzare il nome a dominio x.com (molto prima di sapere per cosa l’avrebbe utilizzato). Decisamente una fissa, dal momento che con la stessa lettera ha condito il nome della sua azienda aerospaziale SpaceX e della sua startup che si occupa di intelligenza artificiale, xAI.
Quando Meta ha annunciato di essere sul punto di lanciare un clone di Twitter di nome Threads, il boss del social “originale” Elon Musk ha aperto online un confronto “tra maschi alfa” invitando Mark Zuckerberg a un combattimento “in gabbia”. Il loro botta-e-risposta che viaggia parallelo alla sfida business sè culminato con il tweet in cui Musk propone di misurarsi per vedere tra i due “chi lo ha più lungo”.
Questo apparente battibecco tra bimbiminkia non proseguirà con un “gnè-gnè-gne”: in realtà sembra realizzato ad arte per catturare attenzione e portare visibilità. Chi ci guadagna? Anche se avviato da Musk, in questo momento sicuramente ne beneficia Threads, che in meno di una settimana ha superato i 100 milioni di iscritti. Un traguardo condizionato da una serie di elementi che non permette ancora di capire che futuro avrà questo “nuovo social network”.
Ok Threads è nuovo, ma ricalca le stesse dinamiche di Twitter. I post possono arrivare a 500 caratteri (contro i 280 di Twitter per gli utenti che non usufruiscono al servizio premium Twitter Blue). Che senso ha proporre una piattaforma molto simile ad un’altra che esiste già da 17 anni?
Non vive di vita propria, è agganciato ad Instagram e quindi un account di Threads può esistere solamente se esiste già in Instagram (è lo stesso rapporto che c’è stato tra TikTok Now e TikTok), con il vantaggio di avere un’acquisizione di follower agevolata dal social “padre”, che offre un bacino di utenza di oltre 2 miliardi di utenti. Quanti di questi sentiranno il bisogno di un Twitter by Meta?
I contenuti vengono mostrati non in ordine cronologico: in base a un algoritmo, Threads mostra i post degli utenti seguiti, ma anche quelli di utenti che lui ritiene interessanti. Quindi una delle chiavi del suo possibile successo sarà proprio la capacità dell’algoritmo di intercettare la curiosità degli utenti.
Cosa portate con voi quando prendete possesso di un nuovo ufficio? Una foto da mettere sulla scrivania, un quadro da appendere alla parete, un fermacarte, un antistress oppure una lampada? Banali! Per segnare il territorio prendete esempio da Elon Musk che, facendo il suo ingresso nella sede di Twitter, è entrato portandosi un lavabo. Ma non ci sarà da attendere molto per capire il significato di questo gesto.
Ovviamente la notizia è che Musk ha messo le mani su Twitter, realizzando un obiettivo annunciato ad aprile, solo apparentemente accantonato poco tempo dopo e tornato alla ribalta ad inizio ottobre, confermato nelle scorse ore da rumors decisamente consistenti che hanno rivelato un piano di acquisizione da concretizzare entro oggi, venerdì 28 ottobre. Ma anche dallo status Chief Twit ostentato sul suo profilo e dal tweet in cui ha scritto “Let’s that sink in” pubblicando il video del suo ingresso nella sede dell’azienda.
Le novità di sostanza su come sarà Twitter e – forse – sul futuro dei social network non si vedranno oggi, giorno in sarà essere formalizzato l’accordo per l’acquisizione, ma da qui al 2023. Certamente i primi stravolgimenti saranno interni.
Il primo passo verso X, la everything appdi cui Musk ha già parlato, è stato in ogni caso decisamente originale.
Il secondo passo è una lettera aperta pubblicata sui social per rassicurare gli inserzionisti, a cui promette che con lui Twitter sarà un luogo sicuro, ma anche la piattaforma pubblicitaria più rispettata al mondo. Dichiarazioni indispensabili per mantenere alto l’interesse degli investitori verso una realtà per cui si intravedono grossi cambiamenti all’orizzonte.
Il terzo passo sono i primi licenziamenti, a quanto pare già avvenuti, stando ai media d’oltreoceano. I silurati sono quattro top manager: il CEO Parag Agrawal, il CFO Ned Segal, il responsabile degli affari legali Vijaya Gadde e il general counsel Sean Edgett. La pulizia di Musk parte dai vertici e il suo tweet immediatamente successivo recita “L’uccellino è liberato”.
Si inizia ad intuire il motivo per cui Elon Musk è interessato a Twitter: come detto in aprile, quando aveva manifestato l’intenzione di rilevare la piattaforma di social blogging – intenzione poi ritirata e ri-manifestata la scorsa settimana – Musk vuole conquistare il mondo social e l’acquisto di Twitter sarebbe “l’acceleratore per la creazione di X“.
Se avete presente WeChat, Weibo, Grab e Alipav, avete una vaga idea di ciò che potrebbe essere X che, nelle intenzioni di chi la sta pensando, dovrebbe essere una everything app, una piattaforma multifunzione per fare letteralmente un po’ di tutto, dalle comunicazioni ai pagamenti digitali, passando per il noleggio di veicoli e le ordinazioni di cibo da asporto. Magari aggiungendo una condivisione di contenuti TikTok-style.
Tutte funzioni decisamente estranee al Twitter di oggi, in cui Musk potrebbe però aver individuato quelle fondamenta che potrebbero abbreviare (di tre o cinque anni, azzarda) lo sviluppo della sua futura super-app.
Nuovi colori, nuovi font (caratteri tipografici), nuovo logo, nuove caratteristiche nel layout: Instagram ha preannunciato novità imminenti che giungeranno con un visual refresh. Oh, sia chiaro: non sono parole mie, sono nel comunicato ufficiale.
La concorrenza incalza e i tempi sono maturi per offrire al mercato un prodotto rinnovato. E allora ecco una ventata di rinnovamento: per il logo verrà introdotto un nuovo gradiente che lo modernizzerà; è inoltre in arrivo un nuovo font, che si chiamerà Instagram Sans, decorativo e ispirato al design riconducibile al brand del social network, ma soprattutto pensato per essere più leggibile e universalmente comprensibile anche con lingue che non utilizzano il nostro alfabeto, come arabo, cinese, giapponese, thailandese o le lingue basate sull’alfabeto cirillico. Secondo me inizialmente lo useranno tutti, come ogni novità cool, poi si assesterà su utilizzi più limitati (da parte di coloro a cui piace).
Per quanto riguarda il layout: le foto saranno visualizzate con un altro stile, anche a tutto schermo in formato 9:16 (la declinazione verticale del 16:9) con icone e didascalie in sovraimpressione sulle immagini.
Io non sono certo un utente che apprezzerà festeggiando questo cambiamento: se ricordate, Instagram era nato con tutta una serie di caratteristiche che lo rendevano una sorta di Polaroid in cloud che ne rappresentavano il fascino, ma da quando fa parte del mondo Meta gli è stato imposto di adeguarsi alle logiche di un mercato guidato da altri (TikTok in primis), e non di imporle e cavalcarle. L’unica novità che potrebbe fare tendenza, almeno inizialmente, è il nuovo font.
Ai miei occhi questo visual refresh sembra tanto un face-lifting che aggiunge qualcosa di estetico alla versione attuale, ma in concretezza non vedo novità irrinunciabili… Forse è davvero ora che Elon Muskfaccia qualcosa di concreto con Twitter, anche solo per sparigliare un po’ le carte nel mondo dei social network.
L’interesse di Elon Musk per Twitter è il preludio per una “rivoluzione” nel mondo dei social network? Per provare a capirlo è necessario inquadrare i protagonisti di questa storia.
Twitter non è un social network come Facebook o Instagram: l’utente ha a disposizione una piattaforma meno versatile, deve rispettare un limite di 280 caratteri (il doppio di quei 140 caratteri consentiti inizialmente, che rendevano i tweet simili agli SMS), è limitato anche nelle reazioni e la sua parabola è ritenuta in declino. Ma ha circa 200 milioni di utenti giornalieri e 436 milioni di utenti attivi totali. Per questo motivo molto spesso è utilizzato da personaggi pubblici di ogni settore e dalle istituzioni, inoltre viene citato in occasione di notizie di importanza globale e anticipazioni da buona parte delle testate giornalistiche in tutto il mondo, non dimenticando che molte aziende hi-tech (Microsoft, Google, Apple e Meta, solo per citarne alcune di rilevanza mondiale) hanno account ufficiali su Twitter che sono veri e propri canali di comunicazione per trasmettere informazioni e addirittura aggiornare i propri utenti aggiornamenti su eventuali disservizi (se ad esempio c’è un down di Microsoft 365 o di Facebook, gli aggiornamenti della situazione vengono diffusi mediante Twitter).
Elon Musk ha al suo attivo iniziative imprenditoriali da cui sono nate aziende di successo (sviluppate e rivendute, utilizzando i proventi di queste cessioni per finanziare i progetti successivi): gli esempi più noti si chiamano Zip2 (che forniva ai giornali software per guide cittadine online), PayPal (strumento per trasferire denaro – e quindi effettuare pagamenti – online), SpaceX (una vera e propria azienda aerospaziale) e Starlink (un sistema satellitare di connettività a banda larga). Non è invece una sua creazione diretta Tesla (che produce auto elettriche e pannelli fotovoltaici), ma è entrato a farne parte poco dopo la fondazione della società, affiancandone i fondatori in veste di principale finanziatore, entrando poi nel consiglio di amministrazione e diventandone in breve tempo il numero uno che ha portato l’azienda ad essere la realtà che tutti conosciamo.
Potrebbe ripetere questa dinamica puntando su Twitter? Le sue mire in questa direzione sono diventate di dominio pubblico da qualche giorno, subito dopo l’utilizzo di questa piattaforma durante il conflitto tra Ucraina e Russia da parte dei vertici politici di Kiev come canale di informazione nei confronti della popolazione, ma anche per gli scambi intercorsi tra il governo e lo stesso Musk, che a fine febbraio ha spedito in Ucraina alcuni carichi di terminali Starlink per garantire connettività Internet via satellite laddove le armi russe hanno compromesso la rete del Paese.
All’inizio di aprile è stato reso noto che la sua quota societaria in Twitter aveva raggiunto il 9,1%, solo alcuni giorni dopo ha dichiarato che non sarebbe entrato nel consiglio di amministrazione della società. Un dietrofront? Tutt’altro, era l’anticipazione del rilancio: mercoledì scorso ha lanciato un’offerta per un valore di 43 miliardi di dollari, per assumere il controllo totale delle quote azionarie e, quindi, dell’azienda. E lo ha reso noto con un annuncio su Twitter, l’unico social network su cui è attivo e in cui conta circa 82 milioni di follower. In caso di rifiuto dell’offerta, Elon Musk ha dichiarato che sarebbe indotto a “riconsiderare la mia posizione come azionista”. La reazione di Twitter si può riassumere con tre parole: vi faremo sapere.
L’obiettivo dichiarato è assumerne il controllo per trasformarlo nella piattaforma della libertà di espressione: “Credo che la libertà di parola sia un imperativo per il funzionamento della democrazia”. Per questa trasformazione Musk punta a svincolare l’azienda dai mercati azionari per poterla gestire accentrandone il controllo sulla propria persona.
Libertà di parola e democrazia per gli utenti da una parte, controllo assoluto da parte di una sola persona dall’altra. Come si concilieranno? Sul mercato l’obiettivo dei social network è quello di contrapporsi alla leadership di Meta (Facebook, Instagram e WhatsApp). Sorprese in arrivo nell’uovo di Pasqua 2022?
Clubhouse ha qualche problema di privacy. Nel nuovo audio social network, su cui già esistevano perplessità in materia di riservatezza, a un utente è stato infatti possibile condividere gli audio di una “stanza” e ritrasmetterli esternamente in streaming tramite un sito web. Il leak è stato confermato dalla Alpha Exploration (l’azienda che ha realizzato la piattaforma), ed è stato reso noto solo pochi giorni dopo la scoperta, da parte dello Stanford Internet Observatory (SIO), di una vera e propria falla nella sicurezza del sistema, foriera di intrusioni non autorizzate e trasmissioni di dati.
Secondo quanto rilevato, la piattaforma si basa su tecnologie sviluppate della società cinese Agora, che secondo i ricercatori del SIO potrebbe accedere agli audio degli utenti e fornirne i contenuti al governo cinese. A quanto pare, però, esiste una vulnerabilità che è stata sfruttata, appunto, da un utente che ha scoperto come condividere le conversazioni, rendendole accessibili anche a utenti non iscritti, semplicemente sfruttando un sito esterno, chiamato OpenClubhouse.
Secondo quanto riferito da Bloomberg, Clubhouse ci ha messo una pezza bannando l’utente e dichiarando di aver apportato opportune contromisure, azione che presso il SIO non viene ritenuta credibile. Un problema non da poco e indubbiamente da risolvere in modo concreto, considerando la crescita esponenziale registrata in queste ultime settimane, in cui il social ha raggiunto quota 8 milioni di download, grazie anche all’ingresso di numerosi personaggi come Elon Musk, Kanye West e Mark Zuckerberg, che hanno indubbiamente contribuito ad accrescerne la popolarità.
Ma senza un deciso cambio di rotta sul fronte della sicurezza, tanta popolarità dopo l’entusiasmo per l’app del momento potrebbe tradursi in un problema di cattiva reputazione, per risolvere il quale una pezza non può essere sufficiente.
Quando una piattaforma tecnologica sembra funzionare, Mark Zuckerberg inizia a puntare i piedi e a volerla acquistare per inglobarla nella famiglia Facebook. Era accaduto con Instagram, si è ripetuto con WhatsApp e con Oculus. Ora – stando a quanto riferisce il New York Times – sarebbe il turno di Clubhouse, il social network “solo audio”, che sta acquistando popolarità mondiale grazie all’ingresso – registrato nei giorni scorsi – di vari nomi illustri (tra cui Elon Musk, ma anche personaggi come Drake, Tiffany Haddish e Jared Leto), che hanno contribuito a solleticare l’interesse di molti investitori. Clubhouse sarebbe però nel mirino anche di Twitter: entrambi i gruppi, infatti, avrebbero in cantiere soluzioni concorrenti (quella a cui sta lavorando Twitter si chiamerebbe Spaces).
Che l’evoluzione dei social network vada in questa direzione? Possibilissimo. Nel frattempo, però, l’impegno al rispetto degli utenti e delle loro informazioni personali deve essere mantenuto e il fatto che il “pioniere” Clubhouse, nelle proprie condizioni d’uso, non abbia previsto nessuna conformità alle regole previste dal GDPR lascia aperti ancora molti dubbi, insieme a quelli dei possibili utilizzi dei contenuti delle conversazioni. Ma è ormai certo che presto ne sentiremo parlare nuovamente.
Anziché fermarsi al lato social, i big potrebbero però guardare oltre e in altre direzioni, ad esempio verso una declinazione più social di soluzioni come Robinhood, la piattaforma di trading senza intermediazione, destinata ai piccoli investitori interessati alle criptovalute o a pacchetti di titoli quotati a Wall Street, gratuita per chi sceglie di sorbirsi inserzioni pubblicitarie, a pagamento per chi preferisce abbonarsi. Ma in entrambe le versioni rischiosa, per chi si avventura da solo in operazioni finanziarie senza alcun supporto. Questa è una boutade provocatoria ovviamente, ma non è detto che il futuro di questo settore non contempli questa possibilità.
Cosa hanno in comune Barack Obama, Joe Biden, Bill Gates, Jeff Bezos, Elon Musk, Michael Bloomberg, Kanye West, Kim Karsashian? Dagli account Twitter di questi personaggi – insieme a quelli aziendali di Apple e Uber e moltissimi altri (tra Bitcoin, Coinbase o Binance) – ieri sono apparsi messaggi fasulli e truffaldini, che invitavano i follower a effettuare un pagamenti in Bitcoin con la promessa di vedersi riaccreditare un ammontare raddoppiato. Un’operazione attuata verosimilmente da hacker, che secondo Twitter hanno colpito prima l’account di uno o più dipendenti con credenziali di administrator e quindi con ampie possibilità di accesso a sistemi e strumenti utilizzati internamente per il controllo degli account (dettagli tecnici in un articolo di Joseph Cox su Vice).
Di questo hacking, tecnicamente, si occuperanno Twitter e chi è stato incaricato di indagare (ieri intanto tutti i “profili verificati” sono rimasti bloccati in attesa della messa in sicurezza dei sistemi). Certo, i messaggi truffaldini sono decisamente poco credibili, ma nei grandi numeri di Internet qualche boccalone può sempre cadere in trappola. Io però resto ancora senza risposta alla domanda iniziale: cos’hanno in comune, o meglio perché sono stati scelti, i profili Twitter di quei personaggi e quelle aziende per veicolare quei messaggi?
Oltre all’evidente visibilità data dalla loro popolarità nei campi della politica, del business e dello spettacolo, questi profili potrebbero avere in comune un certo obiettivo politico, non dimentichiamo l’imminenza delle elezioni presidenziali USA. Ma ancora più a monte, non deve sfuggire che questa operazione è stata un “dirottamento” di comunicazioni messo a segno ai danni di personaggi e aziende che, come detto sopra, hanno un’enorme visibilità. E se è stato possibile farlo con loro, chi può escludere che ciò possa avvenire anche per profili istituzionali o governativi, con conseguenze dall’impatto ancor più vasto e pericoloso?
Alla base di tutto, il problema è di Twitter e della dubbia efficacia dei sistemi di sicurezza a tutela degli account, comunque preoccupante, vista la portata delle conseguenze che possono avere queste criticità.